di Roberto Manescalchi
In questo mondo, ormai costantemente collegato alla rete, in cui le notizie false (fake news), nonostante autorevoli ed eccellenti smentite, diventano virali sempre più spesso ed in grado di raggiungere anche qualche milione di utenti, purtroppo non sempre in possesso di adeguate e sofisticate chiavi di lettura che consentirebbero un sano discernimento, si è persa la cognizione della realtà dei fatti. Il vero è ormai sostituito e soppiantato dal percepito.
Una volta si supponeva che il propalato fosse ad arte ora avviene sempre più spesso che la divulgazione avvenga anche per manifesta ignoranza di chi opera e partecipa alla scena virtuale. Umberto Eco ebbe a sostenere che “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. E’ l’invasione degli imbecilli”. Mi capita così di constatare il come la storia dell’arte dipenda sempre più spesso da macellai e non da chirurghi. Capita che in rete Piero della Francesca venga spiegato dal Sindaco e o non dal direttore, ma dalla custode di un Museo che, ovviamente, sono due personaggi presi a caso, ma che tutti insieme producono tanto di quel pattume che ormai è già impossibile nettare. Il prossimo anno ci saranno le celebrazioni del quinto centenario della morte di Leonardo e su di lui scriveranno tutti. La bibliografia enorme ed impossibile di verifica compiuta per un umano potrebbe addirittura raddoppiare in pochi mesi.
Ci saranno testi in cui si tratterà del manifestamente falso, del verosimile ed, ovviamente, del vero. Il tutto impossibile da leggere nel corso di una vita sola e anche con il conforto e la speranza di una eventuale metempsicosi… consideriamo che sarebbe impossibile poter continuare a leggere in veste di vegetale o bestia e ci sovviene la domanda: che studiamo a fare? Bastardo lo sono, non c’è bisogno che rinasca, e allora a vostro beneficio e muovendo da Repubblica di Mercoledì 14 novembre 2018 dove Dario Pappalardo si interroga sulla fine del Salvator Mundi di Leonardo (qui sotto)
vi voglio brevissimamente parlare dell’evoluzione del concetto di falso nella storia dell’arte. Anzi salto la brevissima storia che avevo in mente per affermare, senza se e senza ma, che il falso, in virtù del reale, del percepito e del divulgato… non esiste più! E’ ormai tutto vero! Il Salvator Mundi che il quindici novembre 2017 (già trascorso un anno!) dopo poco più di diciotto minuti è stato battuto da Christie’s per 450 milioni di dollari e qualche spicciolo è verissimo e meraviglioso. Lo è per chi lo ha restaurato poco prima della vendita la dottoressa Dianne Dwyer Modestini. Stando all’estensore dell’articolo su Repubblica la stessa sarebbe sinceramente preoccupata per le sorti della tavola di noce (era noce e non pioppo o pero e o ha sbagliato il giornalista che l’ha impreziosita con una nobile essenza?) di cui non si sa più niente dal giorno dell’asta? Non è nostro intento ripercorrere qui le sorti e le vicende del dipinto e poi ci ha certamente e con rigore già pensato, per i tipi di Utet, il raffinato e sofisticato intellettuale che risponde al nome di Pierluigi Pansa in: “Storia, intrighi e misteri del quadro più costoso del mondo”. Libro che non abbiamo ancora letto che però leggeremo presto in virtù della fiducia accordata all’autore.
Detto di Modestini passiamo a Frank Zöllner (università di Lipsia) e Mark Daley (Art Watch Uk) secondo i quali sembra che Leonardo avrebbe solo abbozzato il Salvator Mundi, ma la realizzazione dell’opera sarebbe quasi esclusivamente opera di suoi non meglio precisati allievi. Ci sarebbero poi anche Matthew Landrus, (Oxford) secondo cui la mano sarebbe quella di Bernardino Luini e Maurizio Bernardelli Curuz (Stile Arte… si proprio questo giornale) che propende per Giovanni Antonio Boltraffio ricalcando, tra l’altro, – ma senza che lui l’avesse vista e pertanto giungendo all’attribuzione esclusivamente con dati stilistici – una vecchia e più probabile, attribuzione degli esperti di Sotheby’s. Nel 1958, infatti, la tela, venne da loro battuta con tale attribuzione e raggiunse l’iperbolica cifra di 45 sterline… avete capito bene! In linea di massima concordo con Bernardelli Curuz e non perché mi ospita (di quello chi mi conosce sa che mi frega men che niente), ma perché, dopo che ha identificato, assieme ad Adriana Conconi Fedrigolli un centinaio di disegni del giovane Caravaggio (la scoperta del secolo) lo considero tra i più geniali interpreti della Storia dell’Arte viventi (per fortuna ancora vivente anche se, con la vicenda del Giovane Caravaggio, me lo hanno quasi ammazzato). Ho detto in linea di massima e l’ho detto perché, pur riconoscendo una matrice riconducibile a Boltraffio, a me pare: “un’impostura… un dipinto che è totalmente morto… inerte, verniciato, lurido, ripulito e ridipinto così tante volte che sembra, a seconda dei giorni, nuovo e vecchio”. Stante che il dipinto è stato certificato per Christie’s da: Carmen Bambach (Metropolitan Museum), Pietro Marani e Maria Teresa Fiorio (storici dell’arte milanesi che tutti conoscono), Martin Kemp, docente emerito a Oxford (ad Oxford sembrano avere pensieri diversi – io sto sempre dalla parte del più debole e, se mai, mi siedo sempre dalla parte del torto assieme a Bertold Brecht e di fronte a Martin Kemp senza alcun timore reverenziale)… voi penserete che sia matto! Concordo assolutamente con voi, ma mi godo la compagnia di Jerry Saltz (critico d’arte ed editorialista del New York Magazine che la pensa esattamente come me (basta leggerlo ed ovviamente di lui non dico che sia matto nel modo più assoluto. Il virgolettato sopra era il suo nella mia, certamente libera, ma non sbagliata, traduzione).
Ha compreso dott. Carlo Pepi perché la deve finire con i falsi Modigliani? La deve finire con i falsi Modigliani perché alla fine, a forza di arrabbiarsi, ne risentono le coronarie… io sono un po’ più giovane, ma la capisco bene. Più giovane, ma conduco vita insana e rischio di arrabbiarmi e che mi saltino quanto e più di Lei. Leonardo, Boltraffio, Luini, 450 milioni da Christie’s e 45 sterline da Sotheby’s… in questo mondo confuso è ormai tutto vero e tutto falso senza remissione dei peccati. Perché ho tirato in ballo Pepi, commercialista, autodidatta in arte e maggior esperto (autoproclamato, ma concordo) di Modigliani al mondo? Perché dopo i circa venti presunti falsi di Genova, quelli di Spoleto (indagini e processi che mi pare ancora in corso) ha denunciato in questi giorni ulteriori due presunti falsi che sarebbero presenti nell’attuale mostra di Palermo: “Modigliani Experience, Les Femmes” a Palazzo Bonocore, dal 3 novembre 2018 al 31 marzo 2019. I falsi secondo Pepi che l’ha gridato ai quattro venti sarebbero i ritratti di Jeanne e Hannalore (qui sotto).
