BRESCIA – Quando nella terra scura che oggi è rimasta ai piedi dei pali della palafitte emerge un segno di bellezza, gli archeologi sono presi da un sentimento di gioia. I reperti colpiscono sempre, a livello emozionale, Ma quando essi segnalano l’idea di una decorazione, che è già cultura, il colpo al cuore diventa notevole.
“Oggi è stata un’intensa giornata di scavo,” affermano con entusiasmo gli archeologi impegnati al Lucone, uno dei siti palafitticoli più antichi e affascinanti d’Italia, situato a Polpenazze del Garda, in provincia di Brescia. Il Lucone, risalente a 4000 anni fa, rappresenta uno dei bacini archeologici dell’Età del Bronzo meglio conservati dell’anfiteatro morenico del lago di Garda, e continua a rivelare preziosi segreti del passato.
In questa giornata particolare, gli scavi hanno portato alla luce una scoperta straordinaria: una collana di perline di madreperla e legno, un reperto di rara bellezza e straordinaria conservazione, che ha lasciato senza fiato gli studiosi e i visitatori presenti.
Il ritrovamento è avvenuto mentre era in corso la visita di un gruppo di turisti, parte del progetto Archeoexperience, un’iniziativa del Museo Archeologico “G. Rambotti” di Desenzano del Garda volta a coinvolgere il pubblico nella scoperta del patrimonio archeologico locale. “Siamo a pochi strati dal livello d’incendio!” hanno esclamato gli archeologi, sottolineando l’importanza stratigrafica della scoperta. Accanto alla collana, è stato trovato un piccolo gruppo di nocciole doppie, un dettaglio intrigante che ha sollevato domande sulla possibile connessione tra gli oggetti e le pratiche rituali o quotidiane dell’epoca.
Il Lucone di Polpenazze: una finestra aperta sull’Età del Bronzo
Il Lucone di Polpenazze è una vasta conca situata nel cuore dell’anfiteatro morenico che circonda il lago di Garda, un’area di straordinaria importanza archeologica. Un tempo occupata da un piccolo specchio d’acqua, questa conca ha visto sorgere e prosperare diverse comunità dell’Età del Bronzo, che costruirono i loro villaggi su palafitte direttamente sopra le acque del lago. Oggi, gran parte della conca è stata bonificata, ma il sito continua a restituire preziosi reperti che testimoniano la vita quotidiana, le tradizioni e le vicissitudini delle antiche popolazioni che qui abitavano.
I materiali rinvenuti al Lucone sono conservati e esposti presso il Museo Archeologico della Valle Sabbia a Gavardo, un istituto che, con concessione ministeriale diretta, conduce le campagne di scavo nel sito. Tra i villaggi più importanti scoperti nella conca del Lucone, spicca il villaggio di Lucone A, un insediamento fondato agli inizi dell’Antica età del Bronzo (XXI-XVII secolo a.C.) e abbandonato verso la fine della Media età del Bronzo (XIV secolo a.C.). I reperti di questo villaggio offrono una visione dettagliata della vita nell’Età del Bronzo, ma è il villaggio di Lucone D che continua a sorprendere per la quantità e la qualità dei reperti rinvenuti.
La storia di Lucone D: fondazione, distruzione e rinascita
Il villaggio di Lucone D ha una storia affascinante che inizia nel 2034 a.C., quando un gruppo di uomini decise di fondare un nuovo insediamento sulle sponde del piccolo lago. Grazie alla dendrocronologia, la tecnica che studia le sequenze degli anelli di accrescimento degli alberi, possiamo conoscere con precisione la data di fondazione del villaggio. Le querce abbattute per costruire il villaggio furono trasformate in lunghi pali, infissi nei limi lacustri per sostenere le strutture lignee delle abitazioni, che sorgevano direttamente sull’acqua.
Il villaggio si sviluppò rapidamente, e la vita quotidiana degli abitanti lasciò tracce indelebili nel tempo. Tra i pali di sostegno delle case si accumularono strati di materiali organici e vegetali, caduti o gettati dagli impalcati delle abitazioni. Questi strati, preservati dalla forte umidità, hanno conservato in modo straordinario oggetti di uso quotidiano, come strumenti agricoli in legno, tessuti in fibra di lino, frutti e semi, offrendo agli archeologi una rara opportunità di studiare aspetti della vita preistorica solitamente destinati a decomporsi.
L’incendio devastante e il suo impatto
La storia di Lucone D fu segnata da un evento catastrofico: un incendio di grande intensità che devastò il villaggio. Le strutture abitative, costruite principalmente in legno e argilla, crollarono nelle acque del lago, dove rimasero sepolte e miracolosamente conservate per millenni. L’incendio non solo causò la distruzione del villaggio, ma, paradossalmente, contribuì anche alla conservazione di numerosi reperti. Le alte temperature, infatti, tostarono vari resti vegetali, come spighe di cereale, e fissarono letteralmente le parti in argilla delle case, che si sono così conservate fino ai giorni nostri.
Tra i resti crollati, sono stati rinvenuti numerosi frammenti di intonaco, pavimenti, focolari e le tracce di almeno tre strutture a tronco di cono, interpretate come silos per la conservazione delle sementi. Tra gli elementi semicarbonizzati, spiccano molti componenti strutturali delle case, compresi gli alzati e i tetti, nonché il celebre elemento di solaio rinvenuto nel 1986, uno dei reperti più importanti mai trovati al Lucone.
La rifondazione del villaggio e il mistero del bambino
Dopo l’incendio, il villaggio di Lucone D non fu abbandonato, ma rifondato. Questo periodo di rinascita è segnato da un episodio toccante e misterioso: il ritrovamento del cranio di un bambino di tre o quattro anni, che fu deposto sul fondo del lago, coperto da cortecce, probabilmente appartenenti ai nuovi pali utilizzati per la ricostruzione del villaggio. Si ipotizza che questo gesto possa essere stato parte di un rito di fondazione, forse un’offerta propiziatoria per garantire la prosperità del nuovo insediamento. La commovente scoperta del cranio del bambino solleva numerosi interrogativi: il piccolo era morto durante l’incendio devastante che aveva distrutto il villaggio? E quale ruolo spirituale gli era stato attribuito dagli abitanti del nuovo Lucone D?
La vita nel nuovo Lucone D: prosperità e abbandono
Il villaggio rifondato di Lucone D godette di una lunga e prospera esistenza. Le stratigrafie più recenti rivelano cumuli di scarico costituiti da strati ricchi di frammenti ceramici, resti di edifici, rifiuti organici e altri reperti che testimoniano l’intensa attività del villaggio. Questi depositi, più spessi e ricchi rispetto a quelli del villaggio precedente, suggeriscono una comunità in crescita, che viveva in un ambiente dinamico e ben organizzato.
Tuttavia, la storia di Lucone D non terminò con la semplice continuità. A un certo punto, un innalzamento del livello dell’acqua del lago, evidenziato da uno strato biancastro di origine carbonatica che sigillò l’area, costrinse gli abitanti ad abbandonare il villaggio. Questo evento, forse un cambiamento climatico o un’alterazione idrogeologica, segnò la fine definitiva dell’insediamento, che non fu mai più abitato.
La collana del Lucone: un legame tra passato e presente
La scoperta della collana di perline di madreperla e legno al Lucone D aggiunge un ulteriore tassello alla comprensione della vita quotidiana e delle pratiche rituali delle antiche popolazioni dell’Età del Bronzo. La collana, con la sua delicata bellezza e l’originale sequenza in parte conservata, rappresenta non solo un reperto di inestimabile valore archeologico, ma anche un simbolo del legame profondo tra passato e presente, tra le persone che vissero in queste terre millenni fa e chi oggi ne studia e ne valorizza la storia.