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Stile Arte

Sei secoli di pittura europea All’Accademia Carrara di Bergamo centododici capolavori della collezione Rau, da Beato Angelico a Renoir e Morandi

La collezione Rau è certamente una raccolta dotata delle caratteristiche dell’eccezionalità. Se infatti buona parte dei collezionisti individua un periodo di specializzazione o, nei casi meno filologici, configura percorsi eterogenei motivati esclusivamente da scelte di gusto individuale, la collezione Rau, come nessun altra al mondo, copre in maniera completa sei secoli di storia dell’arte europea attraverso opere di qualità straordinaria, di differenti scuole ed aree geografiche. Riunita dal medico e filantropo tedesco Gustav Rau - scomparso in queste settimane - a partire dagli anni Sessanta, la raccolta documenta l’evoluzione della storia dell’arte europea dal XV al XX secolo: un’escursione attraverso grandi capolavori di scuola italiana (Beato Angelico, Crivelli, Luini, Reni, Caracciolo, Canaletto, Bellotto, Tiepolo), fiamminga e olandese (De Coter, Mandyn, Terbrugghen, Van Ruysdael, Dou, De Witte), tedesca (Cranach il Vecchio, Van Winghe, Graff), francese (Millet, Boucher, Greuze, Fragonard, Vigé-Le Brun), spagnola (El Greco, Ribera) e inglese (Wright, Reynolds, Gainsborough). La sezione di pittura moderna, ancora più ricca e significativa, documenta in maniera esaustiva la parabola del movimento impressionista dagli esordi alla piena maturità, dai precursori (Corot, Courbet, Boudin) ai grandi maestri come Monet, Manet, Renoir, Degas, Pissarro, Sisley, Caillebotte, Cassatt, Cézanne. Si passa quindi al post-impressionista Signac, ai simbolisti Redon, Hodler e Klimt, ai nabis Sérusier, Vallotton, Bonnard, Dennis e Vuillard, ai fauve Vlaminck, Dufy, Van Dongen, Derain, e infine all’Espressionismo, con opere di Munch, Macke e Jawlensky.

Caro restauratore, sei apocalittico o integrato?

James Beck polemizza con i “ricostruttori” in nome della leggibilità ad ogni costo e propone, in alternativa, facsimili virtuali - “In realtà” osserva Andrea Galeazzi “non è l’intervento in sé che viene escluso, ma si mette in discussione il principio che un’idea generica di leggibilità possa essere la motivazione dell’intervento stesso - “Il problema è di base: manca, in Italia, una comune cultura del restauro, ed il modo di rapportarsi al patrimonio artistico rimane un dilemma insoluto”

Su questa tavoletta il pensiero di Giotto

Il mistero del “San Giovanni Battista” del Museo Lia: fu opera del maestro o degli epigoni? - Dopo anni di dibattiti attributivi, raggiunta una conclusione importante: “E’ evidente” dice Angelo Tartuferi “che dietro il dipinto c’è la mente del maestro. Il lavoro è stato eseguito con la migliore costruzione prospettica possibile per quei tempi, e l’unico in grado di ideare una costruzione simile, all’epoca, era Giotto”.