“No, non sono monete”. Gli studiosi scoprono una funzione dei misteriosi soldi a coppetta celtici. Sono dosatori? Per cosa? Collegamento con il vischio d’oro? Le risposte

Le Regenbogenschüsselchen, note in italiano come “coppe dell’arcobaleno”, rappresentano uno degli enigmi più affascinanti della numismatica e dell’archeologia celtica. Queste piccole monete d’oro, risalenti a più di 2.000 anni fa, hanno attirato l’attenzione non solo per la loro bellezza e rarità, ma anche per i misteri che circondano il loro uso originario.

Studi in corso avanzano un’ipotesi rivoluzionaria: queste minuscole “coppe” non sarebbero nate come monete, ma come strumenti cerimoniali utilizzati nei rituali per dosare decotti a base di bacche di vischio, in particolare del dorato vischio quercino, che cresce sulle querce durante l’autunno e l’inverno, rendendo realmente magici gli alberi dai quali sono accolti. La morte apparente della quercia si trasforma, grazie al dorato vischio quercino – diverso, nel colore, dalle bacche che conosciamo per l’uso decorativo – in una sorta di divina fruttificazione invernale, in attesa della rinascita primaverile. Come ben sappiamo vischio e querce erano piante sacre per i celti. E non si può escludere che l’albero di Natale sia collegato, nel profondo, a questi frutti magici che decoravano gli alberi spogli, durante l’inverno profondo.

La dimensione diversa delle coppette d’oro nascerebbe dalla presenza di dosatori rituali diversi per uomini e donne o per le differenziate posologie. Non si può escludere che essi siano stati poi elementi aurei utilizzati parzialmente con funzione monetaria per scambi di elevato valore. Ma la funzione monetaria sarebbe stata, secondo nuovi studi, secondaria o complementare.

Il collegamento al vischio quercino di questi minuscoli contenitori d’oro è evidente nelle due coppelle d’oro celtiche trovate recentemente da un appassionato d’archeologia nei pressi di un corso d’acqua, nei dintorni di Denklingen, un comune tedesco di 2.484 abitanti, situato nel land della Baviera. La forma emisferica rinvia alla bacca. Quanto il colore aureo sembra riferirsi al frutto dorato del vischio quercino. Le decorazioni interne ed esterne richiamano i fiori, i rametti e le bacche. La parte convessa – a sinistra, nella foto – ricorda un frutto tumido del vischio, circondato da rametti che evocano una figura femminile con un ventre prominente.

“Una scoperta eccezionale e soprattutto rara, soprattutto in zona – spiegano gli studiosi di Archäologische Staatssammlung, che hanno presentato il ritrovamento – Le monete risalgono al II secolo a.C. e quindi all’epoca in cui l’economia monetaria celtica era appena iniziata. Il motivo principale presenta una stella incorniciata da quattro piccoli emisferi”.

In realtà esisterebbe una coincidenza tra la presunta rappresentazione del cielo e la forma delle bacche e dei fiori di vischio. L’osservazione delle due “ciotoline” ci permette di concludere che le due coppette rechino immagini collegate alla pianta magica, come possiamo vedere, ancora e in modo ravvicinato, nella fotografia qui sotto. Bacca, coppa, punta del seno, ventre.

© Foto: Stefanie Friedrich, Archaeological State Collection, Monaco di Baviera

La forma e il nome: simbolismo e riflessi arcobaleno

Le Regenbogenschüsselchen prendono il nome dalla loro caratteristica forma curva, simile a una piccola ciotola, che crea riflessi iridescenti simili a un arcobaleno quando le monete sono illuminate dalla luce del sole. Il soprannome tedesco, che significa letteralmente “coppe dell’arcobaleno”, si collega a un’antica credenza popolare secondo cui queste monete apparivano sui campi appena arati dopo una pioggia, proprio alla fine dell’arcobaleno, dove si diceva fosse nascosto un tesoro.


L’ipotesi cerimoniale: dosatori per decotti rituali?

