Palla di catapulta o di bombarda trovata durante gli scavi presso il castello di Melfi

Costruito sulla cima nord-occidentale della collina su cui sorge la città, il castello domina con la sua mole imponente tutto l’antico abitato. La possente cinta con torri e il fossato, suggeriscono una vocazione difensiva che fa conservare al maniero un fascino originario. Edificato dai Normanni tra la fine dell’XI e gli inizi del XII sec., nel corso delle varie dominazioni, ha subito rifacimenti ed ampliamenti, che hanno reso non facile un’attenta lettura delle strutture e delle opere murarie. L’insieme è di grande suggestione, soprattutto sul lato nord, dove le torri e la cinta muraria sembrano quasi aggrappate alla roccia e sono a picco sul sottostante fiume Melfia

Una palla di catapulta di circa. 40 cm di diametro è stata rinvenuta nelle ore scorse, durante i lavori in corso sullo spalto del castello di Melfi nell’ambito del PON “Progetto d3i restauro e consolidamento del Castello Federiciano e ampliamento del Museo Archeologico Nazionale”, il cui beneficiario è il Segretariato Regionale del MIC. Lo comunica la Direzione regionale musei Basilicata.

Costruito sulla cima nord-occidentale della collina su cui sorge la città, il castello domina con la sua mole imponente tutto l’antico abitato. La possente cinta con torri e il fossato, suggeriscono una vocazione difensiva che fa conservare al maniero un fascino originario. Edificato dai Normanni tra la fine dell’XI e gli inizi del XII sec., nel corso delle varie dominazioni, ha subito rifacimenti ed ampliamenti, che hanno reso non facile un’attenta lettura delle strutture e delle opere murarie. L’insieme è di grande suggestione, soprattutto sul lato nord, dove le torri e la cinta muraria sembrano quasi aggrappate alla roccia e sono a picco sul sottostante fiume Melfia.

Il primitivo dongione normanno, ancora rilevabile nell’attuale corpo centrale, venne recuperato e rinforzato con torri angolari durante una prima fase d’intervento sul castello da parte di Federico II, databile tra il 1221 e il 1225. In previsione dell’importante Assise legislativa dell’estate 1231, il castello melfitano subisce un ulteriore intervento non più di mero carattere restaurativo, ma di vero e proprio ampliamento. Vengono innalzate tre nuove torri e l’imponente corpo di fabbrica rettangolare sottostante la Sala del Trono angioina e oggi nota come Sala degli Armigeri. In quest’epoca il castello di Melfi è sede della tesoreria e dell’archivio regio, nonché dimora estiva del grande imperatore, accogliendo tra le sue mura i personaggi più eminenti della politica e della cultura del tempo. La mancanza di quella regolarità quasi geometrica che caratterizza i castelli federiciani, soprattutto all’indomani del ritorno dalla Crociata, va imputata, nel caso di Melfi, alla necessità di adattarsi alle opere preesistenti e all’impervia orografia del sito.

Il castello normanno-svevo venne notevolmente potenziato con la realizzazione di una nuova cortina muraria intervallata da torri rettangolari e pentagonali, del circuito dello spalto e dell’ampio fossato. In quest’epoca l’ingresso al castello si apre ad ovest, in corrispondenza dell’inizio del fossato, proprio dove le mura urbane si vanno a saldare alle fortificazioni del maniero. Il portale a tutto sesto, dotato di saracinesca, era preceduto da un ponte levatoio; ad ulteriore difesa dell’ingresso, una caditoia fu realizzata sulla Torre del Leone.

La trasformazione del nucleo centrale del castello in palazzo comitale ebbe inizio con i Caracciolo nel XV sec. per completarsi con i Doria durante i successivi tre secoli. Sempre ai Doria si deve la realizzazione del nuovo monumentale ingresso che si apre a sud verso la città. Un ponte a tre fornici in pietra, una volta levatoio, supera l’ampio fossato e, attraverso un portale bugnato in pietra bianca, permette l’accesso nel Cortile Principale su cui prospettano il Palazzo Doria e la cappella gentilizia del XVI secolo.

Iniziando dall’ingresso attuale, in senso orario, le torri visibili sono: Torre dell’Ingresso, a pianta rettangolare; Torre dello Stendardo o dei Cipressi a pianta pentagonale; Torre della Secretaria o della Terrazza, a pianta rettangolare; Torre del Leone o Torre Ovest a pianta pentagonale; Torre dei Sette Venti o dell’Imperatore a pianta rettangolare; Torre senza nome di cui restano solo i ruderi; Torre di Nord-Est a pianta rettangolare; Torre delle Carceri o di Marcangione a pianta rettangolare; Torre della Chiesa a pianta rettangolare; Torre dell’Orologio a pianta pentagonale. Questa è visibile appena superato il ponte, a destra, e costituisce il punto più avanzato della cerchia difensiva angioina. Di valore architettonico, una delle finestre della Sala del trono, la bifora della Torre di Marcangione ed il capitello del bastone intorno a cui si snoda la scala a chiocciola posta fra la torre delle Carceri e la torre Nord-Est. Oggi il Castello ospita il Museo Nazionale Archeologico del Melfese.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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