“Una delle nostre scoperte più emozionanti – e inaspettate – di quest’anno – affermano i membri di Waterlo Uncovered – è stata una palla di cannone di 6 libbre incastonata nella gabbia toracica di un cavallo scoperto nell’estremità nord della trincea, tra gli altri cavalli che furono oggetto di eutanasia e resti di mucca macellata. I nostri archeologi hanno notato che non avevano mai visto nulla di simile, rendendolo una rara scoperta che porta a casa gli orrori che la battaglia infligge sia alle persone che agli animali”.
Archeologi e veterani militari scavo a Waterloo per portare alla luce reperti della grande battaglia. Recenti scavi, proseguiti adesso, hanno permesso l’identificazione di un ospedale da campo che, a differenza di molte altre parti della landa, riserva terribile ricordanza dell’evento.
La battaglia di Waterloo, combattuta il 18 giugno 1815, è una delle più epiche e significative della storia europea. In quella giornata, le forze congiunte del Duca di Wellington e del generale prussiano von Blücher sconfissero Napoleone Bonaparte, mettendo fine al suo regno e determinando il corso della storia moderna. Tuttavia, un enigma affascina storici e archeologi da oltre due secoli: nonostante le migliaia di vittime, i resti umani rinvenuti sul sito di battaglia sono sorprendentemente scarsi.
Di recente, alcuni scavi a Waterloo hanno portato alla luce arti amputati e resti di cavalli militari, ma solo pochissimi scheletri umani completi sono stati recuperati. Come spiegare questa apparente discrepanza? Una delle ipotesi più accreditate è legata al massiccio prelievo di terra fertilizzante dalla zona, fenomeno comune nei secoli successivi alla battaglia.
Il macabro commercio del XIX secolo: il recupero delle ossa
Per comprendere la scarsità di resti umani a Waterloo, bisogna partire da una pratica diffusa nel XIX secolo: l’uso delle ossa come fertilizzante. L’agricoltura europea, durante la Rivoluzione Industriale, subì un rapido cambiamento che richiedeva maggiori quantità di nutrimento per i terreni. Le ossa animali e umane, ricche di fosforo e calcio, rappresentavano una risorsa preziosa. Dopo grandi battaglie, i resti dei soldati venivano spesso riesumati e venduti a scopo agricolo.
È documentato che i campi di battaglia come Waterloo furono oggetto di questo tipo di sfruttamento. Gli agricoltori, o mercanti di fertilizzanti, raccoglievano le ossa e le trituravano per produrre fosfato di calcio, un componente essenziale per fertilizzare i campi. Questo commercio, sebbene macabro, era estremamente redditizio e diffuso. Ciò spiega in parte perché, nonostante le decine di migliaia di caduti, i resti umani completi rinvenuti sul campo di battaglia sono estremamente rari.
Il ruolo della decomposizione naturale e delle pratiche di sepoltura
Oltre al prelievo per scopi agricoli, anche le pratiche di sepoltura adottate all’epoca contribuirono alla dispersione dei resti. Subito dopo la battaglia, il campo era disseminato di cadaveri di soldati e animali. Tuttavia, data l’urgente necessità di ripulire l’area per evitare epidemie, i corpi vennero seppelliti in fosse comuni o, nei casi peggiori, lasciati decomporsi all’aperto.
Le sepolture sommarie, spesso scavate in fretta e con poca profondità, permisero ai processi naturali di decomposizione di agire rapidamente, specialmente nei decenni successivi. Il terreno, lavorato per anni dai contadini, contribuì ulteriormente a disperdere o danneggiare i resti. La combinazione tra decomposizione e attività agricole ha quindi reso difficile trovare ossa ben conservate.
Il sito dell’ospedale da campo: un’eccezione
Una delle recenti scoperte, avvenuta presso la fattoria di Mont-Saint-Jean, ha rivelato una “trincea di sgombero di battaglia”, un’area utilizzata per accumulare resti umani e animali separati da barriere di scatole di munizioni. Questo sito, che fungeva da ospedale da campo per i feriti alleati, è particolarmente rilevante perché qui si praticarono numerose amputazioni. I ritrovamenti di arti amputati sono una testimonianza cruda delle condizioni estreme in cui i chirurghi militari lavoravano.
Secondo le stime, presso l’ospedale vennero effettuate circa 500 amputazioni durante e dopo la battaglia. Tuttavia, anche in questo caso, i corpi completi sono rari. Questo fatto potrebbe indicare che molti dei resti umani, al di fuori delle aree più protette, furono recuperati per essere venduti come fertilizzante.
Un dilemma etico e storico
Le recenti scoperte archeologiche a Waterloo, condotte da organizzazioni come Waterloo Uncovered, hanno sollevato importanti questioni riguardo al trattamento dei resti umani e animali. Se da un lato la mancanza di scheletri completi è comprensibile data la storia di prelievi e sfruttamento agricolo, dall’altro emergono dilemmi etici sulla protezione e il rispetto per i caduti.
L’opera di archeologi e veterani militari coinvolti in questi scavi ha il merito di restituire dignità e memoria a quei soldati che, per secoli, sono stati dimenticati o utilizzati a fini economici. Gli scavi mirati non solo contribuiscono alla conoscenza storica, ma offrono un’opportunità per riflettere sul significato delle guerre e sulla gestione dei resti umani in contesti di conflitto.
Gli scavi e i ritrovamenti
Negli ultimi anni, grazie all’impegno di organizzazioni come Waterloo Uncovered, sono state effettuate scoperte archeologiche cruciali che gettano nuova luce sugli eventi e le tragiche conseguenze della battaglia di Waterloo. Uno degli scavi più significativi è stato condotto presso la fattoria di Mont-Saint-Jean, situata a poca distanza dal cuore della battaglia, e nota per essere stata utilizzata come ospedale da campo dalle forze del Duca di Wellington. Qui, chirurgi militari e assistenti improvvisati lavorarono incessantemente per giorni, cercando di salvare la vita di centinaia di soldati feriti. Il sito, anche se tristemente famoso per la sua attività medica durante il conflitto, ha fornito prove dirette di ciò che accadde agli uomini e agli animali che furono curati – o che, purtroppo, non sopravvissero.
Nel 2022, un importante ritrovamento presso Mont-Saint-Jean ha portato alla luce uno scheletro umano completo, una rarità assoluta considerato il contesto storico e le pratiche post-battaglia. Gli archeologi, guidati dal professor Tony Pollard dell’Università di Glasgow, hanno descritto il ritrovamento come eccezionale, vista la scarsità di scheletri rinvenuti nel sito. Questo ritrovamento isolato, però, è solo l’inizio di una storia più complessa che è emersa durante ulteriori scavi.
Un nuovo team di archeologi, veterani militari e volontari ha ripreso gli scavi nello stesso luogo. Il progetto, nuovamente guidato da Pollard, ha rivelato un’area unica, definita come una “trincea di sgombero di battaglia”. Questo termine si riferisce a una struttura scavata probabilmente per liberare l’ospedale da campo dai corpi e dai resti umani e animali dopo la battaglia. La trincea, scoperta vicino al sito principale dell’ospedale, ha fornito una finestra scioccante e dolorosa sulle conseguenze del conflitto.
All’interno della trincea, gli archeologi hanno trovato numerosi resti, tra cui depositi separati di ossa umane e animali. La disposizione suggerisce che coloro che seppellirono questi corpi cercarono di mantenere una sorta di distinzione e ordine, nonostante il caos e l’orrore della situazione. Da un lato della trincea sono stati ritrovati i resti di animali, tra cui almeno sette cavalli e un bue, che mostrano evidenti segni di macellazione. In alcuni casi, i cavalli sembrano essere stati soppressi con un colpo di moschetto alla testa, probabilmente perché feriti gravemente e impossibilitati a essere salvati. Questo tipo di ritrovamenti non solo evidenzia l’importanza dei cavalli nella guerra napoleonica, ma anche la cruda realtà del campo di battaglia, dove la vita e la morte erano costantemente intrecciate.
La parte più macabra della scoperta, tuttavia, è stata fatta dall’altro lato della trincea, dove è stato rinvenuto un accumulo di arti umani amputati. Alcuni di questi arti portano ancora segni evidenti delle seghe chirurgiche utilizzate per eseguire le amputazioni, una procedura chirurgica comune durante la battaglia di Waterloo, specialmente a Mont-Saint-Jean. Si stima che, solo in questo ospedale da campo, siano state eseguite circa 500 amputazioni nel corso di pochi giorni. Le ferite agli arti erano tra le più comuni, costituendo il 65% delle lesioni subite dai soldati, principalmente a causa dell’impatto delle palle di moschetto e delle sciabole.
Queste amputazioni furono effettuate in condizioni terribili, senza anestesia e con strumenti rudimentali, spesso nel tentativo disperato di salvare la vita di un soldato gravemente ferito. La scoperta degli arti amputati offre una testimonianza straziante della sofferenza che caratterizzò il dopobattaglia. Il ritrovamento della trincea, in cui i resti umani e animali sono stati separati da barriere fatte di scatole di munizioni strappate dalle bisacce dei soldati, suggerisce che gli uomini incaricati di ripulire l’area tentarono di offrire un minimo di dignità ai caduti. Nonostante la fretta e l’urgenza della situazione, cercarono di mantenere un ordine e di separare, per quanto possibile, i resti umani dagli animali.
Questi ritrovamenti gettano luce non solo sulle dinamiche di pulizia post-battaglia, ma anche sul rispetto che i sopravvissuti nutrivano per i loro compagni caduti. Tony Pollard ha sottolineato quanto sia raro, nel campo dell’archeologia napoleonica, trovare un sito con una tale combinazione di elementi, che includono resti umani, animali e strutture difensive. La scoperta ha infatti un valore storico e archeologico unico, perché offre una visione dettagliata di ciò che accadde dopo la battaglia, un aspetto spesso trascurato nelle cronache storiche.