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Monasticamente – come astrattista – Pierrette Bloch – Parigi, 16 giugno 1928-7 luglio 2017 – visse tra le sue linee, in bianco e nero. Diede un grande ritmo alle sue tele e alle sue carte, lavorando soventemente con un pastello ad olio, bianco, – con qualche piccolo intervento di pastello secco – che le consentiva di seguire il ritmo sinusoidale del cuore. Il pastello ad olio era questo: scioltezza nel movimento, che un pennello non avrebbe mai potuto dare. Enormi spartiti senza pentagrammi, in cui punti e linee ricurve, sciolte e torte come un filo di lana recuperato progressivamente da un vecchio maglione. Ciò che pulsa è il cuore, le cui contrazioni si estendono ai muscoli del braccio, giungono allo snodo del polso, per farsi linea ascendente e discendente, dopo la curva di un un occhiello. Ma la sua ricerca fu vasta. Giunse a realizzare opere utilizzando capelli, tutti annodati, così da formare linee. Sperimentò bitumi e inchiostri. Il nero è scrittura. E’ segno, è suono. E non si discostò dal rapporto tra il femminile e il punto della maglia, come altro nucleo fondamentale in cui si concentra un mondo intero. Pierrette Bloch sentiva se stessa e l’umanità intera, come un metronomo. Del resto il cuore segna il tempo. E il minuto secondo non è poi distante, a livello di composizione della sequenza di pieni e di vuoti, dal battito cardiaco. E’ insomma il cuore,che s’accorda con il movimento del sole e con l’universo, a dettare la scansione del tempo, tempo e cuore sui quali nasce la musica.
E lei, come una delle tre parche – come la Parca Lachesi che allunga il filo della vita, sottraendolo, per un po’ alla sorella che lo dipana e alla sorella che lo taglia – lo srotolava all’infinito. Dal 1947 al 1948, Pierrette Bloch – di origine svizzera e di ceppo ebraico – ha studiato con Henri Goetz e Andrew Lhote. Poi fece amicizia con Colette e Pierre Soulages. Fu proprio il suo incontro con il pittore di astrazione e di nero-luce, Pierre Soulages, avvenuto nel 1949, a lasciarle un segno indelebile, attorno al quale avrebbe costruito la propria espressione linguistica. Nel 1951, le sue prime mostre personali, a Parigi negli Stati Uniti, dove esporrà diverse volte. Inchiostri, crini, ritocchi con pennelli e acrilici sostituiscono progressivamente i collage d’avanguardai che costituiscono tra le principale esperienze dei primi anni di lavoro.
Nel 2005 a Pierrette Bloch è stato assegnato il premio Maratier, alla carriera. “Per tutta la vita, ho cercato di disegnare il tempo …” diceva. Un “lavoro silenzioso e modesto, fatto tre volte di nulla”, ha scritto l’artista minimalista Michel Parmentier (1938-2000).
Pierrette Bloch, l'artista che dipingeva lo scorrere sinuoso del tempo. La storia, il video
Monasticamente - come astrattista - Pierrette Bloch - Parigi, 16 giugno 1928-7 luglio 2017 - visse tra le sue linee, in bianco e nero. Diede un grande ritmo alle sue tele e alle sue carte, lavorando soventemente con un pastello ad olio, bianco, - con qualche piccolo intervento di pastello secco - che le consentiva di seguire il ritmo sinusoidale del cuore. Il pastello ad olio era questo: scioltezza nel movimento, che un pennello non avrebbe mai potuto dare. Enormi spartiti senza pentagrammi, in cui punti e linee ricurve, sciolte e torte come un filo di lana recuperato progressivamente da un vecchio maglione. Ciò che pulsa è il cuore, le cui contrazioni si estendono ai muscoli del braccio, giungono allo snodo del polso, per farsi linea ascendente e discendente, dopo la curva di un un occhiello. Ma la sua ricerca fu vasta. Giunse a realizzare opere utilizzando capelli, tutti annodati, così da formare linee. Sperimentò bitumi e inchiostri. Il nero è scrittura