Secondo l’opinione di Hillman, sia in pittura che nel cinema, questo elemento architettonico ha svolto e svolge tuttora un ruolo decisivo per il nostro immaginario. E proprio Hopper è stato un “genio della finestra”, colta sia dall’interno che dall’esterno. Prima di lui, nell’affrontare il tema, “geni” erano stati Rembrandt, Vermeer e molti altri. Tornando ad Hopper, è d’obbligo riconoscere che egli sia stato, con i suoi ambienti silenziosi e le scene distaccate, un interprete profondo delle relazioni umane. Al tempo stesso, le architetture rivestono un ruolo primario all’interno delle sue composizioni, e per questo motivo il pittore ha giocato con elementi lontani dalla mera realtà: finestre sproporzionate rispetto alla mute figure umane e una luce il più delle volte “tremenda”
Richard Tuschman, ha ricreato ambienti e situazioni hopperiane, attraverso immagini di alto livello qualitativo. Non siamo di fronte ad una semplice operazione di mimetismo - che finirebbe nel punto in cui s'accende,per un attimo, il fuoco della curiosità, di fronte al coincidente - ma ad una ricostruzione dei meccanismi espressivi. La meccanica espressiva, l'uso attenuato del colore, come avvolto da un triste pulviscolo, la luce priva di gioia,le ombre allungate del crepuscolo o dell'alba - nelle fotografie appaiono acuite -e pertanto rendono ancor più evidente la costruzione hopperiana-. Perché, in fondo, l'olio e la tela, addolciscono, stipulano un contratto narrativo tra pittore e osservatore.
Il mistero della notte che equivale alla perdita del Senso, un’atmosfera da Morte a Venezia, tra baluginii e ombre lattescenti. Così i simbolisti utilizzarono aure rarefatte per rappresentare una malinconia divenuta insanabile di fronte alle false vittorie della tecnica
I nodi simbolici delle opere di Giambellino realizzate per il restelo matrimoniale dell’allievo Vincenzo Catena. Nel mobiletto “da bagno” gli avvertimenti giornalieri all’uomo e alla donna sugli infortuni della virtù e un monito sull’inevitabile concatenazione dei peccati capitali
Non è eccessivo nemmeno sottolineare il fatto che il pittore operava a Praga mentre nella stessa città viveva e cresceva Franz Kafka (Praga, 3 luglio 1883 – Kierling, 3 giugno 1924). E sembra simbolicamente non appartenente alla sfera del caso che entrambi siano morti, appunto nel 1924. E' a Praga che si esprime con l'acutezza che Kafka trasformerà nei vertici della letteratura novecentesca quel nichilismo, quella morte di Dio, quell'assurdo che spingono l'uomo in labirinti, in castelli d'incubo, in processi incomprensibili; ciò che manca all'uomo della modernità è la figura del Padre buono- che è Dio - , del qualche è rimasto solo un gigantesco calco negativo.