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Le due tavole-diploma del soldato pretoriano romano trovate in un campo. Mostra a Grosseto. Pensione, privilegi, moglie e figli


Il diploma militare di Valerio Clemente si occupava anche, come avveniva per i militari in fase di congedo della futura vita familiare del soldato, consentendo il matrimonio in regime di monogamia e la cittadinanza ai figli avuti durante il servizio militare. Nell’immagine a destra vediamo un bellissimo medagliane del IV secolo, epoca nella quale visse il pretoriano, che rappresenta una donna e i suoi due figli. Il medaglione fa parte della Croce di desiderio, conservata nel Museo di Santa Giulia a Brescia

 

Il Museo Archeologico e d’Arte della Maremma di Grosseto, in Toscana, aprirà le porte, dal 20 dicembre 2023, a una straordinaria mostra dedicata a un tesoro archeologico unico nel suo genere: un diploma militare romano appartenente a Valerio Clemente, membro della Guardia Pretoriana, risalente al IV secolo. Il diploma militare, inciso nel bronzo perenne, era non solo un attestato di congedo e di buona condotta – con la concessione di privilegi – ma una sorta di “infeudatura” degli ex militari romani, che venivano chiamati, pur in pensione, a tener sotto controllo i luoghi in cui si stabilivano.

Il prezioso reperto relativo a Valerio Clemente fu scoperto nel 1958 nei dintorni di Poggio Rotigli, in localita Granaione di Campagnatico, in provincia di Grosseto, durante lavori di aratura. Nonostante l'”incontro” con macchinari pesanti, le due tavolette di bronzo furono recuperate in condizioni eccellenti, con tutti e quattro i lati completamente leggibili. Questo ritrovamento epigrafico è di particolare rilevanza poiché rappresenta l’unica testimonianza nota di un diploma militare romano del IV secolo.

In foto: diploma militare di Valerius Clemens, foto di Paolo Nannini (OPAXIR).

Il testo inizia così: “Il settimo giorno prima delle Idi di gennaio, durante il sesto consolato degli augusti Costanzo e Massimiano. La nona coorte pretoria degli Augusti e dei Cesari. Valerio Clemente, di nazionalità italica.”

Il documento, appartenente a Valerio Clemente, cittadino italiano congedato dalla Nona Coorte Pretoriana il 7 gennaio 306 d.C., è il più recente diploma militare romano conosciuto, datato all’inizio del IV secolo. Al termine dei 25 anni di servizio, tali diplomi attestavano il congedo legale dai ranghi dell’esercito e garantivano una serie di diritti, tra cui la cittadinanza romana, il diritto al matrimonio, la legittimazione dei figli nati prima del matrimonio e la cittadinanza conferita anche a essi.

In foto: diploma militare di Valerius Clemens, foto di Paolo Nannini (OPAXIR)

Il testo, infatti, dopo le informazioni relative al servizio prosegue dicendo che a Valerio Clemente, dopo la sua militanza nella nona coorte pretoria, è concesso lo ius connubii, cioè il diritto di sposare una ed una sola donna (la prima), e la cittadinanza romana per i propri figli anche se nati da una consorte priva della cittadinanza romana stessa (peregrini iuris).
La titolatura imperiale e le altre indicazioni cronologiche riportate consentono di datare il diploma al 7 gennaio 306 d.C.: si tratta, come dicevamo, del documento più recente del suo genere ad oggi conosciuto.

 

Il diploma si compone di due tavolette rettangolari, una più grande e spessa dell’altra, unite da due fori centrali. Originariamente collegate da una corda attraverso i fori, erano sigillate con un materiale di piombo o stagno per garantire la privacy delle iscrizioni interne e prevenire frodi.

La lunga iscrizione contiene i nomi e i titoli degli imperatori Flavio Valerio Costanzo (Costantio Cloro) e Galerio Valerio Massimiano (Galerio), insieme ai loro predecessori Diocleziano e Massimiano, nonché ai Cesari Flavio Severo e Massimino Daza. Questa ricca fonte di informazioni offre uno sguardo dettagliato sulla storia dell’epoca.

La Guardia Pretoriana, nota anche come cohortes praetoriae, rappresentava un reparto militare dell’Impero romano, incaricato principalmente della sicurezza personale dell’imperatore. A differenza delle più generiche “coorti pretoriane,” che potevano riferirsi a piccole unità di scorta per varie autorità, la Guardia Pretoriana svolgeva un ruolo cruciale nelle vicende imperiali, contribuendo spesso a determinarne le sorti.

Operativa sin dai primi anni del principato di Augusto, la Guardia Pretoriana aveva una gamma di responsabilità estremamente ampia. Oltre alla sorveglianza dell’imperatore come guardia del corpo, il suo ruolo si estendeva ai servizi segreti, compiti amministrativi, attività di polizia e persino all’assistenza dei vigiles nella gestione degli incendi.

Le coorti dei Pretoriani, numerate da I a IX e composte da 500 soldati ciascuna, erano sottoposte al comando del Prefetto del Pretorio, un membro del ceto equestre noto come Praefectus Praetorio, assistito dal Principe dei Castra, Pinceps Castrorum. Valerio Clemente faceva parte della Nona Coorte. L’imperatore Augusto stabilì una paga fissa per loro di 750 denari all’anno, con un premio di congedo di 5000 denari.

È interessante notare che fino al periodo di Domiziano, la paga dei legionari si manteneva a 225 denari annui, un valore aumentato da Giulio Cesare, che aveva raddoppiato la loro retribuzione. Oltre allo stipendio, i Pretoriani ricevevano premi da vari imperatori nel I e nel II secolo, una pratica che si diffuse nel III secolo come forma di assicurazione della loro fedeltà. La carica diventò così, già durante l’età Giulio-Claudia, il culmine della carriera equestre, posta in stretto contatto con l’imperatore.

Verso la fine del I secolo, grazie a Claudio e Domiziano, la paga raggiunse i 1000 denari, aumentando ulteriormente nel III secolo sotto Settimio Severo, che la portò a 1500 denari, e sotto Caracalla, che la innalzò a 2500 denari. Questo sviluppo salariale testimonia l’importanza e l’influenza crescenti della Guardia Pretoriana nel corso dei secoli.

La mostra, che rimarrà aperta fino al 21 gennaio 2024, offre un’esperienza coinvolgente ai visitatori. Grazie alla tecnica del videomapping, i passaggi significativi del testo saranno proiettati sulle pareti della sala immersiva, accompagnati da un narratore che racconterà la storia e la vita del pretoriano Valerio Clemente.

Nella sala multimediale, i visitatori avranno l’opportunità di ascoltare una videointervista con la testimonianza diretta di chi, nel lontano 1958, fece il ritrovamento di questo prezioso documento, rendendo così la mostra non solo un’occasione di studio e ammirazione, ma anche una testimonianza tangibile del connubio tra passato e presente. Alla chiusura dell’esposizione, il diploma entrerà stabilmente nella collezione del Museo Archeologico e d’Arte della Maremma, arricchendo il patrimonio storico-culturale della regione.