L'ostentata miopia del cavaliere di Ribera. Status symbol nel ritratto

Il personaggio porta, inoltre, un paio di occhiali da vista, oggetto che appare raramente in un quadro, soprattutto se si considera che nella prima metà del Seicento (l’opera è stata realizzata tra il 1638 e il 1640) gli occhiali non erano utilizzati per tutta la giornata, ma solo nelle occasioni in cui davvero erano necessari: e ciò a causa della loro scomodità.

J. RIBERA detto Lo Spagnoletto, Ritratto di un cavaliere dell'Ordine di Santiago, 1638-1640 ca., olio su tela cm.144 x105, Dallas, Meadows Museum
J. RIBERA detto Lo Spagnoletto, Ritratto di un cavaliere dell’Ordine di Santiago, 1638-1640 ca., olio su tela cm.144 x105, Dallas, Meadows Museum

 
I quadri sono spesso vere e proprie finestre che si aprono su un mondo ormai scomparso, ci raccontano di un tempo passato, ci svelano curiosità storiche. Anche la tela di Jusepe de Ribera con l’effige di Un cavaliere dell’Ordine di Santiago non sfugge a questa logica; in essa, infatti, appare stagliata su sfondo nero una figura solitaria che si fa ritrarre in modo inusuale: indossa una golilla e un collare e regge un bastone, elementi che lo identificano rispettivamente come appartenente all’aristocrazia di corte, all’ordine di Santiago (titolo riservato ai soli spagnoli di nascita) e come membro dell’esercito.


Il personaggio porta, inoltre, un paio di occhiali da vista, oggetto che appare raramente in un quadro, soprattutto se si considera che nella prima metà del Seicento (l’opera è stata realizzata tra il 1638 e il 1640) gli occhiali non erano utilizzati per tutta la giornata, ma solo nelle occasioni in cui davvero erano necessari: e ciò a causa della loro scomodità. Dovuta alla mancanza di supporti per tenerli fermi sul volto (le stanghette saranno inventate solo nel 1727, da un ottico londinese) e alla pesantezza del primitivo e poco adatto tipo di materiale della montatura. Il fatto che il nobile del quadro li indossi, lascia ipotizzare che lo stesso fosse affetto da una forte miopia, che rendesse assolutamente indispensabile il ricorso allo scomodo strumento, divenuto elemento identificativo in grado di conferire al soggetto l’acutezza grifagna di un rapace.

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