Un nuovo filone di ricerca avanza l’idea che le Regenbogenschüsselchen fossero utilizzate originariamente come elementi offertoriali o dosatori rituali. In particolare, si ipotizza che queste monete servissero per misurare e consumare una quantità precisa di decotti a base di bacche, forse contenenti sostanze psicoattive o medicinali, nell’ambito di cerimonie sacre.

Questa teoria si basa su diverse evidenze archeologiche e culturali:

  • La loro forma concava le rende ideali per contenere piccole quantità di liquidi efficaci a piccoli dose e, altrimenti, velenosi.
  • Alcuni esemplari mostrano tracce di sostanze organiche, suggerendo un utilizzo diverso dal semplice scambio economico.
  • La presenza di simboli legati al vischio, pianta sacra nelle culture celtiche, rafforza l’idea di un uso connesso a rituali religiosi.

Il vischio, venerato dai Druidi per le sue proprietà magiche e medicinali, potrebbe essere stato l’ingrediente principale di questi decotti, consumati durante cerimonie per ottenere visioni, guarigioni o protezione divina.

Foto di Hermann Schachner – Wikimedia Commons – Creative Commons CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication.

La scoperta del tesoro celtico: 41 monete d’oro

Uno degli esempi più straordinari di queste monete a coppetta è il tesoro ritrovato recentemente in Germania, composto da 41 monete d’oro. Il primo ritrovamento è stato effettuato da Herkt, un archeologo dilettante, che ha segnalato la scoperta al BLDAM (Ufficio statale per la conservazione dei monumenti e l’archeologia).

Le monete, che costituiscono il primo tesoro d’oro celtico ritrovato nella regione, presentano dettagli affascinanti, tra cui immagini stilizzate legate al vischio. “Si tratta di una scoperta eccezionale che probabilmente si fa solo una volta nella vita,” ha dichiarato Herkt, sottolineando l’importanza di contribuire alla ricerca storica con una scoperta del genere.

Il tesoro, distribuito in più punti del terreno, suggerisce che fosse stato sepolto intenzionalmente, forse come offerta rituale o per preservarlo durante un periodo di conflitti.


Un passato che unisce sacro ed economia

L’interpretazione delle Regenbogenschüsselchen come strumenti rituali precedenti al loro uso monetario apre nuove prospettive sulla cultura celtica. In un mondo dove la religione e la vita quotidiana erano profondamente intrecciate, non sorprende che oggetti come queste “coppe” potessero svolgere un doppio ruolo: simbolico e pratico.

La transizione dall’uso rituale a quello economico potrebbe riflettere un cambiamento nelle strutture sociali e nei valori delle comunità celtiche. Da strumento sacro, il vischio potrebbe essere divenuto una sorta di “moneta di scambio” per beni e servizi, portando con sé il valore simbolico delle cerimonie da cui proveniva.

Il vischio è una pianta che, sin dall’antichità, ha attirato l’attenzione per le sue straordinarie virtù medicinali e per le numerose leggende che lo circondano. Utilizzato da secoli in diverse tradizioni mediche e culturali, esso rappresenta un esempio di come natura e mito si intreccino profondamente. E’ assai probabile che il “ramo d’oro” con poteri magici si riferisse a un vischio particolare, non tanto a quello bianco che noi ben consociamo, ma al vischio quercino, che si riempiva di frutti durante l’inverno.


Le proprietà terapeutiche del vischio

Naturalmente è sconsigliato ai lettori di provare perché le bacche sono molto pericolose e potenzialmente mortali. Probabilmente nel passato remoto sapevano dosare le quantità per ottenere gli effetti voluti. Le virtù medicinali del vischio erano già conosciute nel mondo antico. Teofrasto, nel IV secolo a.C., elogiava le capacità curative della pianta, indicandola come rimedio per una vasta gamma di patologie: epilessia, tumori, itterizia, gotta, vermi intestinali, convulsioni e paralisi. Queste proprietà furono confermate e ampliate nel tempo da figure illustri come Dioscoride nel I secolo e Galeno nel II secolo. Nel corso del XVII e XVIII secolo, i medici continuarono a sfruttare il vischio per trattare problemi respiratori, come l’asma e il singhiozzo.

In epoca più recente, il tossicologo Gaultier de Claubry ne approfondì l’uso nella terapia dell’ipertensione, attribuendo al vischio un’azione vasodilatatrice, ipotensiva, diuretica, emostatica, antiepilettica e antispasmodica. Oggi, il vischio è ancora impiegato in alcune pratiche mediche naturali per trattare crisi nervose, arteriosclerosi, pertosse, emicranie e disturbi legati alla menopausa.


Principi attivi e metodi di preparazione

In alcune regioni italiane, come l’Abruzzo, il vischio era tradizionalmente preparato sotto forma di infuso vinoso per curare l’albuminuria (presenza di proteine nelle urine), mentre un decotto di foglie e rami veniva usato per trattare i geloni. È fondamentale, tuttavia, sapere che i frutti della pianta sono tossici e non devono essere consumati. Dalle bacche si ricavava invece la pania, un composto appiccicoso utilizzato anticamente per catturare gli uccelli.


Simbolismo e leggende

Oltre alle sue proprietà medicinali, il vischio è legato a un ricco universo simbolico. Virgilio, nel VI libro dell’Eneide, narra che Enea, guidato dalla Sibilla Cumana, trovò un rametto di vischio d’oro che gli permise di attraversare il fiume Stige e accedere all’Oltretomba. Questo episodio ha contribuito a consolidare il vischio come simbolo di protezione e passaggio verso il mondo spirituale.

Nella cultura celtica, il vischio era considerato sacro dai Druidi, sacerdoti che ritenevano fosse un dono degli dèi quando cresceva sulla quercia, albero sacro per eccellenza. Durante il sesto giorno della Luna dopo il solstizio d’inverno, i Druidi raccoglievano il vischio con un rituale solenne: lo tagliavano con una falce d’oro e lo raccoglievano in un drappo bianco, credendo che avesse il potere di guarire ogni male e portare fertilità, salute e fortuna.


Il vischio quercino: sacralità e unicità

Il vischio quercino (nome scientifico Viscum album subsp. quercinum) è una variante rara e affascinante del vischio comune (Viscum album), che cresce esclusivamente su querce. Questa particolarità gli conferisce un’aura di unicità e sacralità, soprattutto nelle tradizioni celtiche, dove il vischio era venerato per le sue proprietà magiche e terapeutiche. Rispetto ad altre sottospecie, il vischio quercino presenta caratteristiche che lo rendono particolarmente simbolico e rilevante nelle pratiche rituali.


Differenze con altre varianti di vischio

Il vischio è una pianta semiparassita che cresce su diversi alberi ospiti, e ogni sottospecie si distingue per l’ospite che colonizza e per alcune peculiarità morfologiche e chimiche:

  1. Vischio comune (Viscum album subsp. album)
    • Alberi ospiti: cresce principalmente su pioppi, tigli e meli.
    • Aspetto: foglie più larghe e bacche più numerose rispetto al vischio quercino.
    • Uso: utilizzato principalmente in medicina tradizionale per le sue proprietà immunostimolanti.
  2. Vischio dei pini (Viscum album subsp. abietis)
    • Alberi ospiti: si trova su conifere, come pini e abeti.
    • Aspetto: foglie più sottili e allungate, meno bacche rispetto alle altre varianti.
    • Uso: meno comune nelle tradizioni rituali, ma usato localmente in erboristeria.
  3. Vischio quercino (Viscum album subsp. quercinum)
    • Alberi ospiti: cresce esclusivamente su querce, simbolo di forza e longevità nelle culture indoeuropee.
    • Aspetto: più compatto, con bacche spesso più grandi ma meno abbondanti rispetto alle altre sottospecie.
    • Uso: considerato sacro dai Druidi per la sua rarità e per il fatto di crescere su querce, alberi sacri per eccellenza nella spiritualità celtica.

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa