All’asta ora un anello di falconeria appartenuto a Carlo I d’Inghilterra. Trovato tra rovine presso il Tamigi. Quanto vale

L'appassionato di metal detector decise di operare lungo le rive del fiume pensando che quel luogo avrebbe offerto interessanti scoperte. Poi aveva accantonato l'anello che era molto incrostato. Recentemente la pulitura ha messo in luce nome regale e stemma

Un anello da falconeria in argento (vervel) che era appartenuto a re Carlo I, e trovato in un mucchio di rovine lungo la riva del fiume Tamigi, sarà incluso in un’asta di gioielli, orologi, argento e Objects of Vertu al Noonans Mayfair martedì 12 marzo 2024. Si stima che venga venduto tra le 2.000 e le 3.000 sterline, pari a 2346 – 3519 euro.

L’oggetto fu scoperto tanti anni fa, alla fine degli anni ’80 da Roy Davis, un ex manager della McAlpine e padre di 15 figli, che ora ha 82 anni. Un sabato mattina stava cercando con il suo metal detector Compass 77B tra rovine e cumuli di rifiuti di Billingsgate sul fiume Tamigi quando ha fatto la scoperta. Ha intenzione di dividere il ricavato della vendita tra i suoi figli.

Come spiega Roy: “Il piccolo anello era fortemente incrostato quando è stato trovato e non ho pensato di pulirlo; quindi l’ho messo da parte. Recentemente, esaminando alcuni vecchi ritrovamenti, ho deciso di pulire l’anello e ho visto che era inciso uno stemma reale e il nome di Charles King”.

Come ha aggiunto Nigel Mills, esperto di artefatti e monete presso Noonans: “Il nostro attuale re Carlo III divenne un appassionato giocatore di polo dall’età di 15 anni, ma nel XVI e XVII secolo fu la falconeria ad essere fortemente seguita dai reali e dalla nobiltà. Carlo I avrebbe posseduto un certo numero di rapaci addestrati usati per cacciare piccola selvaggina come i conigli, ed è probabile che avrebbe tenuto alcuni dei suoi falchi nella Torre di Londra”.

Ha continuato: “Questa è una scoperta molto emozionante con solo un altro esempio conosciuto nel British Museum, così come altri vervel appartenuti a Enrico VIII, Elisabetta I e Giacomo I.”

Condividi l'articolo su:
Maurizio Bernardelli Curuz
Maurizio Bernardelli Curuz