Jacopo Robusti detto il Tintoretto, La lavanda dei piedi, 1548 – 1549, olio su tela, 210 x 533 cm. Madrid, Museo del Prado
STILETTATE
di Tonino Zana
Ho passato il confine, pioveva, veniva la notte e ho incontrato un ucraino della mia età. Parlava la sua lingua e non ci capivamo. Ci incontravamo con lo sguardo, il suo più impaurito del mio. Allora ho preso dalla tasca un balsamo preso in farmacia prima della chiusura, la sera precedente, sono andato in giro per un giorno, lo teneva stretto in tasca tra un fazzoletto di carta e una moneta di due euro. Mi sono seduto sul ciglio della strada, ho tolto le scarpe e mi sono lavato i piedi. Gli ho chiesto di sedersi accanto a me, l’ho invitato a togliere le sue scarpe e ho spalmato il balsamo sui suoi piedi piagati, sporchi con fili di sangue. Ha chiuso gli occhi e mi è parso sorridesse.
Ci siamo lasciati ed era l’alba sul confine. Ho pensato di stare in pace con me stesso, qualcuno, alle 3, avrebbe patito ciò che noi soffriamo per tanti giorni, forse a sua immagine, forse no.
Non è stato un sogno, è un pensiero, chissà se i sogni non sono altro che pensieri incarnati.
Ripasso la religione della mia terra, lavare i piedi accade all’Ultima Cena ed è segno di ospitalità, di servizio all’altro. Questo giovedì santo lavo ai piedi all’ucraino, magari l’anno prossimo lui passerà il confine più in basso e li laverà a me o a qualcuno dei miei cari, la stessa cosa. Non sono in debito, lui ha sofferto bombe, seppellito bambini e madri, schiacciato dal male piombato terroristicamente nella sua casa.
Ho inteso il suo nome dopo tre ore insieme. Si chiama Slava. L’anno prossimo, nel giovedì santo 2023, Slava sarà nella mia casa con un balsamo di una marca speciale. Vi terrò informati.