Nulla di più terribile è disturbare il sonno eterno. Almeno lo era, a quell’epoca. Sarebbe equivalso a evocare i tormenti dell’inferno. A quei tempi poteva bastare, per cercare di proteggere una proprietà dall’usucapione da parte di abusivi, una bella maledizione scritta. La gente sapeva leggere ben più di quanto possiamo immaginare oggi.
La visione del contenuto dell’iscrizione, non distinguibile facilmente ad occhio nudo, è stata portato perfettamente alle luce nei pressi di una colonna della basilica di San Gavino a Porto Torres, in Sardegna, grazie all’utilizzo del laser scanner. La scritta, in rosso, è realizzata in latino medievale paleografico, che può essere reso nei seguenti termini: “Nell’anno del Signore 1211, il giorno 14 dalle calende (il mese non è indicato), quel personaggio e nessun altro in questa tomba riposi in pace”. Un monito risoluto contro chi avesse intenzione di violare la sepoltura. “Una sorta di maledizione – spiega l’epigrafista Giuseppe Piras – ovvero se tu toglierai le mie ossa e metterai le tue non riposerai in pace”.
L’epigrafe duecentesca è stata evidenziata duante le operazioni del progetto in corso, denominato “Rilievo Scanner Laser 3D della basilica di San Gavino” avviato alcuni mesi fa su iniziativa del “Centro studi basilica di San Gavino” che da 25 anni sviluppa iniziative in ambito culturale, presieduto dall’epigrafista Giuseppe Piras.
In queste settimane nella basilica sono giunti anche gli studiosi francesi coordinati da Sébastien Clerbois, direttore del CReA-Patrimoine (Centre de Recherches en Archéologie et Patrimoine), che hanno compiuto analisi strumentali volte a stabilire se tra i materiali architettonici impiegati in San Gavino e nell’area archeologica di Turris Libisonis ci possa essere materiale proveniente da cave della Corsica.