Sai quanti anni ha il tappeto più antico del mondo? Dall’età al significato dei disegni ora studiati. Ecco cosa ci raccontano queste figure

Esiste un linguaggio universale dell’immagine, che connota l’umano. Gli studiosi di Stile arte hanno lavorato sulla struttura di rappresentazione del più antico tappeto del mondo che è giunto fino a noi, concludendo che esso contiene un preciso messaggio legato alla prosperità garantita da una classe saggia di guerrieri. Qualcosa di simile – sotto il profilo del significato – agli affreschi del Buongoverno di Lorenzetti, 1800 anni dopo circa, a Siena. Ma vediamo la storia del più antico tappeto – ha circa 2400 anni – che si è conservato, al mondo, ed è giunto fino a noi per poi approfondire l’interessantissimo significato della composizione.

Il tappeto di Pazyryk, rinvenuto nella regione dei Monti Altaj in Siberia meridionale, è uno dei più antichi e preziosi reperti tessili mai scoperti. Datato tra il V e il IV secolo a.C., rappresenta il tappeto annodato più antico conosciuto, diventando una pietra miliare nella storia della tessitura e dell’artigianato. Conservato presso il Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, il tappeto prende il nome dalla Valle di Pazyryk, dove fu rinvenuto, e oggi simboleggia l’elevato livello tecnico e artistico delle popolazioni scite, note per la loro cultura guerriera e nomade.

La scoperta archeologica

Nel 1929, gli archeologi russi Sergej Rudenko e Michail Grjaznov iniziarono una serie di scavi archeologici nella regione dei Monti Altaj, vicino al confine tra Russia e Mongolia. Questo territorio si rivelò un’importante necropoli, caratterizzata da tombe a tumulo conosciute come kurgan, appartenenti alla cultura scita e risalenti al V-IV secolo a.C. Durante le campagne di scavo, nel 1949, i due archeologi scoprirono nella quinta tomba un manufatto eccezionale: il tappeto di Pazyryk.

Le condizioni climatiche estreme della Siberia meridionale, caratterizzate dalla presenza di permafrost, consentirono la perfetta conservazione del tappeto per oltre 2.500 anni. Protetto da uno strato di ghiaccio, il tappeto era stato depositato insieme ai resti dei cavalli di un capo tribale scita. Sebbene la tomba fosse stata saccheggiata nel corso dei secoli, il tappeto sfuggì ai razziatori, permettendo a noi oggi di ammirarlo nella sua interezza.

Caratteristiche tecniche e iconografia

Il tappeto di Pazyryk misura 200 x 182 cm e vanta una straordinaria densità di circa 360.000 nodi per metro quadrato, testimonianza dell’abilità artigianale delle popolazioni che lo realizzarono. La tecnica impiegata è quella del nodo turco o turkibaft, una delle più antiche e complesse nell’arte della tessitura dei tappeti.

Il disegno del tappeto è suddiviso in diverse cornici decorative, che insieme creano una composizione equilibrata e dettagliata. Ecco le principali:

  • La cornice esterna: su uno sfondo rosso si snoda una processione di cavalieri, sette per ogni lato, alcuni a cavallo e altri a piedi. Questa rappresentazione riflette l’importanza simbolica e pratica del cavallo nella cultura scita.
  • La cornice interna: raffigura una processione di alci stilizzati, disposti in direzione opposta ai cavalieri. Gli alci, rappresentati in tonalità di rosso e giallo, potrebbero simboleggiare la fauna locale, evidenziando il legame delle popolazioni scite con l’ambiente naturale.
  • Le cornici decorative minori: includono motivi stilizzati come grifoni e motivi floreali, che separano visivamente le cornici principali e danno un senso di simmetria all’intera composizione.
  • Il campo centrale: suddiviso in ventiquattro quadrati su sfondo rosso, ogni quadrato contiene una croce stilizzata con estremità floreali, contornata da una serie di piccoli quadratini colorati.

Provenienza e ipotesi storiche

Sebbene il tappeto sia stato ritrovato in Siberia, l’archeologo Sergej Rudenko avanzò l’ipotesi che potesse avere un’origine persiana, basata sia sullo stile decorativo che sulla tecnica di annodatura, tipica dei tappeti persiani antichi. Questa ipotesi suggerirebbe un legame con la dinastia achemenide, una delle più influenti dell’antica Persia. Probabilmente si tratta di tappeti realizzati da tribù iraniche di matrice scita, che si erano spostate al nord, portando con sé l’arte del tappeto e la propria profonda cultura. Gli Sciti furono una popolazione iranica di nomadi attestata nella steppa eurasiatica.

Si discute sulla presunta presenza alci che suggerirebbe una più stretta connessione con le popolazioni nomadi locali della regione nordica. Ma questi ungulati potrebbero anche rappresentare i daini, dalle corna palmate. Dopo l’ultima era glaciale la specie era del tutto estinta in Europa, ma prosperava, invece, nell’Asia Minore, in Persia – regione di origine degli sciti – in Mesopotamia e nell’Africa del Nord. L’arte del tappeto giunse probabilmente con gli sciti e fu appresa da popolazioni locali.

Di diverso avviso sono gli storici dell’area dell’ex Unione sovietica. A conferma delle abilità tessili delle popolazioni locali, Rudenko, durante scavi successivi, rinvenne un altro tappeto nel tumulo di Basadar, a circa 200 km a ovest della Valle di Pazyryk. Questo secondo tappeto, ancora più elaborato, aveva una densità di circa 700.000 nodi per metro quadrato, dimostrando, a giudizio degli studiosi russi, che la tessitura di tappeti raffinati era una pratica già diffusa nelle steppe eurasiatiche nel V secolo a.C. E’ chiaro che anche l’archeologia ha una valenza politica.

Simbolismo e contesto culturale

Il tappeto di Pazyryk ha un forte valore simbolico, dicono i ricercatori di Stile Arte, ed è collegato alla persona con il quale fu sepolto e al suo mondo di guerrieri. Il tappeto rappresenta la realtà osservata da un punto a aereo e contemporaneamente di lato.

La composizione si basa sull’ordine e sulla prosperità di una società che costruisce recinti e steccati attorno al proprio villaggio temporaneo o al proprio accampamento, garantendo sicurezza e prosperità agli abitanti. La civiltà nasce con uno steccato e con un cancello, che risultano protetti. All’esterno sta la natura, che è sempre, leopardianamente, matrigna.

I cavalieri che occupano una delle fasce più esterne del disegno costituiscono la “veglia armata”, punto nodale per la sicurezza e la ricchezza del gruppo. E’ un’azione di servizio e, al tempo stesso, di potestà. Dall’Età del Rame e del Bronzo, quello delle armi era diventato progressivamente un mestiere che richiedeva una specifica preparazione e che diveniva ereditario.

In uno steccato più interno troviamo alci o daini che sono state catturati dai guerrieri o che sono oggetto di domesticazione. E’ questa la risorsa economica del gruppo. Ancor più all’interno c’è un altro steccato o una muraglia. All’interno di esso sorge un accampamento-giardino. Una “città celeste” immaginaria? Una “città terrena”? Probabilmente i modelli si fondono. L’ordine, la pace e il giardino dell’aldilà divengono punto di riferimento politico per la vita mondana. E viceversa. Un Buongoverno garantisce una situazione simile a quella del giardino originario. Le recinzioni rispecchiano fossati e steccati arcaici che – uno dentro l’altro – troviamo spesso durante gli scavi archeologici. Essi cingevano il luogo abitato o il luogo sacro. L’inclusione era programmata e gestita. Nei disegni del tappeto appaio anche grifoni stilizzati. Sono probabilmente antenati mitici del gruppo, che svolgono anch’essi, in quanto potenti rapaci, azione di protezione delle donne e degli uomini. I fiori simbolizzano la bellezza e la prosperità del luogo cintato. Il tappeto ci comunica, nel proprio insieme, la ricerca di sicurezza pubblica come fondamento della civiltà.

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa