Visto in pianta, il piatto sembra una fontana secentesca. I crostacei ai quattro angoli srotolano le loro sinuosità fiammeggianti quali tritoni, od altri esseri carpiti ad un fantastico bestiario. Il riso, al centro, riverbera bagliori rossigni come un placido bacino carezzato dal tramonto. Oriente, Occidente. Monsoni e tumultuosi tripudi europei di un’Età trionfante. E l’ostinata ricerca di un punto di equilibrio, di una sintesi: essenziale nell’arte, in qualsiasi ambito l’arte si voglia manifestare
Un sole? Un rubino? Un volto? In “Peinture”, dipinto del 1953, Miró ci fulmina con una delle sue trovate formidabili, fatte di segni elementari, caratteri di un alfabeto poetico e inquietante, svincolato da codificazioni ideologiche in nome di un’assoluta libertà d’invenzione. In un’altra opera, “L’Hirondelle éblouie par l’éclat de la prunelle rouge”, l’enigma si scioglie, ed il volto si rivela lungo i tratti di una bocca gioconda, di occhioni strampalati.
Per questo mio piatto-scultura ho preparato una tartare di manzo tritata e condita e vi ho sparso sopra del pane speziato in frantumi. Ho creato così una serie di contrasti: di forme, di consistenze (le molli morbidità della carne, la croccantezza del pane), di gusti, di profumi.
Ritratti tridimensionali - e pertanto scultorei - dei volti, sono oggi realizzati anche in cioccolato, grazie a una specifica stampante appena messa a punto nel Regno Unito.
La creazione si rifà ad un personale codice poetico: rigoroso, lineare ed insieme assolutamente libero, gioiosamente inventivo. Permane in me, con forza, la lezione di Juan Miró, maestro e punto di riferimento imprescindibile. Anche in questo piatto prevale una visione luminosa, ilare, ludica direi, della vita e del mondo.
La realtà visibile intesa come successione di piani. Piani che scivolano l’uno sull’altro, quali velari di palcoscenico, cortine di nebbia che si schiudono palesando panorami finora sconosciuti. L’idea di un universo scomponibile in pannelli, da sfogliare a guisa di carte da gioco, ha affascinato molti pittori. "Io credo al primato dell’armonia delle forme. Al primato di quelle note suadenti che danno anima alle cose, e ai profili, e ai colori, e ai profumi, e ai sapori. E che fanno luce nei misteri più custoditi e bui: come un raviolo che, finalmente aperto, ci rivela senza riserve il suo cuore segreto.
"Sul nero del piatto, ho versato la salsa maionese, spargendovi poi tocchetti di carote e piselli: un’insalata russa scorporata, di fatto, che mi ha consentito di realizzare una variazione di quei dripping nati quale omaggio a Pollock e divenuti nel tempo una delle espressioni privilegiate della mia ricerca formale e compositiva."
Sopra questa campitura ho ordinato quindi falde di merluzzo sfogliato. Il dripping ha assunto così le caratteristiche di un dripping materico, a tre dimensioni, lievitante verso l’alto, in un armonico contrappunto di volumi e di cromie.
Il mio omaggio a Pollock si è avvalso della morbida campitura di una pasta - grani di riso - condita con una salsa a base di maionese. Sul fondo cremoso sono intervenuto con un dripping, appunto, un dripping a impronte circolari, nere (ho utilizzato, in proposito, il nero di seppia). A intersecare, matericamente, tali impronte, ho cosparso - nuclei solidi di un universo solcato da infinite parabole oscure - dei ricci di mare, rossi come corallo, come allettanti fiori di fuoco.
La guerra al tipico piatto bresciano è stata vinta dall'Europa e dall'adeguamento alle norme continentali, imposte anche a livello di caccia. Via passeri o allodole, proibita anche l'importazione. La passione di Angelo Inganni per quella pietanza che "faceva festa"
Curiosi sono, inoltre, gli elementi per collare usekh in fayence, che, portati da uomini e donne, erano tra gli ornamenti personali più diffusi in Egitto; la loro forma a “grappolo d’uva” si ritrova anche in lunghe file di inserti parietali di palazzi e templi, come motivo decorativo a simboleggiare la rigenerazione. L'iconografia e l'archeologia ci consentono di capire com'erano fatte le anfore -rivestite internamente da materiale impermeabilizzante per conservare il vino - e la diversificazione dei contenitori, in forme e grandezze, a seconda delle fasi di fermentazione e di invecchiamento