di Redazione
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Londra, 22 dicembre 2023 – Secondo un recente studio condotto da ricercatori dell’UCL – University College London – antichi mattoni mesopotamici sui quali sono incisi i nomi dei sovrani di epoche diverse hanno rivelato informazioni cruciali su un enigmatico fenomeno nell’andamento del campo magnetico terrestre avvenuto 3.000 anni fa.
Il lavoro, pubblicato nelle ore scorse negli Atti della National Academy of Sciences (PNAS), spiega come le variazioni nel campo magnetico terrestre siano rimaste impresse nei granelli di ossido di ferro contenuti nei mattoni di argilla antichi, consentendo agli scienziati di ricostruire tali cambiamenti attraverso i nomi dei sovrani incisi su di essi.
Il team auspica che l’applicazione di questa tecnica, conosciuta come “archeomagnetismo” e finalizzata a individuare tracce del campo magnetico terrestre in manufatti archeologici, possa arricchire la comprensione storica di questo campo e contribuire a una datazione più accurata di manufatti privi di materiali organici.
Il ruolo cruciale del campo magnetico terrestre nella preservazione della vita è ben noto, poiché funge da scudo contro i pericolosi fenomeni spaziali. Tuttavia, nuovi studi indicano che la sicurezza fornita dal campo magnetico è più imprevedibile di quanto inizialmente ipotizzato. Attualmente, sono evidenti alcuni squilibri nel campo magnetico, come la diminuzione del 10% dell’intensità nella regione dell’Atlantico meridionale. Questo fenomeno ha impatti diretti sulle attività umane, ad esempio sul funzionamento dei satelliti in orbita sopra quella zona. Ulteriori ricerche hanno rivelato un notevole cambiamento avvenuto 3000 anni fa nella regione del Medio Oriente, durante il quale il campo magnetico è più che raddoppiato.
Questo repentino incremento, superiore al 100%, è durato circa 30 anni prima di tornare alla situazione precedente. Tuttavia, secondo le evidenze archeologiche, le perturbazioni sono proseguite fino al 550 a.C. Si ipotizza che questo evento sia stato causato da un flusso di ferro nel nucleo liquido della Terra, che era 5-10 volte più veloce del normale, sostenendo la teoria dei geologi.
Il campo magnetico terrestre viene generato a una profondità di 3000 km dalla superficie, nel nucleo liquido del pianeta. I moti convettivi del ferro fuso in questa regione sono sia la fonte del campo magnetico che il motore della tettonica delle zolle. Questo evento di 3000 anni fa rappresenta una delle variazioni più drastiche mai scoperte nel campo magnetico terrestre, e la sua unicità è evidenziata dal fatto che la nostra comprensione del geomagnetismo si basa su soli 200 anni di rilevamenti diretti, un periodo estremamente breve su scala geologica.
Il professor Mark Altaweel, coautore dello studio presso l’Istituto di Archeologia dell’UCL, ha sottolineato: “Solitamente ci affidiamo a metodi di datazione come il carbonio-14 per stabilire la cronologia nell’antica Mesopotamia. Tuttavia, oggetti comuni come mattoni e ceramica, spesso privi di materiale organico, sono difficili da datare. Questo lavoro fornisce ora una fondamentale linea guida per la datazione, consentendo ad altri di beneficiare della datazione assoluta mediante l’archeomagnetismo”.
Il campo magnetico terrestre varia nel tempo, lasciando un’impronta distintiva sui minerali sensibili al magnetismo. Analizzando la firma magnetica nei granelli di ossido di ferro in 32 mattoni provenienti da siti mesopotamici, il team ha rilevato i cambiamenti nel campo magnetico registrati quando i mattoni furono cotti migliaia di anni fa.
Ogni mattone riportava il nome del sovrano dell’epoca, consentendo agli archeologi di datare approssimativamente il manufatto. La combinazione del nome inciso e della forza magnetica misurata ha permesso di tracciare la storia dei cambiamenti nel campo magnetico terrestre.
I ricercatori hanno confermato l’esistenza dell'”anomalia geomagnetica dell’età del ferro levantina”, verificatasi circa tra il 1050 e il 550 a.C., durante la quale il campo magnetico terrestre risultava eccezionalmente forte intorno all’attuale Iraq, sebbene le ragioni di tale fenomeno restino oscure. La stessa anomalia è stata rilevata anche in altre parti del mondo, come Cina, Bulgaria e Azzorre, ma le informazioni provenienti dal Medio Oriente meridionale erano limitate.
Il professor Matthew Howland della Wichita State University, autore principale dello studio, ha affermato: “Confrontando manufatti antichi con le condizioni storiche del campo magnetico, possiamo stimare le date di oggetti riscaldati in epoche passate”.
Per misurare i granelli di ossido di ferro, il team ha estratto con cura frammenti da mattoni antichi e utilizzato un magnetometro per misurare con precisione la loro forza magnetica.
Questa metodologia offre agli archeologi un nuovo strumento per datare manufatti antichi, poiché la forza magnetica dei granelli di ossido di ferro può essere comparata con il campo magnetico storico conosciuto della Terra. Tale approccio fornisce una risoluzione temporale migliore rispetto alla datazione al radiocarbonio, consentendo una datazione più precisa di manufatti che risalgono a periodi che duravano anni o decenni.
Inoltre, la datazione archeomagnetica può aiutare gli storici a identificare con maggiore precisione i regni di sovrani antichi la cui cronologia potrebbe essere stata ambigua. La tecnica del team è risultata coerente con la “cronologia bassa” riconosciuta dagli archeologi.
Il team ha inoltre evidenziato che in cinque campioni risalenti al regno di Nabucodonosor II (604-562 a.C.), il campo magnetico terrestre sembrava subire cambiamenti significativi in un breve lasso di tempo, corroborando l’ipotesi di picchi intensi e rapidi. La professoressa Lisa Tauxe della Scripps Institution of Oceanography, coautrice dello studio, ha sottolineato l’opportunità unica fornita dai resti archeologici mesopotamici per esaminare i cambiamenti del campo magnetico con elevata precisione temporale.
Lo studio è stato finanziato dalla Fondazione scientifica binazionale USA-Israele.