Vincere la maledizione. Ci si organizza per una nuova spedizione nella mitica città perduta nella giungla, narrata da tante fonti e trovata da esploratori nel 2015, grazie alle nuove tecnologie, soprattutto al Lidar, una sorta di radar che funziona con sistemi laser. La localizzazione e la prima esplorazione hanno dato risultati strepitosi. E ora si tornerà per approfondire. Nonostante le malattie che hanno colpito gli scopritori.
La giungla vergine dell’Honduras orientale custodisce un enigma che ha catturato l’immaginazione di esploratori, archeologi e avventurieri per secoli: La Ciudad Blanca, conosciuta anche come la leggendaria Città del Dio Scimmia. Nel 2015, un gruppo di coraggiosi esploratori ha fatto una scoperta straordinaria, portando alla luce le rovine di un’antica città abbandonata nel XVI secolo. Tuttavia, l’impresa ha avuto un prezzo terribile: una malattia debilitante e potenzialmente fatale che ha colpito gli stessi scopritori.
La leggenda della Città Bianca
Secondo le tradizioni locali e i racconti tramandati nei secoli, La Ciudad Blanca sarebbe una città mitica, nascosta nel cuore della foresta pluviale della Mosquitia. Si diceva che fosse costruita con pietre bianche luminose, un luogo di grande ricchezza e mistero.
Il primo a parlare di questa città fu Hernán Cortés nel XVI secolo, basandosi su testimonianze indigene. Nonostante la sua determinazione, Cortés non riuscì mai a localizzarla. Nel 1927, il celebre pilota Charles Lindbergh affermò di aver avvistato “monumenti di pietra bianca” durante un volo sopra l’Honduras orientale, alimentando ulteriormente le voci sulla sua esistenza.
Negli anni ’30, l’avventuriero Theodore Morde dichiarò di aver trovato la Città del Dio Scimmia e riportò negli Stati Uniti migliaia di manufatti come prova. Morde riferì che gli abitanti della zona veneravano un’enorme statua di un dio scimmia, ma non rivelò mai la posizione esatta del sito, temendo che potesse essere saccheggiato.
La spedizione del 2015: il ritrovamento delle rovine
Nel 2015, un gruppo composto da esploratori statunitensi e honduregni, tra cui l’autore Douglas Preston, si addentrò nella giungla della Mosquitia alla ricerca della leggendaria città. Utilizzando tecnologie all’avanguardia come il LIDAR (Light Detection and Ranging), la squadra riuscì a identificare strutture nascoste sotto la densa vegetazione.
Le rovine scoperte includevano una serie di manufatti datati tra il 1000 e il 1500 d.C., tra cui un trono cerimoniale e sculture raffiguranti esseri ibridi umano-animale, come il famoso “giaguaro-umano”. Questi reperti suggeriscono che la città fosse un centro spirituale e culturale di grande rilevanza per una civiltà precolombiana ancora poco conosciuta.
La maledizione del dio scimmia: leishmaniosi e altre sfide
Le storie locali narravano che la città fosse stata abbandonata nel XVI secolo a causa di una maledizione divina, scatenata dagli dèi per punire gli abitanti con una terribile malattia. Questa leggenda si è rivelata inquietantemente profetica per gli esploratori moderni. Poco dopo la loro scoperta, molti membri del gruppo, inclusi Preston, contrassero una grave forma di leishmaniosi, una malattia causata da un parassita trasmesso da mosche della sabbia infette.
La leishmaniosi colpisce le mucose, causando ulcere devastanti che, se non trattate, possono portare alla distruzione del viso. Preston ha descritto con orrore i sintomi, affermando che la malattia “divora il naso, le labbra e trasforma il volto in una piaga aperta.”
Nonostante il pericolo e le sofferenze, Preston ha dichiarato che l’esperienza è stata incredibilmente significativa:
“Non scambierei quell’esperienza con nulla al mondo. È stata così potente.”
Le rovine nascondono ancora segreti
Gli archeologi credono che ciò che è stato scoperto finora sia solo la punta dell’iceberg. La città potrebbe celare molte altre informazioni preziose su una civiltà misteriosa che prosperò per secoli prima di scomparire. Tuttavia, tornare sul sito per ulteriori scavi è estremamente pericoloso, non solo per le malattie, ma anche per le sfide logistiche e ambientali della giungla.
Preston, pur riconoscendo il valore della scoperta, ha ammesso di non essere disposto a rischiare ulteriormente la propria salute per esplorare il sito.
Un’eredità culturale e scientifica
La scoperta della Ciudad Blanca ha riacceso l’interesse per i miti e le leggende che circondano l’America centrale. Gli oggetti ritrovati, ora in fase di studio, potrebbero rivelare informazioni fondamentali su una civiltà sconosciuta e sulla sua tragica fine.
