Come Giano bifronte, la Prudenza ha un doppio volto. Qui, da un lato, è un bella fanciulla che si specchia e medita, dall’altro è un uomo maturo, il cui viso prende forma dalla nuca della donna stessa. Bravo fu l’artista Girolamo di Francesco di Mariotto Macchietti ( Firenze , 1535 – Firenze, 3 gennaio 1592) pittore manierista di Firenze, molto vicino alla cerchia di Giorgio Vasari, a creare i contrappesi di luce e di immagini, in grado di ingannare, inizialmente, l’occhio dello spettatore. La nostra vista è infatti attratta dal viso della fanciulla e dalla sua immagine riflessa. Non percepisce immediatamente la figura maschile.
Per vedere l’uomo, che appare sulla nuca, dobbiamo concentrare l’occhio sulla parte del dipinto che appare alla nostra destra e attendere qualche secondo affinché l’occhio si accomodi e smetta di essere perturbato dalla luminosità del soggetto femminile, del suo abito sontuoso, dei suoi gioielli.
Ecco come appare il quadro, nel momento in cui abbiamo graficamente attenuato le fonti luminose.
Ma chi è quell’uomo così cupo? Vediamo di leggere compiutamente l’allegoria, secondo le chiavi compositive che, proprio in quegli anni – o in un tempo immediatamente successivo – sarebbero state raccolte e disposte da Cesare Ripa nel libro “Iconologia”.
A prima vista, la Prudenza potrebbe essere confusa con la Vanità. Ma immediatamente il suo atteggiamento ci dice che questa è una persona meditativa. Guarda se stessa, non per appagarsi, ma per riflettere. E porta, dietro e dentro di sé il ricordo cognitivo del passato e del mondo.
Quindi la Prudenza – come scrive Ripa, è una “donna con due faccie, simile a Giano et che si specchi tenendo un serpe avolto ad un braccio”. Le due facce, prosegue sostanzialmente l’iconologo, significano che la prudenza è suscitata dalla ponderazione e dalla conoscenza, “la quale ordina ciò che si deve fare et nasce dalla consideratione delle cose passate et delle future insieme”. L’uomo maturo che prende forma alle sue spalle è sostanzialmente l’esperienza, la conoscenza del passato. Per essere prudenti bisogna quindi guardare in se stessi e avere memoria del passato.
“L’eccellenza di questa virtù è tanto importante che per essa si rammentano le cose passate, si ordinano le presenti et si prevedono le future – prosegue Ripa – onde l’huomo che n’è senza non sa raquistare quello che ha perduto, né conservare quello che possiede, né cercare quello che aspetta. Lo specchiarsi significa la cognitione di se medesimo, non potendo alcuno regolare le sue attioni se i proprii difetti non conosce. Il Serpe quando è combattuto oppone tutto il corpo alle percosse, armandosi la testa con molti giri et ci dà ad intendere che per la virtù, che è quasi il nostro capo et la nostra perfettione, debbiamo opporre a’ colpi di fortuna tutte l’altre nostre cose, quantunque care et questa è la vera prudenza. Però si dice nella Sacra Scrittura: Estote prudentes sicut serpentes”.
E vorremmo aggiungere anche un altro particolare. Lo specchio ha anche la funzione di consentire al soggetto di guardarsi alle spalle. Atteggiamento fondamentale per il completamento di un assetto conscio delle acuminate gravità del mondo.
Ma la lettura stratificata del dipinto non finisce qui. La prudenza, ribaltata, diviene aggressivo Coraggio. La giovane donna, raccolta ogni informazione, soppesato ogni elemento, può trasformarsi in un guerriero che sa dove e come colpire. Negli eruditi dibattiti dell’epoca non poteva sfuggire anche un altro elemento. E cioè che la Prudenza è il contrario dello spericolato Coraggio. E che non esiste vera prudenza senza vero coraggio, quanto non esiste vero coraggio senza vera prudenza. Due facce delle stessa medaglia. Tutti significati che coesistevano nell’opera. Che andava osservata e sfogliata, fino ad esaurirne ogni possibile significato. Per uscirne un po’ più colti e un po’ più consci. (curuz)