Si scava nel mistero della casa dei riti magici di Pompei. Mani di bronzo, immagini di lucertole e serpenti

Si ipotizza che dal 62 d.C. fino al momento della sua distruzione causata dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., l'edificio fosse destinato alle celebrazioni del culto di origine orientale del dio Sabazio, venerato anche dal proprietario di una domus vicina, che possedeva un busto in bronzo del dio

Grazie a una collaborazione tra l’Università di Pisa e la Scuola IMT Alti Studi Lucca, è iniziata la nuova campagna di indagine archeologica del progetto “PRAEDIA” (Pompeian Residential Architecture: an Environmental, Digital, and Interdisciplinary Archive), che dallo scorso anno si concentra sul complesso dei “Riti magici” a Pompei. Lo annuncia UnipiNews, il portale informativo dell’Università di Pisa.

L’obiettivo della nuova campagna è quello di proseguire nel lavoro avviato nel 2021 e verificare la natura e la cronologia di alcune importanti testimonianze monumentali riferibili ad almeno due fasi architettoniche di età ellenistica e proto-imperiale, ossia anteriori all’unificazione del complesso avvenuta dopo il sisma del 62 d.C. Parallelamente, una nuova campagna di indagini geofisiche, condotte in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, proseguirà nella mappatura del sottosuolo della Regio II, estendendosi anche all’area della Palestra Grande.

Si tratta di una casa adibita all’esercizio di riti magici per adepti e avventori. Il nome stesso del complesso si deve al ritrovamento di due “mani magiche” in bronzo, ispirate al dio della vegetazione, Sabazio, e di due vasi sacrificali in terracotta.

I vasi stessi erano decorati a rilievo con immagini di lucertole, serpenti, testuggini, grappoli d’uva e pane che alludevano alle divinità agrarie e alle forze della natura, che qui venivano magicamente ammansite e propiziate. In una stanza situata nei pressi dell’ingresso è individuata la sala destinata ad incontri propiziatori e ai banchetti votivi. Nel cortile vi era un’ara dietro cui si apriva l’esedra destinata a riti magici, come spiegherebbero alcuni graffiti.

La campagna di scavo 2022 è diretta da Silvia Martina Bertesago (Parco Archeologico di Pompei) e coordinata da Anna Anguissola (Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa) e da Riccardo Olivito (Scuola IMT Alti Studi Lucca). Lo staff è costituito inoltre da Chiara Tarantino (Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa), Emanuele Taccola (Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, laboratorio LaDiRe) e Sara Lenzi (Università di Pisa). Con loro sono impegnati studenti e collaboratori dell’Università di Pisa (Sofia Casini, Lucrezia Mastropietro, Daniele Renna) e di università nordamericane (Samuel Gagnon-Smith, University of British Columbia e Jai-Ha Ro, University of Pennsylvania), specializzandi in archeologia (Dominika Walentyna Kaszubska, dell’Università di Padova, e Angelica Tortorella, dell’Università del Salento), dottorandi dell’Università di Pisa (Antonio Monticolo), della Scuola IMT Alti Studi Lucca (Nicole Crescenzi, Rodolfo Gagliardi e Caterina Lobianco) e della Scuola Superiore Meridionale di Napoli (Lorenzo Toscano).

La struttura del Complesso dei “Riti magici”, messa in luce tra il 1953 e il 1958, deve il suo nome – come dicevamo – ad alcuni oggetti rinvenuti al suo interno, in particolare due mani in bronzo decorate con figure animali e vegetali, due crateri con la medesima simbologia e due riproduzioni di serpenti in ferro. Inizialmente si pensò che queste suppellettili appartenessero a una sibilla, che qui svolgeva i propri riti. Studi recenti hanno invece ipotizzato che l’edificio, dal 62 d.C. fino al momento della sua distruzione causata dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., fosse destinato alle celebrazioni del culto di origine orientale del dio Sabazio, venerato anche dal proprietario di una domus vicina, che possedeva un busto in bronzo del dio. In effetti, questo vasto complesso, composto da tre ampie aree aperte sulle quali si aprono piccole stanze secondo una planimetria peculiare, può essere difficilmente identificato come semplice domus.

Oltre che per quest’ultima fase di vita, il Complesso dei Riti Magici si presenta interessante per tutta la sua storia edilizia. Si è generalmente supposto, infatti, che questa singolare struttura si imposti su un’area originariamente occupata da una serie di “case a schiera” costruite fra il III e il II secolo a.C., successivamente accorpate a formare un’abitazione più grande, ristrutturata e riorganizzata a più riprese nei secoli. Proprio la ricostruzione di questa storia è la finalità della nuova campagna di ricerca del PRAEDIA Project.

Iniziato nel 2016, il PRAEDIA Project è frutto di un programma di collaborazione tra il Parco Archeologico di Pompei, la Scuola IMT Alti Studi Lucca – Centro LYNX, il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), con il coordinamento di Maria Luisa Catoni (Scuola IMT Alti Studi Lucca) e Massimo Osanna (già direttore generale del Parco Archeologico di Pompei). Nel triennio 2018-2020 PRAEDIA ha inoltre coinvolto i membri dello SMART Lab della Scuola Normale Superiore.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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