Amedeo Modigliani, il primitivo. 130 opere raccontano il suo rapporto con civiltà lontane o arcaiche

Per quanto Modigliani fosse un isolato, respirò, evidentemente, il desiderio parigino di novità e di rinnovamento. Per questo la mostra di Restellini accosta le opere di Modigliani a quelle di Pablo Picasso, Constantin Brâncuşi e André Derain, così come ai manufatti delle culture del mondo preistorico e delle civiltà non europee, che tanta parte ebbero nell'indicare una via di recupero di forme essenziali

Dal 17 settembre 2021 al 9 gennaio 2022

Tutta la sua vita fu segnata da povertà, sventure, eccessi di droghe e malattie gravi. I guadagni conseguiti vendendo le sue opere d’arte consentivano, a malapena, di coprire le spese per l’affitto e per il minimo indispensabile. La vita di Modigliani fu molto drammatica: già all’età di undici anni, venne colpito da una pleurite grave. A quattordici anni, nel 1898, si ammalò di tifo. Più tardi, fu affetto da una forma cronica di tubercolosi che, alla fine, gli costò la vita. Due giorni dopo la sua morte, la sua fidanzata Jeanne Hébuterne, incinta di otto mesi, si tolse la vita.

L’Albertina di Vienna ricorda Amedeo Modigliani (1884-1920) con una mostra organizzata in occasione del 100° anniversario della sua morte e rinviata di un anno, a causa della pandemia. La curatela è di Marc Restellini che ha raccolto i pezzi principali dalle collezioni private e dei musei degli Stati Uniti, di Singapore, della Russia, del Musée Picasso a Parigi e della collezione Jonas Netter, che sostenne, acquistando dipinti, il pittore. La mostra legge il fenomeno Modigliani inserendolo nella Parigi avanguardista dell’epoca. Il pittore livornese, che tecnicamente s’era formato in Italia – e che aveva dentro di sé tanto il Rinascimento, quanto la pittura dei Macchiaioli – divenne l’artista che conosciamo, solo dopo l’arrivo a Parigi.
A Parigi si sentì libero di esprimersi e di cercare. E, con serietà, possiamo ammettere che la svolta non avvenne nel nostro Paese, ma all’ombra della Tour Eiffel.

Per quanto Modigliani fosse un isolato, respirò, evidentemente, il desiderio parigino di novità e di rinnovamento. Per questo la mostra di Restellini accosta le opere di Modigliani a quelle di Pablo Picasso, Constantin Brâncuşi e André Derain, così come ai manufatti delle culture del mondo preistorico e delle civiltà non europee, che tanta parte ebbero nell’indicare una via di recupero di forme essenziali.
Per capire quanto fosse diversa l’arte di Modigliani e degli altri modernisti-primitivisti rispetto a ciò che piaceva, diffusamente, in quegli anni dobbiamo ricordare che, nello stesso periodo, dipingevano, con massimo successo, impressionisti e post-impressionisti. E che un’altra buona fetta del mercato era assorbita dalla pittura accademica.
Contemporaneamente dobbiamo però sottolineare che l’ansia di ripensare il mondo e un linguaggio nuovo per esprimerlo
era diffusa, tra i giovani d’inizio Novecento, con diverse istanze all’apparenza devianti. Nello stesso periodo si sviluppa ed esplode – a partire dall’Italia, il Futurismo, che intende cambiare il mondo, guardando avanti, al futuro e alla tecnologia.
Modigliani e gli altri, invece, rivolsero lo sguardo al passato remoto o a civiltà lontane, reinterprendo la visione sintetica della realtà e la presenza di elementi spirituali o legati agli archetipi.
La mostra dell’Albertina intende documentare questo ritorno alle origini, questa rilettura di modelli arcaici da proiettare nel presente che caratterizzò, in modi diversi, ma con comuni radici, Modigliani e Picasso.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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