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2007, l’anno di Rina Soldo
Stile intervista Marcello Riccioni, curatore della mostra dedicata a Rina Soldo
Sono stati necessari venticinque anni perchè venisse organizzata una mostra che facesse emergere la figura di Rina Soldo. Stile arte, da un decennio, ha premuto affinché venisse ufficialmente riconosciuto il valore oggettivo di un’artista di grande livello. Ora queste mostre. Ma perchè, a suo giudizio, quel perdurante silenzio?
E’ la questione dei mercanti che, una volta perso l’interesse economico, condannano chi vent’anni fa veniva considerata l’artista più “espressionista” del Garda. Comunque sia, è indiscutibile che la condanna di Rina Soldo al silenzio abbia contribuito alla conservazione di quelle opere che oggi risultano come i capolavori dell’artista. Grazie per questo ai collezionisti privati che hanno messo a disposizione i quadri che riguardano soprattutto il periodo francese e quello meno conosciuto delle Fiandre.
Rina Soldo si è spinta Oltralpe. Conosceva bene la pittura impressionista. (E dipinse, negli anni di esordio, anche qualche quadro che è persino possibile confondere con un autentico Monet). Perchè scelse le Fiandre?
La vita artistica di Rina Soldo è fatta di scelte violente. La prima è costituita dal fatto di non aderire alle correnti post-impressioniste che sul Garda spopolavano, insieme alla grande ricerca di artisti decoratori che, come ben sappiamo, nella ricostruzione urbanistica dei primi anni Trenta del Novecento, erano richiesti. Conobbe e frequentò Angelo Landi (da poco sono venuto a conoscenza di una caricatura inerente Rina Soldo e la sorella Umbertina, fatta dallo stesso maestro); non si accostò a nessuno dei suoi contemporanei e decise – altra decisione travolgente – di recarsi a Venezia. Dei momenti cruciali di questa artista, quello veneziano credo sia il più significativo. Qui emerge il suo carattere artisticamente solitario. Le visioni della sua Venezia sono accompagnate da una scelta legata alla filosofia della pittura: riteneva che, nella città lagunare, dovesse mantenersi vivo quel ricettacolo pittorico il quale, per ovvie ragioni, si rifaceva agli antichi. E non poteva essere altrimenti considerate le costanti emozioni che la città offriva ai pittori. A Brontolo, prima, e Mazzorbo, poi, inventerà una serie di paesaggi poetici in cui emergono i significati simbolici del suo essere ermetico. Non inventa ciò che osserva. Ma l’attenzione della Soldo al suo paesaggio diviene intima partecipazione, al punto che, in quasi tutte le sue composizioni, inserisce elementi che alimentano l’equilibrio strutturale e compositivo del quadro.
Cosa differenzia il periodo veneziano da quello francese?
L’esperienza veneziana, seppur alternata da andirivieni e lunghe soste sul Garda, ha la durata di un trentennio. Ciò che Rina Soldo abbandonerà, nella sua costante ricerca alla modernità, sarà l’uso del disegno preparatorio. Non eliminerà invece dal suo vocabolario lo spirito poetico che, anzi, andrà sempre più arricchendo con le nuove esperienze che andava facendo. Viaggi che alimentavano il suo carniere poetico: continui spostamenti da Milano – dove iniziava a frequentare gli ambienti già conosciuti in seguito alla sua frequentazione dell’Accademia – al centro Italia, dove prediligeva la campagna laziale e soprattutto quella romana, sino alle terre d’oltralpe in cui sapeva avrebbe potuto cogliere quelle esperienze coloriste che avrebbero dato sostanza al suo percorso. Un primo viaggio nella Provenza, altre tiepide ricerche nell’entroterra francese lungo la Senna, sino ad arrivare nella sua pétite Paris che celebrò in decine di tavole e tele (sarebbe impossibile contare la produzione di questi anni) e che era il borgo medievale di Annecy. L’elezione di questo borgo era dovuto al fatto che in sé racchiudeva ogni formula visitata dalla Soldo: la terra, il fiume e il lago, la montagna e le atmosfere antiche. Il periodo francese corre dal 1949 sino al 1971. la maturazione avvenne intorno alla metà degli anni Cinquanta.
Immagini che portava idealmente con sé, tornando sul Garda, e attorno alle quali continuava a lavorare.
Il breve tempo di permanenza dell’artista oltralpe non poteva certo garantire l’alta produzione. Nell’atelier che aveva presso la sua casa a Salò (villa Ginestra) produceva a memoria, e con ottimi risultati, ciò che aveva interiorizzato. Le opere presentate sul lago non potevano certo essere comprese (in questo credo sia indispensabile la lettura del saggio di Anna Lisa Ghirardi come testo introduttivo del catalogo). Nel senso che si trattava di una cultura che difficilmente sarebbe potuta scendere a compromessi con il gusto oggettivo di una visione del Garda o del suo entroterra. La potenza coloristica della Soldo rimane così un affascinante esperimento dentro cui muovere alcune critiche, ma certamente non la percezione della vera modernità. La versatilità di Rina Soldo è evidente. Dove l’occhio critico non poteva arrivare a riconoscere tale mondo nuovo, arrivò la sua capacità di modificare la composizione. Ci sono infatti alcune opere che testimoniano la sua grande attenzione al percorso razionalistico successivo alla prima grande guerra. In particolare alla cultura di Sironi.
Dove si ferma il percorso creativo della Soldo?
Nella suo silenzio controcorrente. L’espressionismo “soldiano” nasce dall’incontro di alcuni luoghi che lei visitò spingendosi oltre ogni aspettativa. La sua maturazione avvenne nelle Fiandre. Sappiamo di alcuni luoghi che lei dipinse e ai quali dedicò anche titoli abbastanza precisi. Per il resto è abbastanza semplice, considerando la sua produzione, percepire l’atmosfera di una pittura matura, che spero nel tempo si possa ingrandire per conoscenza, in cui emergono tutte le caratteristiche tecniche e compositive, nonché di trasmissione sensoriale, che fanno di questa artista un esponente del Novecento Italiano.
La pittrice non appare né come una chiarista, né come un’impressionista tardiva. Com’è possibile inquadrarla con correttezza nell’ambito di uno schema?
La pittura della Soldo, come detto, ha caratteristiche espressioniste forti. Deforma il conosciuto attraverso visioni che da oggettive divengono soggettive. I suoi luoghi mantengono una proporzione compositiva, sempre, che è una metrica costante di lettura. Il colore mai si accende; tutto in Rina Soldo rimane un mondo ovattato all’interno del quale – come dice Bernardelli Curuz – l’uomo rovina l’equilibrio. Ecco il motivo, in tutte le opere della Soldo, della mancanza dell’individuo.