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Scoprire il mistero di queste strutture. Archeologi in campo con tutte le tecnologie. I primi risultati della ricerca


Un team di archeologi dell’Università Ebraica di Gerusalemme in Israele, in collaborazione con un collega dell’Università Nazionale della Mongolia, ha condotto uno studio del sistema di mura di 405 km nella Mongolia orientale noto come Arco Mongolo per saperne di più sulla sua struttura. storia e scopo. Nel loro articolo pubblicato in queste ore sul Journal of Field Archaeology , il gruppo descrive le tecniche e la tecnologia utilizzate per studiare il muro, mettendo in luce le principali ipotesi che riguardano l’utilizzo di questa struttura. Il tutto, in attesa che possano essere condotti scavi archeologici.

Questa struttura, parte integrante della Grande Muraglia Cinese, è composta da un massiccio muro di terra, una trincea e ben 34 strutture che, fino ad ora, sono rimaste in gran parte inesplorate.

Estendendosi dalla provincia di Sukhbaatar alla provincia di Dornod nella Mongolia nord-orientale, questa antica barriera affronta temperature invernali che possono portare la temperatura fino a -25 gradi, rendendo la sua esistenza ancora più misteriosa e affascinante.

Gli esperti ritengono che l’intero sistema sia stato costruito tra l’XI e il XIII secolo d.C., ma la datazione precisa delle diverse parti rimane incerta a causa della mancanza di studi archeologici approfonditi. Utilizzando un approccio multidisciplinare, i ricercatori hanno analizzato il muro e le strutture ad esso correlate attraverso l’utilizzo di immagini satellitari, atlanti cinesi, mappe sovietiche e osservazioni dirette sul campo.

Mell’articolo pubblicato sul Journal of Field Archaeology, il team ha rivelato che, nonostante le sue dimensioni imponenti, l’Arco Mongolo è stato ampiamente trascurato nel discorso accademico esistente. La scoperta più sorprendente è stata la presenza di numerose grandi lacune nel sistema, suggerendo che il muro potrebbe essere stato costruito in modo affrettato e non completamente fortificato. Queste lacune potrebbero essere state punti vulnerabili, concepiti durante gli ultimi anni della dinastia Jin come difesa contro una potenziale invasione mongola. Oppure la vulnerabilità fu voluta. Perché il muro e le fortificazioni non servivano tanto – o solo – come arco difensivo, ma come, ipotizzano ora gli studiosi, per controllare il movimento di persone o animali, o addirittura come parte di un sistema fiscale. Cosa significa? Che queste strutture potrebbero essere state utilizzate, in via ordinaria, soprattutto come punti “doganali”, in grado comunque di offrire assistenza ai viaggiatori. Conosciamo realtà antiche, in medioeriente, costituite da cittadelle di transito, permeabili a uomini e greggi, in dati punti, che consentivano di raccogliere tasse e offrire, in cambio, protezione al viandante o ai pastori, che rischiavano gli attacchi dei predoni.

L’intero sistema murario, noto anche come la “trincea del confine Jin” o il “muro lungo Jin,” è uno degli enigmi più affascinanti nella storia cinese e mongola. La sua costruzione, il costruttore e lo scopo rimangono ancora avvolti nel mistero, alimentando l’interesse degli studiosi.

Tra le tante strutture indagate, particolare interesse è stato posto per la cosiddetta MA21.
“MA21 è orientata più o meno secondo le direzioni cardinali (leggermente inclinata verso nord-nordovest/sud-sudest). spiegano gli studiosi – Le mura esterne del sito sono costruite in pietra e sono racchiuse da un fossato. Misurano 38 x 49 m e hanno torri ai quattro angoli e una porta d’ingresso al centro del muro meridionale. Le mura sono alte circa 1 m dal livello interno della struttura e circa 2,5 m sopra il livello del fossato esterno. Anche il tumulo interno, che probabilmente era il fondamento di una struttura, è di forma rettangolare, circa 20,5 × 25,5 m. Presenta una piattaforma più alta sul lato settentrionale (dove probabilmente sorgeva l’edificio principale) e una parte più bassa verso sud, che potrebbe essere stata una corte aperta. Nella parte più meridionale di questa, proprio di fronte al cancello del recinto, è presente una rampa semicircolare, forse dove si trovavano le scale che conducevano alla struttura”. Qui, in superficie, sono stati trovati interessanti elementi ceramici, di complessa datazione a causa di quella che, per ora, pare una sorta di unicità stilistica.

Figura 5. Manufatti raccolti sulla superficie di Khaltaryn Balgas (MA21).

Nonostante le incertezze e la mancanza di visibilità, i ricercatori si preparano a condurre scavi più approfonditi nelle strutture nella prossima stagione, sperando di gettare luce sulle date di costruzione, sulla durata di utilizzo del muro e sulle attività delle persone che un tempo lo abitavano. L’Arco Mongolo, seppur trascurato fino ad oggi, potrebbe rivelarsi un tassello fondamentale nella comprensione della storia di questa affascinante regione.