“In aree sacre e in necropoli, specialmente, ma non solo, del Volsiniese, ciottoloni, almeno in parte lavorati e levigati, si distinguono nettamente dai comuni cippi sepolcrali per essere di durissima pietra effusiva di color nero, bigio o bluastro (basalto, lidite, trachite), oppure di color verde cupo (serpentina, diorite) – dicono gli studiosi del Museo archeologico nazionale dell’Umbria – Sono di forma ovoidale, di grande o più piccolo formato, a Orvieto collocati su basette in nenfro o arenaria fornite di un apposito alloggiamento e riccamente scorniciate a mo’ di piccoli altari”.
“I più grandi – proseguono gli studiosi del museo – possono avere raffigurato a bassorilievo un fulmine a forma di asticella dalle estremità cuspidate come quelle di una freccia, allusivo della temuta capacità fulguratoria del dio a cui sono dedicati. Il colore scuro appare evidentemente in connessione con l’Oltretomba e secondo Giovanni Colonna (L’Apollo di Pyrgi, SUR/SURI (il “nero”) e l’Apollo Sourios, in Studi Etruschi 73, 2009, pp. 101-134) i cippi possono essere considerati simulacri del dio Sur/Suri (termine che potrebbe significare il Nero o del Nero) o, se rinvenuti in tombe (dove però non è documentata la raffigurazione del fulmine), ‘sostituti’ dell’immagine del defunto…”
Queste opere di straordinario interesse antropologico ed estetico sono esposte al MANU – acronimo del Museo archeologico nazionale dell’Umbria, in Piazza Giordano Bruno, a Perugia – alla mostra “Tutte le Virtù degli Amuleti”, a cura di M.A. Turchetti, S. Persello, C. Noel, fino al 29 maggio 2022. Le opere al nero sono i cippi (con fulmine e aniconico) provenienti da Orvieto, forse appunto dedicati al dio Sur/Suri, la versione infera di Apollo documentata anche nel Perugino (lapide da Bettona), la cui immagine, con un fulmine tra i denti, se si accetta ancora l’ipotesi di G. Colonna, è conservata in un’antefissa a Villa Giulia”.
Soranus, conosciuto come Sur o Śur (“il Nero”?) oppure come Suri o Śuri in lingua etrusca, fu un’antica divinità italica, venerata da varie popolazioni dell’Italia centrale (Sabini, Latini, Falisci ed Etruschi) e presente anche nella religione romana. Il centro del suo culto era il Monte Soratte, monte sacro a nord di Roma che sorge dalla campagna.
I sacerdoti che si dedicavano al culto questa divinità venivano chiamati i Lupi di Soranusu – Hirpi Soranus -, si immaginavano totemicamente discendenti dell’animale carnivoro, svolgevano pratiche sciamaniche, tra le quali il cammino a piedi nudi sui carboni ardenti, mentre reggevano interiora di capre sacrificate. Probabilmente risale a questa radice anche la festa romana dei Lupercalia, che veniva celebrata nei giorni nefasti di febbraio (dal 13 al 15 febbraio), in onore del dio Fauno nella sua accezione di Luperco (in latino Lupercus), cioè protettore del bestiame ovino e caprino dall’attacco dei lupi.