1500 dipinti di “pittori degenerati”, divenuti i maggiori del Novecento, furono recuperati, nel 2011, dalla polizia doganale tedesca in un appartamento della periferia di Monaco di Baviera, dietro scatolette di verdure impilate e cassette di frutta. In quei giorni si stabilì, orientativamente, che le tele di Picasso, Chagalle, Matisse, Emil Nolde, Franz Marc, Otto Dix, Max Beckmann, Paul Klee, Oskar Kokoschka, Ernst Ludwig Kirchner e Max Liebermann avrebbero avuto il valore di oltre un miliardo di euro. L’operazione fu resa nota soltanto due anni dopo, ad indagini concluse.
Quegli anni di totale silenzio e tranquillità servirono agli inquirenti per tentare di ricostruire le diverse linee di proprietà originar, che, in buona parte conducono a famiglie ebraiche, che erano le principali collezioniste di autori moderni. Le 1500 opere erano state acquisite per pochi soldi o in cambio della salvezza da parte di un gallerista e storico dell’arte, Hildebrand Gurlitt, prima perseguitato dal nazismo perchè aveva una nonna ebrea e per la sua netta propensione nei confronti della proibita arte moderna, poi stretto collaboratore del regime che gli aveva promesso, in cambio del rastrellamento di dipinti dell’arte degenerata e per l’avallo della “vera pittura tedesca”, la direzione del grande museo d’arte germanica. Lo storico-gallerista aveva accumulato migliaia di tele e le aveva conservate. Conclusa la guerra, egli aveva detto agli americani – che lo avevano interrogato- che i quadri erano andati distrutti nel corso del bombardamento di Dresda. Gli americani gli credettero, considerate le sue origini ebraiche e i problemi avuti inizialmente con il regime.
Ora al caso di Hilebrand Gurlitt è dedicato un importante libro- inchiesta, Catherine Hickley, giornalista, è esperta di opere d’arte razziate dai nazisti. Il libro è intitolato The Munich Art Hoard: Hitler’s Dealer and His Secret Legacy (Il tesoro d’arte di Monaco: il mercante di Hitler e la sua eredità segreta) ed è stato scritto anche in seguito al fatto che il misterioso, sconosciuto figlio del gallerista che mise insieme quel tesoro, dopo essere stato inquisito, ha deciso di lasciare, dopo la sua morte, i quadri che aveva ereditato al museo di Berna.
Facciamo un passo indietro alle cronache del 2013, quando tv e giornali annunciarono il ritrovamento, in un anonimo appartamento di Monaco di Baviera, di quello definito, in iperbole, il “Tesoro di Hitler”
In realtà Gurlitt visse di rendita, vendendo i pezzi minori e mantenendo il grosso della collezione, che avrebbe permesso alla famiglia ricchezza per generazioni. Nel 1956, Hildebrand Gurlitt, il padre, era morto in un incidente stradale e il museo segreto era passato al figlio Cornelius, che l’aveva trasferito in una palazzina anni Sessanta, alla periferia di Monaco. Le tele erano così numerose che erano state accatastate dal pavimento al soffitto, in almeno tre stanze. Il lato evidente era stato poi coperto con cassette di frutta, casse di bottiglie d’acqua e di vino, verdure in scatola, come se l’appartamento fosse una cantina.
La scoperta del tesoro perduto era avvenuta per puro caso, nel corso di un controllo della polizia doganale tedesca su un treno che giungeva dalla Svizzera.
