Se dovessero dirti: “Scegli cosa vorresti fare, se tu potessi tornare ai tempi dei romani”. Be’, ti converrebbe evitare di optare per posti apicali di comando. Troppo faticosi, pieni di sangue e, spesso effimeri. Tragici.
Una delle prove della vita rischiosissima di chi entrava in politica con massime aspirazioni?
Una rara moneta dell’imperatore Balbino, massacrato e fatto a pezzi, con il suo parigrado Pupieno, a Roma nel 238 d. C., dopo circa tre mesi di regno, è stata trovata, nelle ore scorse, a Volterra, durante gli scavi all’Anfiteatro, una possente struttura del I secolo, che viene progressivamente fatta riemerge dagli archeologi.
Moneta che gronda sangue e caos, quella portata alla luce. Apparteneva a uno spettatore dei giochi gladiatòri o essa scivolò in quel punto durante lo spostamento di terra che, nei secoli trasformò quel luogo, in un’area agricola?
Presto gli archeologi indicheranno la posizione del reperto a livello stratigrafico. E, pertanto, sarà più facile comprendere la storia di quel singolo sesterzio.
La moneta presenta sul dritto (qui sotto) il volto del sessantenne Balbino – forse idealizzato – circondato, nella legenda, dal suo nome e dal suo titolo.
Girando la moneta dall’altro verso si notano tre persone sedute su altrettante selle curuli – le eleganti sedie pieghevoli che erano simbolo di potere – collocate su un palco.
Chi sono i tre? Balbino, Pupieno e Gordiano III – 13enne, Caesar, cioè futuro imperatore designato – che fanno dispensare i soldi alla plebe. Sopra di loro campeggia la scritta Liberalitas Augg, che indica la munifica generosità degli augusti. Ma l’immagine, pensando a cosa sarebbe successo da lì, in una manciata di giorni, fa rabbrividire
Il 60enne Decimo Celio Calvino Balbino – Decimus Caelius Calvinus Balbinus – quanto il suo collega Pupieno restarono in carica dalla fine di aprile al 29 luglio del 238, quando furono uccisi e squartati dalla Guardia pretoriana, reparto militare dell’Impero che svolgeva compiti di guardia del corpo dell’imperatore.
I due non andavano assolutamente d’accordo e, tra mille sospetti reciproci, vivevano in ali diverse del palazzo imperiale. Fecero anche battere moneta, ognuno con il proprio nome ma – come nel caso del sesterzio ritrovato a Volterra – con lo stesso rovescio.
Fu un periodo lungo ed orribile per l’Impero romano, breve e terribile per numerosi uomini di potere.
Tutto era iniziato tre anni prima che Balbino e Pupieno fossero squartati.
Nel 235, infatti, un comandante dal fisico gigantesco – si dice che fosse alto poco meno di 2 metri e quaranta, quanto alcuni, a noi contemporanei, giocatori di basket – aveva compiuto un colpo di Stato.
Questo legionario gigante – originario della Tracia, una regione collocata tra Serbia e Bulgaria – fu il primo barbaro a raggiungere la porpora imperiale, grazie al solo consenso delle legioni, senza essere nemmeno cittadino romano.
Nei suoi tre anni di regno non mise mai piede nella capitale, ma fu impegnato in una serie di vittoriose campagne militari. Il potere lo esercitava, nella capitale, attraverso propri uomini fedeli, dal pugno di ferro. Ma ogni possibilità decisionale era stata sfilata dalle mani di Roma. E l’imperatore barbaro assorbiva enorme enormi energie economiche per l’esercito e svolgeva una politica vessatoria e umiliante nei confronti della capitale e delle sue strutture di potere.
Gli italiani, se possiamo usare questo termine che parrebbe inadatto, ma che rende bene l’idea, erano, generalmente, anti Massimino.
Il senato e i romani pensarono pertanto ad una reazione per destituire e uccidere il gigante Massimino, sostituendolo con qualcuno di fidato.
L’occasione parve presentarsi in Africa, nei primi mesi del fatidico 238. durante tumulti contro l’imperatore.
Qui, due nobili fedeli a Roma, l’80enne Gordiano I e il figlio Gordiano II – che si diceva fossero persone miti, dedite alla cultura e in grado di riconosce i diritti del popolo romano – furono acclamati imperatori dai coloni, dal popolo e dalle truppe, mentre l’adolescente Gordiano III – nipote dell’uno e figlio dell’altro – fu designato come successore di entrambi.
Il vecchio Gordiano chiese ed ottenne il placet del Senato romano, mentre il popolo della città di Romolo tumultuava a favore dei nuovi imperatori.
Ma nel volgere di 20 giorni ogni speranza finì. Gordiano II fu sconfitto e ucciso da militari filo-Massimino nella battaglia di Cartagine. Gordiano I, quando venne a sapere della morte del figlio, si suicidò, impiccandosi con una cinta.[ Avevano regnato per soli venti giorni. E Massimino sembrava sempre più gigantesco e imbattibile. Grande e potente come un orco.
Restava il giovanissimo Gordiano III. Il popolo era a lui favorevole. Così i senatori, seguendo la volontà popolare, collocarono il ragazzino tra gli imperatori Balbino e Pupieno. Come dire: lui c’è. E’ giovane, deve imparare. Ma c’è. Il popolo stia tranquillo.
Naturalmente il gigante Massimino non accolse favorevolmente la notizia della nomina di nuovi imperatori e decise di marciare su Roma. Fu una disperata ma efficace reazione quella che unì romani e italici. Massimino fu sconfitto e ucciso con il proprio figlio nel maggio 238.
I due imperatori Balbino e Pupieno, che davano l’idea di volersi assestare – forse tentando di uccidersi a vicenda, diminuendo l’influenza del senato e progettando, ognuno in cuor suo, di eliminare Gordiano III – furono uccisi. Erano troppo pericolosi ed erano serviti per l’azione anti-Massimino. Ora era inutili e potenzialmente dannosi.
Scomparso il gigante, anche i due imperatori non avevano molto più senso di essere. Così, dopo intrighi e congiure di palazzo – alle quali non doveva essere estraneo lo stesso Senato – qualcuno fece il lavoro sporco.
Gordiano III giovanissimo e malleabile, con la “tutela ” del Senato iniziò il suo regno.