A Pepi rispondono il curatore della mostra Alberto D’Atanasio ed il Presidente (mi pare) degli Archivi Modigliani di Spoleto, Luciano Renzi: “La storia dell’arte è una materia seria, è per tutti ma non è di tutti. La storia dell’arte è impegno scientifico e per affermare che quei quadri sono attribuibili a Modigliani abbiamo interpellato i migliori laboratori di analisi, i migliori restauratori che hanno vagliato i supporti, gli strati preparatori e le pellicole pittoriche. Sono stati messi a confronto ben 4 laboratori diversi, non facciamo a occhio perché abbiamo rispetto della storia dell’arte, della civiltà e soprattutto vogliamo che le nuove generazioni possano apprendere il vero senso degli eventi passati. Pertanto, la mostra di Palermo è importante anche perché ristabilisce il rapporto con il metodo scientifico. Si commenta da sé il fatto che ci possa essere qualcuno – conclude D’Atanasio – che possa trattare un argomento così serio e di alto rilievo scientifico con un post su Facebook”
“Intorno a Modigliani da anni si sono sviluppate guerre tra critici e faccendieri di tutto il mondo – osserva Luciano Renzi, presidente dell’Istituto Modigliani – che hanno distrutto l’immagine dell’artista. Speriamo che si accetti l’approccio tecnologico e scientifico per la valutazione delle opere d’arte e che finisca la «dittatura dell’occhio» che pretende di poter arrivare dove l’occhio non può arrivare”, conclude Renzi.
Secondo me, ma io abbiamo detto che sono matto, basterebbe la constatazione che Pepi bazzica in quel di Livorno e gli altri operano a Spoleto per capire chi ha ragione (ci sono, purtroppo per qualcuno e senza nulla togliere a Spoleto che è una meraviglia, i luoghi deputati e Spoleto non mi pare deputato per Modigliani. Tuttavia non è questo il punto. Il punto è che, a volte, la scienza pone parecchi più problemi di quelli che pensa di aver risolto ed io non discuto nemmeno del fatto che i quadri in questione possano essere autentici… potrà sempre venir fuori una vecchia foto di Modigliani intento a dipingerli (ne dubito assai). Il problema è che sono talmente brutti, sordi, pasticciati e privi di armonia e vita che, se li ha fatti Modigliani, li ha fatti sotto l’effetto di droga, ubriaco di un misto di vino e assenzio e con la febbre da quaranta in su. Sono talmente brutti che non me li metterei in casa neanche se mi pagassero e non al prezzo di 20 milioni cadauno (sembra essere, più o meno, il loro valore). Fate presente anche questo (che a me sembrano fare veramente schifo) alle nuove generazioni che del Phi discertavano i greci antichi e di divina proporzione Pacioli e Leonardo… mica cincirinella. Modigliani, ve lo assicuro, indipendentemente dalle analisi e dalla chimica, aveva – riscontrabile in altre opere e non ad occhio a misurarle – una sequenza di decimali in testa per la determinazione dell’esatto valore di Phi impressionante e se non si comprende questo si più serenamente cambiare mestiere. Eppure la mostra di Palermo è targata MIBAC le opere avranno di sicuro il loro bel catalogo ecc. ecc. e quindi i due ritratti sono veri e o lo diventeranno prima o poi… ça va sans dire. Non se la prenda dottor Pepi uno di questi giorni passo da Livorno e ci andiamo a fare un cacciucco maxi da Fulvio Bani al Sottomarino che quello è buono di sicuro… offro io se permette. Poi camminiamo per smaltire e ci facciamo un poncettino ai Quattro Mori intanto che mi racconta la storia delle teste false di Modigliani e quelle sono false che ci sono i rei confessi… o no? A dir la verità la conosco benissimo che ho una delle poche copie superstiti del catalogo che stamparono in fretta e furia per poi non distribuire e che finì al macero dopo che i buontemponi di allora – a lei non l’avevano fregato – replicarono in televisione con il black and deker. Chissà se la storia dell’arte che è per tutti ma non di tutti vale anche per i fratelli Vera e Dario Durbé e Giulio Carlo Argan? Chissà cosa ne penseranno dei Durbé e di Argan quelli di Spoleto? Non me ne voglia nessuno tanto ormai non c’è più il vero o il falso è, ineluttabilmente, tutto vero e tutto falso assieme anche se io, inguaribile romantico, ho in testa un’idea diversa sia di Jeanne che di Hannalore!