Un pescatore che stava percorrendo la riva del fiume-idrovia Padova-Venezia si è imbattuto in quattro casseforti, venute alla luce grazie alla siccità e all’abbassamento del livello dell’acqua. L’avvistamento è avvenuto nel territorio di Vigonovo, un comune di circa 10mila abitante facente parte della città metropolitana di Venezia.
I parallelepipedi presentavano visibile un solo lato perchè gli altri erano sprofondati nella sabbia e nella terra. L’ampliamento temporaneo della riva – conseguente alla diminuzione del volume dell’acque – li ha fatti riapparire.
Si ritiene che i forzieri siano stati gettati in quel punto, più di 30 anni fa dalla Mafia del Brenta, un’associazione per delinquere veneta che aveva seminato terrore nella regione e che era ritenuta impareggiabile per determinazione criminale e spietatezza.
Le casseforti sono state trovate a non molta distanza dal cimitero d’acqua d’acqua del Brenta utilizzato dalla mala per far sparire auto roventi, che venivano fatte scivolare nello stesso punto dopo rapine, furti e regolamenti di conti. Il ritrovamento delle vetture – alcune delle quali crivellate di colpi d’arma da fuoco, risale ad alcuni anni fa. Le macchine – una cinquantina – formavano una sorta di piramide tronca. Essendo state fatte cadere nel fiume dallo stesso affaccio sul fiume, si presentarono sovrapposte. Anche in quel caso fu una diminuzione del livello del corso d’acqua a denunciare la presenza del cimitero di carrozzerie. L’allarme fu dato quando dalla riva fu avvistato il tettuccio di un veicolo.
La zona doveva essere considerata dai banditi un punto molto tranquillo. I furti di casseforti avvenivano con lo smantellamento dell’intero blocco , la rimozione del forziere, il caricamento dello stesso su un furgone. I banditi trasportavano poi le casseforti in qualche capannone per aprirle con la fiamma ossidrica e il flessibile. Segni di tali interventi sarebbero rimasti sui “reperti” portati alla luce nelle scorse ore in Veneto.