Puglia. Manipolavano continuamente le ossa dei teschi. Perché? Cosa facevano? A chi appartenevano? Gli archeologi fanno luce sul caso del Neolitico. Cosa hanno scoperto

La vita utile degli antenati: il misterioso culto dei crani nel Neolitico pugliese

Masseria Candelaro, un piccolo villaggio neolitico situato nella pianura del Tavoliere in Puglia, è al centro di uno studio pubblicato sull’European Journal of Archaeology, che getta luce su un antico e misterioso rituale legato alla conservazione e manipolazione dei crani umani.

Un villaggio e il suo contesto archeologico

Masseria Candelaro fu abitato tra il 5500 e il 5400 a.C., un periodo in cui la regione della Puglia settentrionale era densamente popolata da comunità neolitiche. Il villaggio originario si estendeva su 0,5 ettari ed era circondato da un fossato difensivo, noto come fossato Z. La struttura del sito riflette una transizione da insediamento abitativo a luogo destinato a rituali e pratiche funerarie.

Gli archeologi Jess Thompson e Sofia Panella sistemano i frammenti ossei dal deposito cranico al Museo delle Civiltà. @ John Robb, Università di Cambridge

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In particolare, la Struttura Q, una depressione amorfa situata nella parte più antica del villaggio, divenne il fulcro delle attività rituali. Qui, archeologi hanno rinvenuto i resti cranici frammentati di almeno 15 individui, disposti in un deposito stratificato che alternava materiali domestici e rituali. Questo ritrovamento costituisce la base per comprendere un complesso sistema di pratiche legate agli antenati.

Il culto degli antenati: la conservazione e il ciclo dei crani

L’analisi isotopica e radiocarbonica ha rivelato che i resti appartenevano a individui locali, per lo più maschi, suggerendo che questi crani non fossero trofei di guerra, bensì reliquie degli antenati della comunità. La manipolazione delle ossa umane, documentata in altri siti neolitici europei, rifletteva probabilmente un profondo significato simbolico attribuito ai crani, considerati “ossa potenti” cariche di memoria e identità.

I crani di Masseria Candelaro erano regolarmente maneggiati e mostrano segni di rottura intenzionale e usura, indicando che venivano passati di mano in mano tra i membri della comunità, forse durante cerimonie rituali o come simboli tangibili della continuità tra vivi e morti. Questo processo potrebbe essersi protratto per quattro-otto generazioni, superando il limite della memoria vivente e ancorando la comunità a una tradizione condivisa.

Il significato della deposizione finale

Il deposito dei crani nella Struttura Q segna quello che gli studiosi interpretano come lo smaltimento finale di una collezione rituale. Le ragioni di questa dismissione sono molteplici.

  • Una delle ipotesi più rilevanti suggerisce che il ciclo rituale legato ai crani si sia interrotto dopo che il passare del tempo aveva superato la capacità della comunità di mantenere viva la narrazione sugli antenati rappresentati dai crani. Superate le quattro-otto generazioni, la memoria degli individui associati a quei resti si sarebbe dissolta, rendendo i crani “ex-antenati”, privi di significato narrativo e simbolico immediato.
  • Altre ipotesi includono l’abbandono dei crani ormai troppo usurati, o un cambiamento nelle tradizioni culturali che portò all’adozione di nuovi modi di commemorare gli antenati.

Questa transizione è supportata da evidenze successive: durante il tardo Neolitico, i gruppi della regione tornarono a Masseria Candelaro per seppellire i loro morti, continuando a utilizzare il villaggio come luogo di memoria ancestrale, ma con modalità diverse.

Il simbolismo dei crani e il legame con la memoria collettiva

La pratica di conservare e manipolare crani umani non era un fenomeno isolato nel Neolitico. Simili tradizioni sono state documentate in altre parti d’Europa e del Mediterraneo, dove i crani venivano estratti dalle sepolture primarie e riutilizzati in contesti rituali. Tuttavia, il caso di Masseria Candelaro è unico per la sua durata e la sistematicità del trattamento riservato ai crani.

Gli archeologi interpretano questa pratica come un modo per rafforzare la coesione sociale e mantenere un dialogo simbolico con gli antenati, superando i limiti della memoria orale. In questa prospettiva, i crani non erano semplici oggetti inerti, ma strumenti carichi di potere ontologico e narrativo, rappresentazioni tangibili di una storia collettiva che si intrecciava con quella individuale.

Conclusioni: un ciclo rituale temporaneo

La deposizione finale dei crani nella Struttura Q potrebbe rappresentare la chiusura di un ciclo rituale, in linea con studi etnografici su società tribali che sottolineano la natura temporanea delle pratiche rituali. Questo evento potrebbe aver segnato un momento di trasformazione culturale, in cui la comunità abbandonò un’antica tradizione per adattarsi a nuove esigenze simboliche e sociali.

Lo studio dei resti cranici di Masseria Candelaro non solo arricchisce la nostra comprensione del Neolitico pugliese, ma offre anche uno sguardo sulle complesse dinamiche che legano la memoria, il corpo e il rituale nella costruzione dell’identità collettiva.

Fonte: Jess E. Thompson, Sofia Panella, Silvia Soncin, Rowan McLaughlin, Italo Maria Muntoni, Francesca Alhaique, Francesca Candilio, Alessandra Sperduti, Christopher J. Knüsel, Mary Anne Tafuri and John E. Robb,
The Use-Life of Ancestors: Neolithic Cranial Retention, Caching and Disposal at Masseria Candelaro, Apulia, Italy, Published online by Cambridge University Press: November 2024

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa