Maschere funebri

La maschera funebre d’Agamennone. Forse è un autoritratto-burla dello stesso archeologo Schliemann

Le incongruenze sottolineate dal professor Nigro dell'Università La Sapienza. I baffi all'insù - ripiegati secondo la moda ottocentesca - i rapporti proporzionali del volto ricavati nella lamina d'oro fanno insorgere diversi dubbi e potrebbero ricondurre alle fattezze dello stesso Schliemann negli anni giovanili
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Come si esegue il calco dal vero di un volto per una scultura. Il video

Nelle fabbriche ottocentesche dei calchi, che rifornivano poi gli scultori europei - imprese situate soprattutto a Parigi - si ricavavano calchi di ogni parte anatonomica, degli animali più diffusi - persino dei cavalli, per le statue equestri - e di ogni oggetto. Gli scultori potevano poi procedere all'assemblaggio dei gessi. Qualche infortunio mortale ebbe luogo in alcune nuove botteghe di scultura, dove si tentarono calchi completi del corpo, con la copertura totale.
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Maschere funebri, a cosa servivano, come venivano fatte. Ecco quella di Modigliani

L'uso delle maschere funebri è antichissimo. Si ritiene infatti che i volti di cera degli antenati, presenti nelle case degli antichi romani, derivassero, in buona parte, dai calchi dei volti dei defunti. Ciò consentiva di conservare l'immagine tridimensionale del viso dell'estinto. I calchi venivano compiuti con materiale che si rapprendeva con una certa rapidità, come il gesso. Il calco in gesso del volto funebre e della mano fu in uso fino al primo decennio del Novecento, anche se già si riteneva questo ricordo tridimensionale troppo macabro
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