Piero della Francesca, cosa stava accanto al suo "Battesimo"? Ecco la ricomposizione corretta del puzzle

Roberto Manescalchi propone una soluzione assolutamente logica e definitiva al pasticciaccio brutto della ricostruzione dell'opera del Maestro toscano - Parte da un dipinto storico ottocentesco di Angelo Tricca nel quale, sul fondo, esiste documentazione iconografica dell'opera quattrocentesca ai tempi in cui era completa - Confuta correttamente le incongruenze notevoli del piano di assemblaggio, compiuto dai colleghi, che avevano unito il dipinto rinascimentale a un polittico gotico - Rimette a posto i tasselli e dà a Piero quel che è di Piero e dà a Matteo di Giovanni le ali incongrue che perfettamente collimano con un modello iconografico della tavola centrale
Il Battesimo di Piero della Francesca secondo Angiolo Tricca  (il caricaturista ufficiale dei Macchiaioli) e considerazioni sul polittico di Matteo Di Giovanni
di Roberto Manescalchi*
«Guarda» e ci sputò sopra e pian pianino
Stese lo sputo su quel legno nero
«O guarda» e risputò. «Guarda il visino
del bambino Gesù se non par vero!…»
«Sarà, per me non ci capisco un zero»
«È Carlin Dolci» «No non è Carlino»
«Eppoi dipinto in tavola di pero…»
E ci sputò di nuovo « È un Perugino!…»
«Ma qui, mi dici come sta rinvolta
questa figura dentro a quel mantello?…»
«È San Giuseppe, o non lo vedi? Ascolta
d’autore egli è di certo e molto bello»
«Aspetta» e ci sputò l’ultima volta
«Vuoi sapere di chi gli è? Di Raffaello!…»
(Telemaco Signorini: “Un battesimo” – uno dei due personaggi, così mirabilmente evocati da Telemaco Signorini, nel nostro personalissimo immaginario, ci piace credere possa essere il suo amico Angiolino Tricca, caricaturista, falsario, riproduttore di opere antiche, antiquario… anche un po’ cialtrone!-)
In un dipinto di Angiolo Tricca (Piero vecchio nel suo studio che spiega un teorema a Pacioli) abbiamo rilevato, fin dal 1972, come, sulla parete alle spalle del vecchio Piero, risultassero appese, disegnate da Tricca nella sua ricostruzione ideale, le tavole del Battesimo e della Natività (Foto 1).  
Foto 1
Nella fattispecie il Battesimo dal Tricca è rappresentato tra due laterali assolutamente congrui cfr. l’ingrandimento del particolare del dipinto appena citato (Foto 2).
Foto 2
Tricca ha visto gli originali oppure li ha solo immaginati? Certamente i laterali dipinti da Tricca sono diversissimi da quelli di Matteo di Giovanni solitamente accostati da tutti gli storici dell’arte all’opera di Piero. Esiste ancora nel Museo Civico di Sansepolcro un apparato che permetteva la proiezione dell’immagine del Battesimo di Piero nel buco, tra i due laterali, dove noi (Foto 3) abbiamo virtualmente e in modo assolutamente sconsiderato (malgrado la storia dell’Arte) ricollocato la tavola oggi alla National Gallery di Londra.
Foto 3
Nel finire del 2006, in funzione della mostra da noi curata e allestita nel marzo 2007 per il Centro Studi  Aboca Spa. in Sansepolcro a Palazzo Collacchioni (“Inediti storici su Piero. Le opere pittoriche e il De Prospectiva Pingendi”, collaterale della grande mostra aretina su Piero della Francesca e le corti italiane), facemmo realizzare la copia del Battesimo di Piero (secondo Angiolo Tricca) a grandezza naturale (Foto 4).  
Foto 4
Il Tricca, ha sicuramente visto quest’opera quando ancora si trovava a Sansepolcro nella sua città natale. Il dipinto fu venduto nel 1859, dai canonici della Cattedrale con la motivazione ufficiale di necessità di restauro dell’edificio. 
