303 nuovi enormi disegni inquietanti scoperti tra monti e altipiani dall’intelligenza artificiale. Nessuno vi ha mai detto a cosa servivano davvero. Rispondono gli archeologi

I geoglifi di Nazca, incisioni giganti sul terreno desertico, sono tra le più misteriose creazioni dell’antichità. Questi disegni, che risalgono a circa 2.000 anni fa e coprono vaste aree nel sud del Perù, raffigurano animali, figure geometriche e creature immaginarie. Visibili solo dall’alto, continuano a sfidare gli studiosi sulla loro funzione e significato. Si pensa che fossero legati a pratiche religiose o astrologiche, ma il loro vero scopo rimane un enigma.

 @ Handout / Yamagata University Institute of Nasca

Le nuove scoperte: 303 geoglifi grazie all’intelligenza artificiale

Nel settembre 2024, un team di ricercatori giapponesi dell’Università di Yamagata ha annunciato una straordinaria scoperta: l’individuazione di 303 nuovi geoglifi, raddoppiando così il numero di quelli conosciuti. Questo risultato è stato raggiunto grazie all’uso dell’intelligenza artificiale (AI), una tecnologia che ha accelerato enormemente il processo di individuazione.

L’AI ha analizzato immagini aeree ad alta risoluzione, permettendo di identificare anche i geoglifi più piccoli, che spesso sfuggono all’occhio umano. La combinazione di immagini satellitari, fotografie aeree e algoritmi sofisticati ha consentito una mappatura precisa e rapida, completata in soli sei mesi.

Come funziona l’AI nella ricerca dei geoglifi

 @ Handout / Yamagata University Institute of Nasca

Il processo tradizionale di scoperta dei geoglifi era lungo e laborioso. Gli archeologi dovevano esaminare vaste porzioni di terreno manualmente o attraverso immagini aeree, un’operazione che poteva richiedere decenni. Con l’intelligenza artificiale, i ricercatori dell’Università di Yamagata hanno potuto analizzare grandi quantità di dati geospaziali in breve tempo, riducendo significativamente i margini di errore.

In particolare, l’AI si è dimostrata efficace nel rilevare geoglifi di piccole dimensioni e in rilievo, spesso trascurati nelle analisi tradizionali. La tecnologia ha permesso di scoprire nuovi motivi, inclusi animali selvatici, figure umanoidi stilizzate e camelidi domestici. Questi ultimi, appartenenti alla famiglia dei cammelli, rappresentano un elemento iconografico chiave nella cultura di Nazca, che si estese tra il 200 a.C. e il 700 d.C.

L’importanza di queste scoperte

Il lavoro degli scienziati giapponesi rappresenta una svolta nel campo dell’archeologia, poiché dimostra come l’intelligenza artificiale possa accelerare la scoperta di patrimoni storici anche in siti già ampiamente studiati. I 303 nuovi geoglifi scoperti portano a circa 733 il totale delle incisioni conosciute nella Pampa di Nazca, un’area dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.

Questa scoperta è stata pubblicata su una rivista scientifica di prestigio, Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), e ha sottolineato come l’uso di strumenti tecnologici avanzati possa portare a nuove scoperte in archeologia anche in luoghi già noti. L’analisi delle immagini aeree e satellitari tramite AI ha dimostrato di essere un metodo rapido ed efficiente per rilevare geoglifi che altrimenti potrebbero essere sfuggiti alla vista degli archeologi.

I geoglifi di Nazca: un mistero irrisolto

I primi geoglifi di Nazca furono scoperti nel 1927, e da allora hanno attirato l’attenzione di ricercatori e turisti di tutto il mondo. Nonostante le numerose teorie, il motivo per cui la civiltà Nazca abbia realizzato queste opere monumentali rimane un mistero. Alcuni studiosi suggeriscono che avessero una funzione astronomica, altri che fossero collegati a rituali religiosi o di culto delle acque.

Le nuove scoperte, grazie all’AI, potrebbero fornire ulteriori indizi su questi aspetti. Ad esempio, la varietà di figure appena rilevate, tra cui animali selvatici e camelidi, potrebbe indicare un legame con le pratiche di allevamento o di caccia, oppure con il culto della fertilità.

I geoglifi come marcatori territoriali

Una delle teorie più interessanti riguardo ai geoglifi di Nazca è che potessero servire come marcatori territoriali. Questa ipotesi si basa sull’idea che le linee e le figure incise nel deserto fossero utilizzate per delimitare confini tra gruppi o per segnalare aree di importanza economica o rituale. Alcuni studiosi suggeriscono che i geoglifi fossero legati a percorsi cerimoniali o aree agricole sacre, forse associati alla venerazione dell’acqua, un elemento cruciale nella cultura Nazca, vista la scarsità di risorse idriche nel deserto.

Secondo questa teoria, i disegni potrebbero rappresentare simboli di gruppi sociali o tribù locali che abitavano la regione, segnalando il controllo su specifiche risorse o terre. Le figure animali, come uccelli e rettili, potrebbero riflettere totem o simboli identitari legati alla fauna locale.

Visibilità dei geoglifi: davvero invisibili dalla terra?

Uno degli aspetti più affascinanti dei geoglifi di Nazca è la loro visibilità. Spesso si dice che siano visibili solo dall’alto, un’affermazione vera in parte, ma non del tutto corretta. Le figure più grandi, come il colibrì, la scimmia o il condor, sono indubbiamente più facili da apprezzare dall’aria, grazie alle loro enormi dimensioni che si estendono per centinaia di metri. Tuttavia, alcune linee e figure più piccole possono essere viste anche dal livello del suolo, soprattutto se l’osservatore si trova su una collina o una zona rialzata.

Le osservazioni dall’alto sono essenziali per cogliere l’interezza e la complessità delle figure, ma alcune parti dei geoglifi sono visibili anche camminando nel deserto. Tuttavia, il punto centrale rimane che solo con l’avvento del volo umano è stato possibile apprezzare pienamente queste creazioni.

Questa “invisibilità” parziale ha portato alcuni ricercatori a ipotizzare che i geoglifi non fossero stati progettati per essere visti da occhi umani, ma fossero piuttosto offerte o messaggi rivolti agli dei del cielo, forse per attirare la pioggia o altre benedizioni dall’alto.

Conclusioni

I geoglifi di Nazca continuano a suscitare domande e teorie, ma la possibilità che fungessero da marcatori territoriali o fossero destinati a una visibilità “divina” sottolinea la complessità della cultura che li ha creati. Anche se non tutti sono completamente invisibili dalla terra, la loro vera bellezza si svela principalmente quando osservati dall’aria.

Condividi l'articolo su:
Redazione
Redazione

Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa