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Un cetriolo per la Madonna. Perché i pittori antichi inserivano quella verdura nei dipinti in cui era raffigurata Maria


Carlo Crivelli, Madonna con il Bambino, 1480, tempera e oro su tavola
Carlo Crivelli, Madonna con il Bambino, 1480, tempera e oro su tavola. In alto, un cetriolo tra le mele. In basso Gesù Bambino con un cardellino, nobile simbolo della passione, contro la mostra, segno demoniaco

Carlo Crivelli, ma pure Mantegna come i pittori della scuola ferrarese, utilizzarono molto spesso festoni di frutti, infilzati e legati per decorazione, con il fine di celebrare l’apoteosi della Madonna in trono con il Bambino. Maria era fecondità, gioia, ricchezza.

Gli splendidi troni di questa pittura, con tripudi vegetali,  costituiscono, peraltro, uno dei precedenti della natura morta che, in molti casi, sarebbe stata collezionata volentieri, come genere pittorico, anche dagli altri prelati, tra i quali il cardinale Borromeo, con fini di edificazione religiosa e per amore della pittura.

I frutti appartengono alla tradizione dell’omaggio e dell’abbondanza, ma ogni frutto, per gli eruditi, costituiva un’immagine simbolica, in grado di rinviare a uno o a più passi biblici. Questi festoni appaiono accanto ai troni di Maria, ai bordi delle spalliere o sospesi – come nella Madonna della Vittorie di Mantegna – a quelle strutture mobili o padiglioni, che venivano utilizzati per le grandi feste di corte, all’aperto. (la lettura prosegue sotto)

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Ogni frutto, nei dipinti di Mantegna o di Crivelli, ma anche di numerosi artisti che operavano nel periodo compreso tra il Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento aveva una funzione di richiamare l’attenzione e di stupire lo spettatore meno avveduto – che metteva in relazione, immediatamente la figura di Maria con la prosperità generosa – e, al tempo stesso parlava un linguaggio simbolico più  raffinato per fedeli più preparati culturalmente.

Il cetriolo appare alla destra della Madonna di Carlo Crivelli, accanto a una mela
Carlo Crivelli, Madonna col bambino in trono

 

Carlo Crivelli, Madonna e Bambino, 1480

 

Carlo Crivelli, Madonna della Candeletta, 1492

La mela e il fico – legati al Peccato originale e rappresentati spesso nei dipinti mariani – venivano vinti ed “esorcizzati” da Maria e dal Bambino e non rappresentavano più i frutti proibiti, perché Maria e Gesù erano giunti per ristabilire la pace tra Dio e l’umanità, dopo il Peccato originale.

Le rosse ciliegie parlavano del futuro sacrificio di Cristo e del suo sangue, quanto cardellini e pettirossi, che appaiono spesso in queste scene sacre.

Ciò che risultava imbarazzante – e che poi fu eliminato o numericamente ridotto – fu il cetriolo o cocomero, la cui forma, evidentemente fallica, veniva legata alla verginità di Maria e alla mancanza del Peccato originale, commesso dagli antenati non solo attraverso la consumazione del fico-mela dall’albero del Bene e del Male, ma attraverso il concepimento impuro avvenuto grazie a un rapporto carnale. Pura e feconda. Prospera ma casta. Immacolata concezione.

La rappresentazione del cetriolo diveniva, per opposizione, rappresentazione della purezza di Maria, vissuta tra i rischi del mondo, concepita in purezza e madre-vergine. La pianta del cetriolo e il suo frutto sono poi simboli di fecondità prodigiosa poiché caratterizzati da una sorprendente rapidità di crescita e di riproduzione. A livello popolare era probabilmente questa caratteristica della pianta a comunicare il concetto di una natura feconda della Madonna.

E’ probabile che l’inserimento dell’immagine di un cetriolo nei quadri mariani fosse però giustificata anche dai teologi perché riferibile a un passo del profeta Isaia, che afferma:” E’ rimasta sola la figlia di Sion, come una capanna in una vigna, come un casotto in un campo di cocomeri, come una città assediata”.

Ma il cetriolo è anche un frutto dei sensi. Secondo Rabano Mauro gli ebrei preferirono mangiare cetrioli piuttosto che accettare la manna che veniva inviata dal cielo. E’ inevitabile pensare che il cetriolo sia anche un frutto simbolico legato al genere maschile. I pittori rinascimentali ebbero certamente modo di vedere antiche rappresentazioni legate alla Natura e a Priapo.

Siamo quindi in un’area semantica che ci parla di frutti prodigiosi, di piante che crescono rapidamente. E’ la vita che si rinnova.

Il collegamento del cetriolo con il peccato originale appare evidente nella Madonna della Vittoria di Mantegna.

cetriolo Mantegna madonna della vittoria
La Madonna della Vittoria è una grande pala d’altare tempera su tela (280×166 cm) di Andrea Mantegna, realizzata nel 1496 come ex voto di Francesco II Gonzaga dopo la vittoria di Fornovo, ed è conservata al Museo del Louvre a Parigi.

Cetrioli, dalle dimensioni di angurie, fuoriescono dal festone alla nostra destra. Il nucleo semantico dell’opera è la vittoria compiuta da Maria e da Gesù, sul peccato originale, che appare descritto, con un rilievo, alla base del trono. Il Gonzaga vince sui nemici appellandosi a Colei che ha vinto il Demonio e che ha portato l’umanità al di là del limite del peccato originale.

Carlo Crivelli, Madonna col Bambino, 1480-1483 circa

Secondo alcuni, come avviene nella scheda del dipinto qui sopra, conservato all’accademia Carrara, il cetriolo avrebbe potuto anche rappresentare la Resurrezione. Nel testo di Giona, nella parte in cui descrive l’approdo a terra, dopo i tre giorni e le tre notti trascorsi  nel ventre della balena, Dio fa crescere un cespuglio di ricino, che poi fa seccare. E’ presumibile, secondo alcune fonti, che il frutto biblico del ricino, pianta dell’Africa settentrionale, sia stato sostituito con un cetriolo. In questo caso, la presenza del cetriolo, rievocherebbe Giona, che precede Cristo nella morte – apparente, nel ventre della balena –  e nella Resurrezione. La presenza di più significati conferiva al simbolo un valore superiore, poiché era in grado di aprire più porte semantiche.

Mosaico del IV secolo, Storia di Giona, Aquileia. L’uomo è disteso sotto una pergola con frutti che potrebbero essere cetrioli