Un mosaico a tessere bianche e nere che rappresenta un colombo che si abbevera a un vaso tipo kantharos – una coppa per bere, diffusa soprattutto in ambito greco ed etrusco – è stato trovato in queste ore nel sito della via Appia, in fase di scavo da parte degli archeologi dell’Università di Ferrara. La ricerca riguarda un settore inesplorato e significativo perché costituisce il primo tratto della via, all’esterno delle mura aureliane. Ai lati della strada, come si sa, erano collocate le sepolture. Gli archeologi stanno operando su una di queste strutture sepolcrali, a colombario, in cui erano collocati più defunti.
Il mosaico decorava un ambiente funerario. Poi, a causa di modifiche successive della struttura, il mosaico fu suddiviso. Da un lato la parte figurativa – che rappresenta un corpo lieve che si abbevera alla fonte dell’eterno – dall’altra una semplice composizione astratta. Copiosi i materiali portati alla luce, tra i quali lapidi – una delle quali scoperta nelle ore scorse, recante l’epigrafe di un sepolcro in cui furono collocati i resti di una donna e del figlio – ed elementi decorativi.
L’annuncio del ritrovamento del mosaico è stato dato oggi dal presidente della Commissione Turismo di Roma Capitale, Mariano Angelucci e dal gruppo di archeologi ferraresi, che operano nell’ambito del gruppo via Appia 39.
“Questa mattina ho effettuato un sopralluogo presso il civico 39 – dice Angelucci – dove è in corso la terza campagna di scavo nell’area del cosiddetto Sepolcro di Geta, un sito di inestimabile valore storico e culturale nel cuore del Parco dell’Appia Antica. Tra i reperti straordinari rinvenuti, sono stati scoperti materiali da costruzione, stucchi e intonaci dipinti, mescolati agli arredi e agli oggetti d’uso”.
“Una recente scoperta include una porzione di pavimento in mosaico con tessere bianche e nere, appartenente a un edificio funerario, che ci riporta indietro di circa 1800 anni. – sostiene Angelucci – Questo progetto archeologico, avviato solo un anno fa in un’area precedentemente occupata illegalmente, è un risultato straordinario reso possibile dalla sinergia tra varie istituzioni. Fin dall’inizio, il cantiere di scavo è stato aperto al pubblico, permettendo a tutti di vivere l’esperienza di un archeologo sul campo”.
“Le attività didattiche e di ricerca coinvolgono istituzioni e cittadini, promuovendo un’archeologia partecipata che quest’anno si estenderà anche ai bambini. – conclude Angelucci – Un’esperienza immersiva a 360° che consente di valorizzare il ricco patrimonio artistico e archeologico di questa area. Ringrazio il laboratorio ECeC dell’Università degli Studi di Ferrara, l’assessora Alfonsi, l’Amministrazione Capitolina, il Ministero della Cultura e la Fondazione Patrum Lumen Sustine – PLuS Stiftung e l’Associazione L’Italia Fenice per il loro impegno nel finanziare questo progetto. Come Amministrazione, continueremo a sostenere iniziative simili, nell’ottica di una completa valorizzazione di questo straordinario tratto dell’Appia Antica, troppo a lungo dimenticato. Un grazie a tutti coloro che rendono possibile questo viaggio nel passato”.