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Stilettate di Zana. Realtà e virtuale. Il Narciso ribaltato in un cerca di un senso e di un’identità


Narciso è un olio su tela (112×92) attribuito a Caravaggio da Roberto Longhi. Per l’opera vengono proposte altre attribuzioni tra le quali quelle allo Spadarino, a Orazio Gentileschi o a Niccolò Tornioli. Fu dipinto all’incirca tra il 1597 e il 1599.
STILETTATE
di Tonino Zana
Infine, serve capire, comprendere. Il nuovo, il futuro migliore non è accessibile a nessuna generazione in mancanza di comprensione. Nel senso di mettersi nei panni degli altri. Ci avviciniamo a una resa d’acciaio delle nostre pareti, saremo imbattibili e inconquistabili, con ragioni feroci, rimarremo però sotto terra, un poco come accade adesso ai martiri di Mariupol, nel sud dell’Ucraina, dove i russi non riescono a sfondare, a conquistare i sotterranei dei patrioti e loro, i patrioti rimangono là sotto, intoccabili e non possono, a loro volta, riemergere.
Anche la nostra umanità quotidiana viene ad assomigliare, tremendamente, meno tragicamente, ai soldati russi e ai soldati ucraini sopra e sotto la terra di una fabbrica degli orchi. Vittoriosi moralmente, nel valore della resistenza, gli uni, vittoriosi non moralmente sul piano della forza bruta gli altri, entrambi muti, non parlanti tra loro, incomunicabili. Dunque, nei segni dell’esistenza morti gli uni per gli altri e morti gli uni rispetto agli altri.
La nostra, nella tragicità della guerra e nella noiosa, depressa freddezza della non guerra ufficiale, è un’epoca in stallo, vive di ogni tipo di comunicazione, di ogni strumento rapido per collegarsi nel mondo e alla fine tace, nel senso di un non incontro.
Rimarrà la tecnologia digitale, probabilmente crescerà in modo esponenziale e in modo altrettanto esponenziale crescerà la distanza tra reale e virtuale. Il rischio, già corrente, è la separazione di una giornata in due momenti in cui siamo propensi a scomparire fisicamente e ad ascoltare molte voci, insieme reali ed artificiali, non corrispondenti a una fisicità, da lontano, fuori stanza; e una realtà scarsa di incontri fisici dove non riusciamo a mettere in collegamento le parole consegnate alla tecnologia e quelle di cui fatichiamo ad usare in strada. Del resto, cos’è, adesso, la strada, se non un mezzo di passaggio e non di incontro?
Sarà bene riflettere e decidere, molto presto, di riequilibrare queste separazioni, altrimenti i manicomi avranno molto da fare, oppure potremo scegliere di stare muti e alimentarci, al minimo, con dei segni primordiali.