Il libro di Preston, “The Lost City of the Monkey God”, pubblicato nel 2017, racconta l’incredibile storia della spedizione, unendo la narrazione avventurosa con le più recenti scoperte archeologiche.
Un mito che resiste nel tempo
La Ciudad Blanca resta avvolta nel mistero, un luogo leggendario che continua a stimolare l’immaginazione. Le sue rovine, nascoste nella giungla impenetrabile, rappresentano un ponte tra passato e presente, una testimonianza della resilienza umana e della sete di conoscenza che spinge gli esploratori a rischiare tutto per rispondere a domande che risuonano nei secoli.
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Cos’è la leishmaniosi?
La leishmaniosi è una malattia parassitaria causata da protozoi del genere Leishmania. Si tratta di una zoonosi, ossia una malattia che colpisce sia gli animali sia l’uomo. Viene trasmessa attraverso la puntura di insetti vettori infetti, principalmente flebotomi (comunemente noti come “mosche della sabbia”).
Tipologie di leishmaniosi
La leishmaniosi si presenta in diverse forme cliniche, a seconda della specie di Leishmania coinvolta e della risposta immunitaria dell’ospite:
- Leishmaniosi cutanea: provoca ulcere sulla pelle che possono lasciare cicatrici permanenti.
- Leishmaniosi mucocutanea: più grave, colpisce le mucose di naso, bocca e gola, causando deformazioni deturpanti.
- Leishmaniosi viscerale (o kala-azar): la forma più pericolosa, colpisce organi interni come fegato, milza e midollo osseo, con un alto rischio di morte se non trattata.
Come si trasmette
Il parassita Leishmania viene trasmesso agli esseri umani attraverso la puntura di flebotomi infetti. Questi insetti, grandi solo pochi millimetri, sono più attivi al tramonto e durante la notte.
Non esiste trasmissione diretta da persona a persona; tuttavia, in alcune specie animali come i cani, che possono fungere da serbatoi del parassita, il contatto con flebotomi infetti rappresenta un rischio indiretto per gli esseri umani.
Sintomi della leishmaniosi
- Cutanea: ulcere dolorose o indolori sulla pelle, spesso localizzate su viso, braccia o gambe.
- Mucocutanea: lesioni alle mucose che causano deformazioni facciali.
- Viscerale: febbre persistente, perdita di peso, anemia, splenomegalia (ingrossamento della milza), epatomegalia (ingrossamento del fegato).
I sintomi possono comparire settimane o mesi dopo l’esposizione.
Prevenzione
La prevenzione è fondamentale, soprattutto in aree endemiche. Ecco alcune misure utili:
- Protezione individuale:
- Indossare abiti chiari e a maniche lunghe nelle ore serali e notturne.
- Usare repellenti per insetti contenenti DEET o picaridina.
- Dormire sotto zanzariere impregnate di insetticidi.
- Controllo ambientale:
- Ridurre i rifugi per i flebotomi, eliminando cumuli di foglie o materiali organici vicino alle abitazioni.
- Applicare trattamenti insetticidi nelle aree ad alto rischio.
- Protezione degli animali domestici:
- Vaccinare i cani nelle regioni endemiche (dove disponibile).
- Applicare collari antiparassitari specifici o trattamenti topici per prevenire la trasmissione dai cani all’uomo.
Diagnosi
La diagnosi di leishmaniosi viene effettuata attraverso:
- Esami clinici: valutazione delle lesioni o dei sintomi.
- Test di laboratorio: biopsie delle lesioni, analisi del sangue o aspirati midollari per identificare il parassita.
Trattamento
Il trattamento varia a seconda della forma della malattia e della regione geografica. Tra i farmaci più comuni:
- Antimoniali pentavalenti (Sodium stibogluconate, Meglumine antimoniate): usati da decenni, ma associati a effetti collaterali significativi.
- Amfotericina B liposomiale: efficace nella leishmaniosi viscerale; meno tossica rispetto ad altre formulazioni.
- Miltefosina: un farmaco orale che ha rivoluzionato il trattamento, soprattutto per le forme cutanee e viscerali.
- Paromomicina: utilizzata in combinazione per ridurre la durata del trattamento.
Prognosi
Con un trattamento tempestivo e appropriato, la prognosi è generalmente positiva, anche se la leishmaniosi viscerale può essere fatale se non trattata. Le forme cutanee e mucocutanee possono lasciare cicatrici permanenti e, nel caso della mucocutanea, causare gravi deformazioni.
In contesti endemici, il miglioramento delle condizioni sanitarie e la prevenzione sono essenziali per ridurre l’incidenza della malattia.