di Redazione
Stile arte è un quotidiano di cultura, arte e archeologia fondato nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz
The Vindolanda Trust affida a un messaggio antico il compito di diffondere gli auguri per il 2024, in occasione del giorno di Capodanno.
“Questo messaggio di Capodanno ha più di 1900 anni. – dice la direzione del parco archeologico romano – Fa parte del notevole archivio di tavolette da scrittura (sottili pezzi di legno scritti con inchiostro, simili ad una cartolina) scoperti a Roman Vindolanda. Il frammento è di una lettera di Ostilio Flaviano a Flavio Cerialis, ufficiale comandante della IX Coorte dei Batavi che erano di stanza a Vindolanda intorno al 97-105. Augura a Cerialis “un fortunato e felice anno nuovo”.
Vindolanda era un forte delle truppe ausiliarie costruito dai Romani in Britannia su disposizione di Gneo Giulio Agricola nel 79 d.C., subito dopo la conquista della Britannia settentrionale. Situato a circa due chilometri dalla sezione meglio conservata del Vallo di Adriano, nella regione della Northumbria, il forte aveva principalmente il compito di sorvegliare la Stanegate, una strada che collegava il Tyne al Solway Firth. Le prove provenienti dagli scavi archeologici indicano che il forte fu soggetto a molteplici ricostruzioni nel corso del tempo.
I reperti rinvenuti includono tavolette scritte in antico corsivo romano, fornendo interessanti dettagli sulla vita delle guarnigioni nelle zone di confine. Gli scavi archeologici in questo sito ebbero inizio negli anni trenta del XX secolo.
I Batavi – al cui comandante fu inviata una lettera di auguri – erano una tribù germanica, secondo quanto riportato da Tacito, ed erano affiliati al popolo dei Catti. Risiedevano nella regione corrispondente all’attuale macro-regione dei Paesi Bassi, nell’area del delta del Reno. Nel De bello Gallico di Gaio Giulio Cesare, viene menzionato che erano insediati su un’isola formata dall’incontro dei fiumi Mosa e Waal. Originariamente alleati dei Romani, i Batavi successivamente si unirono all’Impero romano, ottenendo l’esenzione dal pagamento di tributi. La loro unica responsabilità consisteva nel servire nell’esercito romano. La loro abilità distintiva nel combattimento a cavallo li rese così rinomati che, durante l’epoca di Caligola, costituirono un significativo contingente di truppe ausiliarie.
Le tavole di Vindolanda costituiscono una vasta collezione di reperti archeologici rinvenuti nel forte. Questi reperti consistono in sottili tavolette di legno su cui venivano annotati con inchiostro testi di documenti ufficiali e privati durante il I e II secolo. Attualmente, sono in buona parte custodite presso il British Museum. Altre sono negli spazi espositivi del forte romano.
Realizzate con legno di betulla, ontano e querce di origine locale, le tavole di Vindolanda si differenziano dalle tavole cerate, un altro tipo di supporto per la scrittura utilizzato nella Britannia romana, che venivano importate e fabbricate con legno non autoctono. Le tavole presentano uno spessore variabile tra 0,25 e 3 mm, con dimensioni di circa 20 × 8 cm. Venivano incise al centro e piegate in modo da formare diptici su cui si poteva scrivere utilizzando un inchiostro composto da acqua, carbone e gomma arabica. Nel corso degli anni ’70 e ’80 sono state rinvenute quasi 500 tavole. E’ stato l’uso di gomma arabica a conservarle nel tempo. Come la vernice finale di un quadro, la gomma arabica ha isolato la superficie scritta dagli agenti esterni. Originariamente, grazie a questa vernicetta disciolta nei calamai, la scrittura doveva apparire – come è possibile osservare dopo i restauri – di un nero intenso brillante.
La scoperta delle tavolette avvenne nel marzo del 1973. Inizialmente si pensò che i biglietti lignei fossero scarti di lavorazione del legno. Tuttavia, un archeologo le trovò incollate insieme, le separò e vide un testo al loro interno. Nonostante l’ossidazione del legno le avesse rese nere e illeggibili, furono sottoposte a un’analisi fotografica multispettrale condotta da Alison Rutherford dell’Istituto di Medicina dell’Università di Newcastle. Le foto all’infrarosso rivelarono la scrittura agli studiosi, anche se inizialmente la grafia risultò illeggibile. Alan Bowman dell’Università di Manchester e David Thomas dell’Università di Durham studiarono la grafia corsiva, riuscendo a produrre delle trascrizioni.