Resta da chiedersi se il Battesimo di Piero così come proposto dal Tricca sia attendibile o meno. Secondo noi è più che attendibile per i seguenti motivi: 
a) Tricca è un esperto e conosce molto bene le opere di Piero (ne ha ridisegnate alcune per la riproduzione in incisione per la Storia della pittura italiana esposta coi monumenti di Giovanni Rosini, Foto 5 – 6; 
Foto 5
Foto 6
b) il quadro di cui abbiamo discusso è di notevoli dimensioni ed il particolare in cui è riprodotto il Battesimo ha dimensioni tali da non lasciar adito a dubbi…Tricca dipinge, ai lati del Battesimo di Piero, due pannelli che niente hanno a che vedere con i laterali di Matteo di Giovanni (Cfr. Foto 3); 
c) Il Tricca risulta essere persona informata sui fatti. Lo stesso, infatti ha preso parte attiva, come risulta dai documenti, nella vendita del Battesimo e della Natività di Piero della Francesca alla National Gallery di Londra; 
Recuperata, attraverso l’opera di Tricca, la memoria del trittico del Battesimo di Piero (trittico che attraverso il dipinto del macchiaiolo abbiamo scoperto essere scisso e indipendente dal polittico di Matteo di Giovanni) restava da recuperare la memoria della pala centrale che non fu certamente il Battesimo di Piero del polittico di Matteo da Siena (di Giovanni… che in realtà nacque a Sansepolcro nel 1428).  Alcuni mesi di ricerca coadiuvati da un po’ di fortuna ci sono venuti in soccorso. Abbiamo scoperto un evidente contributo dato a Matteo di Giovanni, per i santi laterali, da Niccolò di Pietro Gerini. Un polittico dedicato al Battesimo di detto autore, oggi alla National Gallery di Londra, presenta i Santi laterali praticamente identici (vedi il confronto in Foto 7) a quelli di Matteo di Giovanni .
Foto 7
Il polittico del Gerini in origine per il monastero camaldolese di Santa Maria degli Angeli in Firenze è datato anteriormente all’opera del Di Giovanni ed è palese ed evidente che Matteo, a seguito della visione dell’opera di Niccolò, abbia preso in prestito e leggermente modificato le iconografie di quest’ultimo per i suoi San Pietro e San Paolo. Nelle storie del Battista sulla predella Matteo ripropone inoltre, tra gli altri, due degli episodi già dipinti da Niccolò: la nascita del Battista ed il banchetto di Erode. Il tributo operato da Matteo all’opera di Niccolò era, per altro, già segnalato da John Pope-Hennessy nel suo: “Sulle tracce di Piero della Francesca”, 1992 e, prima ancora da Marilyn Aromberg Lavin nel suo “Piero della Francesca’s Baptism of Christ (1981). 
Crediamo che Matteo di Giovanni possa aver preso visione del “Battesimo” del Gerini verso la fine del quinto decennio del Quattrocento (più esattamente nel 1457/58) allorché, incaricato dal pontefice Enea Silvio Piccolomini (Pio II) della pittura di due tavole quadrate (Madonna in trono con Bambino tra i santi Caterina d’Alessandria, Matteo, Bartolomeo e Lucia e Madonna in trono con Bambino tra i santi Giorolamo, Ambrogio, Agostino e Nicola) per il Duomo di Pienza, il nostro, fece sicuramente un viaggio di istruzione e apprendistato in Firenze presso le fabbriche brunelleschiane (tra cui, ovviamente, Santa Maria degli Angioli e San Lorenzo). Più di venti anni prima era stato proposto il modello quadrato all’antica “tabulae quadratae” per il decoro degli altari. Sicura testimonianza del viaggio fiorentino di Matteo è il palese rimando ad anatomie e modelli del Pollaiolo nel “Cristo alla  Colonna (lunetta che sovrasta la prima delle due tavole eseguite dal nostro per il Duomo di Pienza). Detto quanto sopra non ci resta che inserire il “Cristone” dall’improbabile anatomia (con i fianchi più larghi delle spalle) di Niccolò di Pietro Gerini tra i Santi Pietro e Paolo di Matteo di Giovanni (Foto 8)
 
Qualcuno, forse potrà obiettare e sostenere che il nostro sia uno strano modo di procedere, ma: 
a) il dipinto che illustra un Piero vecchio, seduto nel suo studio, intento a spiegare un teorema a Luca Pacioli non lo abbiamo dipinto noi e noi non abbiamo certo colpa se in detto dipinto Angiolino Tricca dipinge un trittico, contenente il Battesimo di Piero della Francesca che niente ha a che vedere con il polittico di Matteo di Giovanni… noi abbiamo semplicemente rilevato la cosa. 
b) John Pope-Hennessy e Marilyn Aromberg Lavin… non il sottoscritto hanno evidenziato il debito di iconografia contratto da Matteo di Giovanni nei confronti di Niccolò di Pietro Gerini. 
