Il terreno è estremamente umido. Non è solo la pioggia, costante. Sono gli antichi capillari della zona paludosa che si riattivano. Lo scavo procede a livello di saggio. Che si troverà, laggiù? Segni di occupazioni antiche. Improvvisamente dal terreno fradicio è visibile il corpo di un legno lavorato.
Tra le valli paludose delle Arne Moors, gli archeologi di Wessex Archaeology hanno riportato alla luce un reperto straordinario: una pala o vanga di legno dell’età del Bronzo, uno degli strumenti in legno più antichi e completi mai scoperti in Gran Bretagna. Questa scoperta è emersa durante i lavori per il progetto di habitat compensativo The Moors at Arne, ideato dall’Environment Agency e realizzato dalla società Kier in collaborazione con RSPB e Natural England.
Intanto spieghiamo brevemente cosa significa habitat compensativo.
Significa creare nuove zone naturali – si interviene soprattutto per creare aree paludose, che erano state oggetto di bonifica e che ora sono fondamentali da recuperare per fauna e flora – volta a creare nuove aree umide costiere, mirate a compensare la perdita di habitat naturale nelle zone circostanti, soprattutto quelle minacciate dall’innalzamento del livello del mare.
Nel corso degli studi e degli scavi ricognitivi è venuta alla luce l’antichissima pala. E’ possibile che anch’essa abbia contribuito a creare canali di drenaggio attorno ai rifugi stagionali dell’età del Bronzo – forse per ricavare terreno coltivabile – e che sia stata abbandonata in uno dei canali. Ciò probabilmente avvenne in seguito alla rottura di una piccola parte di essa. Altra ipotesi è che la pala fosse usata per recuperare torba, un materiale organico naturale composto da muschi, erba e piante parzialmente decomposti in ambienti molto umidi e poveri di ossigeno, come le torbiere. Si forma in migliaia di anni e, un tempo, era prelevata, fatta essiccare e utilizzata per riscaldare la casa e per cuocere i cibi.
Come si conserva il legno per millenni: il ruolo delle condizioni ambientali
Gli oggetti in legno, a differenza di quelli in pietra o metallo, si deteriorano velocemente se esposti all’aria e agli agenti atmosferici. Tuttavia, alcuni ambienti specifici – come quelli caratterizzati da terreni saturi d’acqua o da temperature estremamente basse – possono creare le condizioni ideali per la loro conservazione. La scoperta della vanga nelle paludi d’acqua stagnante delle Arne Moors non è casuale: il terreno inzuppato di questo sito, posizionato ai margini del porto di Poole, ha permesso al legno di restare sigillato dal contatto con l’ossigeno, che altrimenti ne avrebbe causato la decomposizione.
L’acqua presente nel suolo impedisce la proliferazione dei microrganismi che normalmente distruggono i materiali organici, creando un ambiente quasi asettico. Così, la vanga è rimasta sepolta per millenni, protetta dai cicli naturali di degrado. La torba, in particolare, contiene sostanze antibiotiche che accrescono l’isolamento dai batteri e dalle muffe. Analogo è il comportamento della torba nei confronti del corpo umano. Sorprendenti ritrovamenti di corpi antichissimi avvengono in questi ambienti, come dimostrano anche ritrovamenti e studi recenti.
Una vanga di 3.500 anni: un oggetto prezioso e ben conservato
Secondo le analisi preliminari, la datazione al radiocarbonio indica che la vanga risale a circa 3.500 anni fa, collocandola nell’età del Bronzo medio. Questo oggetto, realizzato da un singolo pezzo di quercia massiccia, è stato modellato con cura e richiedeva molte ore di lavoro manuale per essere completato, rendendolo uno strumento prezioso e versatile per il suo antico proprietario.
L’archeologo Edward Treasure, incaricato di analizzare il reperto, ha affermato: “Nel momento in cui la vanga ha iniziato a essere scoperta, il team sul posto sapeva che si trattava di un oggetto molto speciale. Ora che siamo in grado di analizzarla qui in laboratorio, stiamo iniziando a svelarne la storia. È incredibilmente emozionante e non vediamo l’ora di scoprire di più man mano che il processo si svolge”.
L’uso della pala e la vita delle popolazioni antiche
Il sito di ritrovamento non sembra indicare un insediamento stabile, il che ha portato gli archeologi a ipotizzare che le popolazioni dell’età del Bronzo utilizzassero le Arne Moors stagionalmente, probabilmente per sfruttare le risorse naturali disponibili. In estate, il territorio si prosciugava parzialmente, fornendo pascoli per il bestiame e risorse come la torba, i giunchi per la tessitura e pesce e fauna selvatica.
La pala stessa, trovata all’interno di un fosso circolare, potrebbe essere stata impiegata per scavare canali di drenaggio o per estrarre la torba, un combustibile prezioso. Greg Chuter, archeologo dell’Environment Agency, ha commentato: “Stiamo lavorando in un vasto paesaggio dominato dalla natura, con ben poche tracce in superficie che suggeriscano attività umane. Tuttavia, appena sotto il suolo, abbiamo scoperto prove che testimoniano la capacità degli esseri umani di adattarsi in modo intelligente alle sfide ambientali di oltre 3.000 anni fa.”
La scoperta di una “Brynlow Shovel”: confronti con altri reperti di legno
Un reperto simile risale al 1875, quando alcuni antiquari scoprirono nella miniera di Brynlow, nel Cheshire, un lungo oggetto in legno dalla forma allungata, successivamente ribattezzato “Brynlow Shovel”. La speranza degli archeologi è che lo studio comparativo di questi strumenti possa fornire informazioni più dettagliate sulle tecniche agricole dell’epoca e sul ruolo specifico di questi oggetti nella vita quotidiana.
La sfida della conservazione degli habitat e l’eco della storia
Il progetto The Moors at Arne non si limita alla ricerca archeologica, ma ha lo scopo di preservare gli habitat naturali. L’innalzamento del livello del mare minaccia di compromettere le aree costiere, con conseguenze per flora e fauna locali. Matt Phillips, Project Manager di Kier, ha dichiarato: “L’attuale sfida climatica pone rischi sempre più gravi per gli ecosistemi costieri e le comunità costiere in tutto il mondo. La storia archeologica di The Moors at Arne ci offre un’incredibile comprensione di come le persone si adattavano ai cambiamenti ambientali.”
L’importanza di questa scoperta non è solo archeologica, ma anche ambientale, offrendo una riflessione sulle strategie di adattamento delle società umane ai cambiamenti climatici, ieri come oggi.