Un volto misterioso scoperto nel buio, nell’antica cisterna romana. Chi rappresentava? Come fu realizzato? Che funzione aveva? Rispondono gli archeologi

Nell’oscurità appare severo, questo viso ieratico. Una sentinella che si materializza all’improvviso, sotto il raggio delle pile che convergono. Quello ora scoperto è un bel volto, modellato con pochi colpi sulla calce idraulica di un paio di millenni fa. Così ci chiediamo: perché questa figura in un punto inaccessibile? A che cultura appartiene? A cosa serviva? Ecco l’approfondimento.

Gli archeologi impegnati negli scavi dell’antica città di Tolemaide, situata sulla costa mediterranea della Libia, hanno recentemente portato alla luce un un sofisticato sistema di gestione dell’acqua in una casa risalente alla fine del II secolo o all’inizio del III secolo d.C. Tra i reperti più sorprendenti vi è un volto umano modellato in calce idraulica, rinvenuto sulle pareti di una cisterna. Questo volto anonimo, enigmatico e privo di attributi identificativi, ha aperto un nuovo capitolo nell’indagine storica e culturale della regione. Tolemaide fu conquistata da Roma nel I secolo, entrando a far parte della Provincia di Cirene e di Creta. Per quanto sommario, questo volto sembra far parte della nostra cultura iconografica. E quella che appare come una sorta di aura, sopra la testa, potrebbe non essere un’aureola cristiana quanto parte di una cornice, quasi un abbozzo di clipeo. Oppure qualcuno svolgeva qui le riunioni religiose?

Terminato il lavoro di sigillatura con la malta idraulica, qualcuno che sapeva modellare, prese un blocco di questa materia e la modellò. Vediamo di inquadrare il luogo del ritrovamento e la cultura in cui si sviluppò l’immagine.

Tolemaide e il suo significato storico

Tolemaide venne fondata nel VII secolo a.C. dai coloni greci di Thera, come porto per la vicina città di Barce. Il suo sviluppo come città fortificata autonoma risale al III secolo a.C., quando Tolomeo III Evergete d’Egitto la rifondò, dandole il proprio nome. Durante il periodo ellenistico e sotto il dominio romano, Tolemaide prosperò, diventando la capitale della provincia imperiale della Libia Superiore alla fine del III secolo d.C. Questo contesto storico rende la scoperta del volto nella cisterna ancora più intrigante, suggerendo una continuità culturale e sociale complessa.

Scavi e ripresa della missione archeologica

La missione archeologica dell’Università di Varsavia ha iniziato a esplorare il sito di Tolemaide nel 2001. Gli scavi, interrotti dalla rivoluzione e dalla guerra civile nel 2011, sono ripresi nel 2023 dopo una pausa di 13 anni. Fortunatamente, il sito non ha subito danni significativi, sebbene sia stato invaso dalla pianta Grey Tobacco, che ha compromesso alcune strutture. Gli archeologi hanno mappato la griglia della città utilizzando scansioni geofisiche e hanno scoperto edifici di grande importanza, tra cui la Casa di Leukaktios, famosa per le sue decorazioni pittoriche e i mosaici.

Casa del dignitario locale e sistema idrico

Gli scavi più recenti si sono concentrati sulla casa di un dignitario locale, rivelando una struttura con un piccolo cortile a peristilio, una cucina, una scala per il primo piano e una stanza con un pavimento a mosaico. Il sistema idrico avanzato della casa includeva un impluvium che raccoglieva l’acqua piovana, convogliandola in due cisterne sotterranee. La scoperta del volto umano modellato in malta idraulica all’interno di una di queste cisterne ha rappresentato un elemento di particolare interesse per gli archeologi.

Volto nella cisterna: interpretazioni e confronti

Il volto scoperto è privo di tratti distintivi che ne consentano l’identificazione, e la sua funzione rimane un mistero. Il dott. Piotr Jaworski ha evidenziato somiglianze con i volti scolpiti sulle pareti del santuario libico di Slonta, vicino a Cirene, suggerendo un possibile legame con le tradizioni locali. Sebbene le città greche della Cirenaica avessero concesso la cittadinanza alle élite libiche già dal I secolo a.C., non è ancora chiaro se il volto possa essere interpretato come un segno di assimilazione culturale o di devozione religiosa.

A nostro giudizio il volto rappresentato sulla cisterna poteva avere una funzione decorativa di protezione del manufatto. Una sorta di genius loci. La difesa indotte dalle protome nell’ambito della cultura antica si riferisce all’uso di elementi decorativi, spesso raffiguranti teste di animali o volti umani, con funzione protettiva o apotropaica. Queste protome, che potevano essere maschere, mascheroni o teste scolpite o modellate, venivano collocate su edifici, navi o armi per allontanare gli spiriti maligni o intimorire i nemici.

Significato e funzione

  1. Protezione apotropaica: le protome avevano il compito di proteggere gli spazi sacri, le case o le città, creando una barriera simbolica contro le influenze negative. Nella credenza popolare, si riteneva che le raffigurazioni minacciose o grottesche potessero spaventare gli spiriti maligni o gli intrusi.
  2. Simbolo di potenza e intimidazione: sui campi di battaglia, le protome servivano anche a intimidire il nemico. I mascheroni o le teste di animali feroci come leoni, draghi o arieti erano posti su scudi, elmi o portali per comunicare forza e incutere timore.
  3. Decorazione funzionale: oltre alla funzione protettiva, le protome avevano – quando collocate in punti visibili, certamente – un ruolo decorativo importante, arricchendo esteticamente architetture e manufatti, spesso con un elevato livello di dettaglio e realismo.

Esempi nella storia

  • Protome di Gorgoni: nell’arte greca, le teste di Gorgoni, come quella di Medusa, erano comuni su scudi e templi, ritenute capaci di pietrificare chi le guardava.
  • Protome animali: in molte culture, come quella etrusca e romana, si trovavano protome raffiguranti animali simbolici, come leoni o arieti, spesso associati a divinità o alla protezione divina.

La presenza delle protome riflette la fusione tra arte, religione e funzione pratica, unendo estetica e spiritualità per creare una forma di difesa psicologica e simbolica contro il male.

Le protome di volti umani nell’ambito della cultura antica rappresentavano un altro importante aspetto della difesa apotropaica. Questi volti, spesso scolpiti o dipinti, avevano una funzione simile a quella delle protome animali o mitologiche, ma con alcune specificità legate all’umanità del soggetto rappresentato.

Significato delle mrotome di volti umani

  1. Rappresentazione di Divinità o eroi: molte protome raffiguravano volti di divinità o eroi, il cui potere protettivo veniva invocato per difendere luoghi sacri o abitazioni. La presenza del volto umano conferiva un senso di familiarità e protezione divina o eroica.
  2. Volti grotteschi o deformati: alcune protome di volti umani erano intenzionalmente grottesche o deformate per incutere timore e allontanare gli spiriti maligni. Questi volti caricaturali o spaventosi erano spesso collocati in posizioni strategiche, come le chiavi di volta degli archi o le facciate dei templi.
  3. Commemorazione e protezione: in alcuni casi, le protome di volti umani potevano rappresentare antenati o figure storiche importanti, suggerendo una continuità simbolica tra il passato e il presente. Questi volti agivano come guardiani del luogo, proteggendolo non solo fisicamente ma anche spiritualmente.

Esempi di protome di volti umani

  • Mascheroni romani: In epoca romana, i mascheroni rappresentanti volti umani venivano spesso utilizzati come decorazione architettonica su fontane, templi e archi, servendo sia una funzione estetica che apotropaica.
  • Protome etrusche: Gli Etruschi, noti per la loro arte funeraria, includevano protome di volti umani sulle urne e nei monumenti funebri, con l’intento di proteggere il defunto e il suo luogo di riposo.

Le protome di volti umani univano la bellezza dell’arte figurativa alla funzione protettiva, rappresentando una sintesi tra il sacro e il quotidiano nella cultura visiva antica.

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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa