Scavi tra i segreti della grande mansio romana in Toscana. Viaggiatori di lusso. Villa, terme, servizi. Archeologi al lavoro

Studenti e archeologi al lavoro negli spazi della fattoria-mansio di Santa chiara @ Foto Emanuele Vaccaro

“Trascorsa anche la terza settimana su quattro dello scavo archeologico a Santa Marta, diretto dalle Università di Siena e di Trento, è tempo di programmare gli ultimi 5 giorni di lavoro sul campo, solitamente i più complessi. – ha scritto nelle ore scorse Emanuele Vaccaro, Professore Associato di Archeologia classica dell’Università di Trento – La settimana che si è conclusa, nonostante il rialzo repentino delle temperature e i picchi di umidità, è stato possibile procedere spediti in tutti e tre i settori di scavo presso la grande mansio romana. Il team dell’Università di Trento si è concentrato sulle spoliazioni, sui riusi, e sulle attività artigianali che capillarmente, tra metà V e VI secolo, interessarono la mansio ormai defunzionalizzata. Tra grandi fosse di scarico, piani d’uso ricchissimi di materiali, punti di fuoco e fornacette è chiaro che lo ‘sfruttamento’ del grande complesso romano fu sistematico ed esteso. Nei prossimi giorni speriamo di poter sciogliere alcuni nodi stratigrafici e di poter iniziare un saggio di approfondimento attraverso la sequenza del grande vestibolo”.

Il sito di Santa Marta si trova nel Comune di Cinigiano, in provincia di Grosseto. Occupa circa 1,2 ettari e ospita una vasta gamma di reperti che vanno dal periodo romano fino ai tempi moderni. Alcuni ritrovamenti suggeriscono che l’area fosse abitata già dal II secolo a.C. La sua importanza come nodo nella valle del medio Ombrone è stata confermata attraverso confronti con altri insediamenti rurali romani nella regione.

Il nucleo edilizio più antico si trovava nella parte settentrionale di un campo inclinato verso sud, a circa 250 metri sul livello del mare. In origine, era un complesso residenziale costruito tra la tarda età repubblicana romana e la prima età imperiale (III secolo a.C. – I secolo d.C.). La zona fu occupata tra il II e il I secolo a.C. come fattoria con abitazioni e strutture per la lavorazione agricola. Questo nucleo fu abbandonato nel I secolo d.C., ma rioccupato all’inizio del II secolo, con un notevole sviluppo. E’ a quel punto che avviene la svolta. Nella prima metà del II secolo, venne costruito un ampio complesso villa-mansio, con tecniche urbane e mosaici decorativi. L’area si estese fino a circa 1500 metri quadrati nel IV secolo d.C. Il complesso imperiale comprendeva tre edifici principali: uno residenziale con un balneum privato e uno adibito a bagno pubblico, usato fino al VII secolo d.C.

Una mansio era una struttura di sosta lungo le vie principali dell’Impero Romano, progettata per offrire alloggio e ristoro ai viaggiatori, in particolare ai funzionari imperiali e ai corrieri che percorrevano le lunghe distanze del vasto territorio romano. Questi edifici erano strategicamente posizionati a intervalli regolari, generalmente ogni 25-30 chilometri, che corrispondeva a una giornata di viaggio a piedi o a cavallo.

Le mansiones erano parte integrante del sistema di comunicazione e trasporto romano noto come cursus publicus. Offrivano vari servizi, tra cui alloggi, stalle per cavalli, magazzini per merci e cibo, oltre a spazi per il riposo e il ristoro dei viaggiatori. Le strutture potevano essere piuttosto elaborate, comprendendo stanze private per gli ospiti, cucine, bagni e, talvolta, anche piccole terme.

L’efficienza e l’organizzazione delle mansiones permettevano di mantenere una rete di comunicazioni rapida e affidabile, essenziale per l’amministrazione dell’Impero. Inoltre, erano spesso utilizzate come punti di controllo e sicurezza, garantendo la protezione delle strade e dei viaggiatori.

La Villa

La villa trovata a Santa Marta aveva caratteristiche di rappresentanza, come una vasca a gradini in una delle stanze. Il vano centrale mostra il rinnovo dei pavimenti nel tempo: il pavimento originale rosso con tessere di marmo bianco fu coperto da un nuovo strato con tessere di marmo meno numerose e sfondo nero. I lavori di rifacimento risparmiarono una piccola struttura in muratura rivestita in marmo, forse un lararium. Tuttavia, nell’inizio dell’età imperiale l’area fu abbandonata: uno degli ambienti fu trovato senza pavimento e le murature riempite di macerie.

I Bagni

Nella parte meridionale dell’area archeologica di Santa Marta sono stati scoperti bagni importanti, con elementi architettonici e decorativi significativi, suddivisi in due complessi distinti con cisterne. Il primo complesso includeva un ingresso monumentale con un’aula di ricevimento, un cortile e le terme composte da uno spogliatoio, un frigidarium, due tepidarium con abside e un calidarium. La circolazione dell’aria calda era garantita dall’hypocaustum. L’edificio risale alla fine del I secolo e ai primi decenni del II secolo d.C. I tepidarium e l’apodyterium avevano pavimenti in mosaico. Questa area termale fu utilizzata fino agli inizi del V secolo.

A sud del primo edificio termale, separato da un corridoio, si trovano due cisterne rivestite di cocciopesto, suggerendo un collegamento con un’altra struttura termale vicina. Sebbene questo secondo complesso abbia subito danni a causa delle arature, sono ancora visibili parti dei pavimenti musivi e gli ipocausti. Un corridoio collegava questa seconda area termale alla prima. Un doppio accesso portava a un ampio frigidarium con soglie decorate da mosaici policromi e interni con motivi a onde, mentre un’abside ospitava una vaschetta per i bagni freddi. Anche nel calidarium sono stati trovati pavimenti a mosaico con animali in un paesaggio campestre. Il calore era generato da un grande forno adiacente. Le tecniche di costruzione suggeriscono una datazione simile al primo complesso, ma i mosaici indicano una datazione tra la metà e la fine dell’età imperiale. Anche questo edificio rimase in uso fino al IV secolo.

Il primo edificio termale, meglio conservato, permette di ricostruire la storia tardoantica del monumento. Nel V secolo, fu saccheggiato: pavimenti musivi e parte delle murature furono rimossi e le tubazioni di piombo riutilizzate. Durante questa fase, gli ambienti riscaldati furono usati con le colonnette delle suspensure in parte smontate e riutilizzate per divisioni interne, inclusa una tomba per un bambino. Dopo queste spoliazioni, concluse nel VI secolo, la vita continuò su pavimenti in terra battuta e attività domestiche e artigianali si svilupparono nelle aree adiacenti. Tracce di occupazione intensa si estendono fino al VII secolo, dopodiché l’area fu abbandonata.

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Redazione
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