Dal prossimo 18 settembre, Palazzo Albergati ospita la prima grande mostra antologica a Bologna dedicata a uno degli artisti più straordinari e commoventi del Novecento: Antonio Ligabue.
Un rapporto speciale quello tra Arthemisia e Antonio Ligabue, nato nel 2017 con una grande mostra al Complesso del Vittoriano di Roma e seguita dalle esposizioni di Conversano e Trieste che hanno riscosso un grandissimo successo di pubblico e critica contribuendo alla divulgazione e conoscenza dell’opera di un artista che oggi è tra i più richiesti nel panorama nazionale.
Paesaggi, fiere, scene di vita quotidiana e numerosi e intensi autoritratti: 100 opere – tra oli, disegni e sculture – saranno protagoniste di un percorso espositivo unico dove, attraverso la fortissima carica emotiva delle tele, sarà possibile conoscere la vita di un artista visionario e sfortunato ma che, da autodidatta, fu ed è tutt’oggi capace di parlare a tutti con immediatezza e genuinità.
Antonio Ligabue, con la sua vita così travagliata, escluso dal resto della sua gente, legato visceralmente al mondo naturale e animale e lontano dal giudizio altrui, riuscì a imprimere sulla tela il suo genio creativo; un uomo, talmente folle e unico, che con la sua asprezza espressionista riesce ancora oggi a penetrare nelle anime di chi ammira le sue opere.
Una storia umana e artistica straordinaria e unica, che negli anni ha appassionato migliaia di persone, tanto da essere diventato addirittura protagonista di film e sceneggiati televisivi, sin dagli anni ’70.
La mostra, prodotta e organizzata da Arthemisia e curata da Francesco Negri e Francesca Villanti, racconta la vita e l’opera di un uomo che ha fatto della sua arte il riscatto della sua stessa esistenza.
LA VITA DI ANTONIO LIGABUE
Non si può parlare dell’arte di Ligabue senza conoscerne la vita, né si possono capire le sue opere se non si entra nel mondo di quel piccolo uomo sfortunato e folle, pieno di talento e poesia.
Nato a Zurigo nel 1889 da madre di origine bellunese e da padre ignoto, viene dato subito in adozione ad una famiglia svizzera. Già dall’adolescenza manifesta alcuni problemi psichiatrici che lo portano, nel 1913, a un primo internamento presso un collegio per ragazzi affetti da disabilità.
Nel 1917 viene ricoverato in una clinica psichiatrica, dopo un’aggressione nei confronti della madre affidataria Elise Hanselmann che, dopo varie vicissitudini, deciderà di denunciarlo ottenendo l’espulsione di Antonio dalla Svizzera il 15 maggio del 1919 e il suo invio a Gualtieri, il comune d’origine del patrigno (il marito della madre naturale, che odierà sempre).
Ligabue non parla l’italiano, è incline alla collera e incompreso dai suoi contemporanei, viene soprannominato “el Matt” dagli abitanti di Gualtieri che ne rifiutano i dipinti e il valore artistico, costringendolo a prediligere la via dell’alienazione e della solitudine.
Dopo tormentati e inquieti anni di vagabondaggio in cui vive solamente dei pochi sussidi pubblici e si rifugia nell’arte per esprimere il suo disagio esistenziale, a cavallo tra il 1928 e il 1929 incontra Renato Marino Mazzacurati (importante artista della Scuola Romana) che ne comprende il talento artistico e gli insegna ad utilizzare i colori.
Con singolare slancio espressionista e con una purezza di visione tipica dello stupore di chi va scoprendo – come nell’infanzia – i segreti del mondo, Ligabue si dedica alla rappresentazione della lotta per la sopravvivenza degli animali della foresta; si autoritrae in centinaia di opere cogliendo il tormento e l’amarezza che lo hanno segnato, anche per l’ostilità e l’incomprensione che lo circondavano; solo talvolta pare trovare un po’ di serenità nella rappresentazione del lavoro nei campi e degli animali che tanto amava e sentiva fratelli.
Nel 1937 viene nuovamente ricoverato presso l’ospedale psichiatrico di San Lazzaro a Reggio Emilia per autolesionismo e per “psicosi maniaco-depressiva” nel marzo del 1940.
È il 1948 quando comincia a esporre le sue opere in piccole mostre e ottenendo, sotto la guida di Mazzacurati, qualche riconoscimento e a guadagnare i primi soldi.
Ma il successo è breve: dopo essersi permesso solo qualche lusso, nel 1962 viene sopraggiunto da una paresi e ricoverato all’ospedale di Guastalla dove continua a dipingere e dove termina la sua vita il 27 maggio del 1965. (comunicato stampa)