Il figlio del critico d’arte Gurlitt, che sedeva in uno scompartimento di quel convoglio, fu notato per segni di evidente imbarazzo e nervosismo. Il controllo da parte della polizia permise di trovare in una borsa 9mila euro. Ulteriori accertamenti hanno consentito alla polizia di stabilire che Cornelius Gurlitt praticamente non esisteva per lo Stato tedesco. Non percepiva una pensione e non era mai stato, per questo motivo, segnalato ai servizi sociali. Peraltro non risultava che avesse lavorato per tutta la vita e non aveva nemmeno l’assicurazione sanitaria. Non fu pertanto difficile immaginare che il viaggio in Svizzera, i 9mila euro e la sua posizione inesistente per fisco e welfare fossero da collegare a risorse nascoste accumulate dal padre ai tempi del Reich. Gli inquirenti rimasero attoniti quando, entrati nell’appartamento di Cornelius e rimosso il ciarpame che fungeva da cortina visiva, trovarono i 1500, preziosissimi dipinti, che sono poi stati lasciati in ereditò al museo di Berna.
Nel suo libro, The Munich Art Hoard: Hitler’s Dealer and His Secret Legacy (Il tesoro d’arte di Monaco: il mercante di Hitler e la sua eredità segreta), la giornalista Catherine Hickley ricostruisce la storia della collezione ed esamina gli aspetti legali ed etici della gestione di opere d’arte razziate. L’autrice ripercorre anche la storia della famiglia, partendo appunto da Cornelius, l’uomo che si era trovato nei guai con la polizia doganale. Cornelius era nato ad Amburgo il 28 dicembre del 1932 da Hildebrand Gurlitt (1895-1956), uno dei quattro mercanti d’arte ufficiali dei nazisti, e Helene Gurlitt, una ballerina. La sorella del padre di Cornelius, Cornelia (1890-1919) era un’artista; il nonno, del quale portava il nome,era un architetto e storico dell’arte. Il bisnonno, Louis Gurlitt (1812-1897), era un pittore di paesaggi danese-tedesco. E il fratello del pittore, Cornelius (1820-1901), era un compositore.
Ho posto particolare attenzione alla figura di Hildebrand Gurlitt – dice la studiosa Catherine Hickley – Per me è stato subito chiaro che era lui la figura più interessante di tutta questa vicenda. Quella del figlio Cornelius era la figura più tragica. Visse in modo estremamente solitario, sempre chiuso in casa ed ereditò dal padre un’enorme responsabilità, a cui non seppe far fronte, soprattutto negli ultimi anni della sua vita. Hildebrand, il padre, era molto contradditorio: era contrario al nazismo, forse aveva idee comuniste, per un quarto era ebreo e amava l’arte odiata dai nazisti. Nonostante questo riuscì a a lavorare per Hitler e acquistare opere d’arte per il museo del Führer a Linz”.
L’autrice mette in luce l’ambizione sfrenata del critico; il suo desiderio di accumulo e la volontà di non essere travolto dagli eventi, ma di mantenere la propria linea di galleggiamento. Acquistò quadri dagli ebrei; comprò anche opere che erano state oggetto di sequestro.Si mantenne probabilmente a un livello non di abiezione, ma approfittò del momento politico, culturale, sociale come un uomo d’affari al quale interessava fare commercio. I prezzi dei “degenerati” in Germania erano crollati e lui comprava i dipinti dagli ebrei che, in buona parte, li collezionavano. Ebrei costretti a vendere per fuggire. Ora anche la valutazione del comportamento morale del critico d’arte risulta estremamente complessa. E ci interroga. Cavalcò semplicemente le condizioni di mercato – pur con cinismo – acquistando peraltro regolarmente i dipinti? Non ebbe una ribellione morale? Fu schiacciato dal clima di una dittatura perversa. Certo non è facile giudicare totalmente l’uomo.
A giudizio dell’autrice del libro, Hildebrand Gurlitt è uno dei tanti tedeschi che fecero compromessi piuttosto che assumere il rischio di opporsi pubblicamente al regime.” Ma non credo fosse uno dei più malvagi – dice la studiosa – Rinunciò, semplicemente, alla sua bussola morale perché voleva far carriera in un regime malvagio”. Lui i quadri li aveva comprati. Per poco, ma li aveva comprati. Così quando, finita la guerra, alcuni ebrei tornarono trovarlo per sapere dove fossero finite le opere, lui si rifiutò di fornire loro informazioni.
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