Dopo quanto sopra, mi dispiace, ma non posso credere, in totale assenza di documentazione specifica, a nessuna delle cervellotiche e astruse supposizioni del Tizio, Caio o Sempronio di turno. Quelli “bravi” sostengono in coro che tale don Nicoluccio di Nicoloso dei Graziani (priore della chiesa di San Giovanni Battista in Val d’Afra in Sansepolcro dal 1433 al 1464) abbia commissionato a Piero il Battesimo per l’Altare Maggiore di detta chiesa. Questo in virtù di una amicizia presunta, di presunti stretti rapporti tra i due ecc. ecc. In realtà sappiamo semplicemente che un giovane Piero fu testimone, nel 1437, alla stesura di un testamento (probabilmente neanche l’unico e ultimo) del prelato. Niente altro! Non è scritto da nessuna parte che un Graziani abbia mai commissionato a Piero il suo Battesimo! Certamente, invece la commissione da parte di un Graziani e dell’Opera di San Giovanni Val d’Afra a Matteo di Giovanni ci fu ed è testimoniata (basta e avanza) dallo stemma della famiglia a sinistra e a destra della predella dell’opera. Per finire il Battesimo di Piero il buon Matteo, invece di copiare, ad esempio, un paio di Santi pierfrancescani dal polittico della Misericordia che, al tempo dell’ eventuale completamento faceva bella mostra di se nell’oratorio della fraternità (sempre in Sansepolcro), sarebbe ricorso al suo taccuino di viaggio ed avrebbe rispolverato e riproposto i due giannizzeri, guardie svizzere, definiteli come più vi aggrada, del Gerini. Due figure assolutamente fuori scala che relegano addirittura in secondo piano le figure principali della tavola centrale: Cristo ed il Battista. La logica di questo operare? Se avesse completato l’opera di un altro, in ossequio ad un suo conclamato modus operandi, transeat, ma copiare per copiare spiegatemi, di grazia e per favore, perché per completare un opera di Piero avrebbe dovuto copiare Gerini? Si tratta di una storia che cozza contro venti secoli di logica e alla logica dignità di scienza, lo ripeto in ogni dove, non l’ho data io. Facile comprendere, il come un artista possa realizzare un opera autonoma a partire e muovendo dall’idea di un altro. Per considerare autonoma l’opera di Matteo di Giovanni è indubitabilmente necessario che dall’idea iniziale (Gerini) muova anche l’iconografia della tavola centrale ed ecco che inserire, come già fatto, il “Cristone” del Gerini nel Polittico di Matteo, in ossequio all’idea che poco differente da quel modello doveva essere il dipinto in questione, risulta meno peregrino, molto meno peregrino di quanto si possa pensare. Del resto dal confronto (Foto 9) tra l’archetipo del Gerini e la tavola del Battesimo del Di Giovanni, conservata in Russia nel museo Pushkin, risulta evidente il come l’evoluzione del percorso artistico di Matteo, introduzione del paesaggio a parte, sia veramente minima.
Foto 9
Questo non significa, tuttavia, che Matteo fosse demente. Solo un demente, invece (concesso e non ammesso che intorno alla metà del quattrocento ce ne fosse uno) avrebbe potuto pensare di completare un’opera di Piero architettando un simile pastrocchio Cfr. Foto 3). Molto più facile pensare e credere che Piero della Francesca e Matteo di Giovanni abbiano realizzato e concepito due opere che niente o quasi hanno mai avuto in comune se non per il fatto che per chissà quale strano motivo – grazie all’opera di chissà quale artefice intrallazzatore – in un certo periodo (crediamo sia successo nella prima metà dell’Ottocento, nella Cattedrale di Sansepolcro) sia avvenuta la strana commistione che ha visto l’inserimento della pala centrale di un trittico di Piero tra i laterali di un polittico di Matteo di Giovanni confondendo e non poco la storia delle due opere. Lavin (op. cit.) sostiene (a nostro avviso a ragione) che quando, nel 1807, la chiesa di San Giovanni Battista val d’Afra fu sconsacrata, non possedeva la pala di Piero. La pala stessa, infatti non è citata in nessuna delle due liste di oggetti che passarono alla cattedrale e alla nuova chiesa di San Giovanni Battista al Trebbio. Stante che il Tricca dipinge su una parete dello studio del vecchio Piero il Battesimo e la Natività cominciamo ad introdurre l’idea che l’opera (Battesimo) che la critica concordemente giudica dipinta da un Piero agli esordi potesse essere rimasta, non consegnata all’eventuale committente, nella disponibilità di un vecchio Piero e, forse, finita nell’eredità del maestro. Ma ritorniamo un attimo sui nostri passi per rendere doverosa testimonianza al fatto che Martin Davies “The Earlier Italian Schools. National Gallery Catalogues” 1951-52, molto prima di noi, seppur con manifesta carenza di argomentazioni rispetto alle nostre intuì e suppose che le opere di Matteo di Giovanni e Piero della Francesca fossero non quella del primo completamento di quella del secondo, ma due e ben distinte l’una dall’altra. In sostanza del trittico di Piero mancherebbero all’appello i due laterali e del polittico di Matteo, mancherebbe all’appello la tavola centrale. Ora che sappiamo anche come, più o meno, dovrebbero essere ci sta pure che, da qualche parte, prima o poi, saltino fuori. Quindi onore al merito per Davies anche se per comprendere che nulla può legare l’opera di Matteo a quella di Piero e viceversa non occorrono certo chiavi di lettura particolarmente sofisticate che è come scoprire che la mattina sorge il sole. 
 Storico dell’Arte è già autore del saggio: Questioni intorno al Battesimo di Cristo di Piero della Francesca.
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa