di Roberto Manescalchi
Che il foglio 133v del Codice Atlantico (una raccolta di circa 1.300 carte Vinciane oggi a Brera) sia stato una delle carte di Leonardo nessun dubbio che reca i segni della sua scrittura. In occasione di un lungo restauro del Codice, realizzato dal 1966 al 1969, ad opera dei monaci del Laboratorio di Restauro di Grottaferrata gli stessi monaci staccarono il foglio che era piegato a metà e con le due parti incollate fra loro dallo scultore Pompeo Leoni. Il Leoni cui, nel finire del Cinquecento, dobbiamo l’allestimento del codice, eseguì detta operazione probabilmente per coprire alcuni disegni osceni che vi comparivano (Fot.1)
I disegni in questione, tuttavia, non furono resi noti fino a che il prof. Augusto Marinoni, che curò la pubblicazione integrale del codice per conto della Commissione Vinciana di Roma non diede notizia che accanto alle oscenità era visibile lo schizzo di un veicolo molto simile a una bicicletta (Fot.2) e questo avvenne nel 1972.
Ci fu tra gli studiosi una sorta di sconcerto. L’immagine del mostro sacro Leonardo era in qualche modo stata sfregiata. I disegni osceni gettavano ombre sulla moralità del genio e per alcuni fu più facile risolvere il problema considerando addirittura il Marinoni autore di un clamoroso falso. Un esimio e rispettato studioso si sarebbe messo d’accordo con i frati del laboratorio (almeno due che non si maneggiano, soprattutto in fasi delicate di restauro come il distacco del foglio incollato su se stesso, carte di Leonardo) per una burla planetaria… cui prodest? Alla carriera del Professore? Alla professionalità dei Monaci? Per non dire, nell’eventualità del caso, che la direzione di Brera avrebbe affidato il codice a tre emeriti imbecilli. Impossibile in modo categorico. A sostegno di Marinoni, al tempo considerato il massimo esperto a livello mondiale di Leonardo da Vinci, si schierarono tra gli altri il professor Jean-Pierre Baud dell’Università di Strasburgo e James McGurn dell’Università di York. Dd infine, nel 1978, anche Carlo Pedretti (forse suo malgrado) che pubblicò copia del disegno da lui visto in controluce nel 1961, qualche anno prima del restauro. Pedretti mostrò il semplice rilievo di alcuni elementi geometrici (Fot.3)
ma il suo disegno attesta in maniera chiara ed inequivocabile la totale estraneità di Marinoni e Monaci ad un ipotetica falsificazione che diventa a questo punto insostenibile in (Fot.4)
gli elementi geometrici rilevati da Pedretti sovrapposti al disegno reale visibile dopo il distacco e l’apertura del foglio. Va rilevato tuttavia che ancora nel 1997, all’ottava Conferenza internazionale sulla storia del ciclismo, tenuta a Glasgow, Hams-Erhard Lessing mostrò alcuni elementi di incongruenza del disegno leonardiano e da allora molti concordano nel ritenere il disegno un’alterazione eseguita con una matita moderna, perciò privo di qualsiasi legame con Leonardo o con i suoi assistenti
Il disegno in questione è quello di una pseudo bicicletta eseguito con matita a carboncino e databile intorno al 1493 (la data si rileva in modo approssimativo da altri elementi forniti dall’esame del foglio che non sono oggetto del presente contributo). Possiamo escludere in modo categorico che sia di Leonardo anche se, come detto, tracciato indubitabilmente in un suo foglio. Si tratta con tutta probabilità di disegno di Giangiacomo Caprotti meglio conosciuto come Salaì – piccolo diavolo – che al tempo supposto di esecuzione doveva avere intorno ai 13 anni. in (Fot. 5)
quella che riteniamo essere la sua caricatura e che è presente sul foglio in questione. Il disegno della bicicletta tuttavia deve certamente essere tratto da modello reale e o da disegno di Leonardo e stupisce per la sua genialità. In esso il prototipo di bicicletta è concepito in legno (Fot. 6 il modellino realizzato per il museo Leonardiano di Vinci).
Le parti salienti del progetto risultano essere:
– un telaio orizzontale che collega due ruote di uguale dimensione dotate di mozzi e di raggi
di un asse (movimento) centrale, di una guarnitura (corona, pedivelle e pedali) posta al centro del telaio
-una catena di trasmissione che la collega a un pignone sul mozzo della ruota posteriore motrice. (Proprio su questa parte meccanica mi pare si incentrino i principali dubbi dei detrattori della bicicletta di Leonardo. Molti escludono infatti che l’apparato potesse essere nella disponibilità di Leonardo. Molte pagine del Codice di Madrid (ms 8937) riscoperto nel 1965
e pubblicato in Italia a cura di Ladislao Reti nel 1974 dimostrano l’esatto contrario come si può ben vedere dalla (Fot. 7) riferita al foglio 10r del codice e questa volta il disegno è certamente dell’ineffabile sinistra mano.
– un sostegno fisso per appoggiare le mani
– una forcella anteriore e posteriore
– una sella con sospensioni ecc.
Questo schizzo anticipa soluzioni meccaniche che si affermeranno faticosamente solo secoli dopo. E’ mai possibile? Certamente si. Come tutte le invenzioni di Leonardo accanto ad elementi innovativi e di anticipazione si rilevano incongruenze che impediscono un corretto funzionamento dell’apparato di progetto.
Con una sorta di macchina volante pare che Tommaso Masini alias Zoroastro da Peretola dopo essere decollato dal monte Ceceri, si sia schiantato al suolo e invalidato. L’elicottero di Leonardo (vite aerea Fot.8)
è chiaramente impossibilitato al decollo, con il suo paracadute chiunque si sarebbe sfracellato e brutta morte sarebbe accorsa ad un uomo imprigionato nel suo sommergibile (Fot.9) e questo solo per citare alcune delle sue invenzioni.
Eppure in ognuna di queste ed in molte altre non funzionanti affatto, possiamo trarre soluzioni tecniche assolutamente innovative che saranno poste in essere grazie all’evoluzione di materiali, tecnologie e scoperte scientifiche solo molti anni dopo. Non stupisca che il disegno originale di Leonardo possa essere perduto che gli studiosi, sulla base dell’esame delle carte, calcolano in alcune migliaia i fogli persi di Leonardo che, secondo alcuni, ammonterebbero addirittura a circa seimila. Perché riteniamo il disegno della bicicletta di Giangiacomo Caprotti (Salai)? Tutto nel foglio ci parla di lui e per primi i disegni osceni (Fot.10).
Attraverso il metaforico buco di una serratura si vedono due enormi cazzi (tali sono) in fila indiana che si avviano verso un circoletto (buco) con dei piccoli segni intorno (simboleggiano peli?) e subito sopra la scritta: Salai. Ci vuole veramente poca fantasia a dedurre che l’oggetto della feroce e caricaturale rappresentazione sia stato il culetto del ragazzino. La caricatura presente nel foglio (Fot.5)
noi l’abbiamo scoperta, nel 2004 (il personaggio pare proprio lo stesso), anche in un muro della Santissima Annunziata a Firenze (Fot. 11)
in ambienti sicuramente frequentati – abitati e vissuti per quasi un anno – da Leonardo e dai suoi allievi (bottega). Tra l’altro, assonanza a parte, la coppa bicchiere e la brocca alle spalle del personaggio caricaturato potrebbero essere anche allusive in modo meno triviale dei disegni presenti sul foglio. Che la grafia sia tipicamente cinquecentesca (primissimi del cinquecento) è attestato da analogo carboncino caricaturale reperito in un muro di palazzo Davanzati nel corso di uno degli ultimi restauri e datato 1503 (Fot.12).
In ultimo… ricostruita nel 2016 a cura degli scienziati del milanese museo ‘leonardo 3’ ed ivi esposta dal 2017 torna a pedalare la bicicletta volante (Fot.13, fonte: Leonardo3-www.leonardo3.net), ma questa è un’altra storia.