Della capanna (ritrovata) di Piero della Francesca e degli insani restauri dei quadri

Basta il confronto tra il prima e il dopo. Ai musicanti, saltimbanchi e giocolieri che dalla città di Piero sembra si apprestino a salire sul pullman per Londra al seguito del predicatore di turno e o a beneficio di pentole e unguenti richiamati da improbabili espertissime sirene senza bibliografia (a me che sono piuttosto attento è sfuggita, ma posso sbagliare che tutto può essere) dico: non è l’Erasmus che sognavo per voi e mi sa più di inconsapevole marchetta che di erudizione

di Roberto Manescalchi

Ho sempre più spesso profonde crisi di identità e sono sempre meno sicuro di quel che sono e di quel che dico, ma di una cosa mi pare di non poter dubitare in alcun modo: l’unico piccolo grembiule che abbia mai indossato è quello dei biliardi Ursus con la tasca porta gessi per preparare la stecca prima del tiro, evitare effetti di scivolamento, conseguenti steccate e deprecabili strappi del prezioso panno. Veste, quella del giocatore, smessa quasi subito per manifesta imperizia.

Non si tratta solo di grembiuli, niente cappelli se non un fedele Borsalino che mi accompagna da anni, ereditato dalla testa di mio padre che non ne aveva più bisogno. Niente anelli, collane e o distintivi al bavero della giacca. Ormai sono arrivato alla soglia dei settanta anni e ho sempre detto quel che mi andava di dire e non quel che secondo alcuni avrei dovuto dire. L’obbedienza, che pure è francescana ed in quanto tale encomiabile, non è pratica per gli uomini liberi. Non mi interessano sette, dopolavori vari e o confraternite. Certamente sette e consorterie possono aprire strade agevolate nel mondo del gregge di pecore, ma io, il gregge, non lo seguo quasi mai e, quasi sempre, purtroppo o per fortuna, non so dove vado e ve l’ho già detto. Forse, magari sbagliando, spesso ho proprio inclinazione ad andare controcorrente.

Bando alle ciance che oggi ho voglia di dirvi del grande architetto. No non è Hiram quello del tempio di Salomone che quella è una leggenda con testimonianze controverse anche se qualcuno gli ha dedicato una rivista che troppo spesso, indipendentemente da contenuti anche colti e interessanti, è collezionata intonsa da utili idioti senza lettere in scaffali ricchi imponenti e ben ordinati. Neanche di parlarvi di pietra grezza e pietra levigata che se uno è deficiente (dal latino deficere) tale è e tale resta hai voglia a levigare.

Si consuma tutto, ma sempre grezzo e mancante rimane fino all’ultimo granello. Ancora non mi risulta possibile aprire la scatola cranica e riempirla di cervello e o conoscenza. Mio nonno vecchio contadino toscano soleva ripetermi: “dove non c’è non ci si mette” e anche: “chi di trenta non ha di quaranta non aspetti”. Tradotto: se non capisci un cazzo non è probabilmente colpa tua, ma non ci si può fare niente. Per i cretini non c’è medicina e anche la lettura di Carlo Cipolla: “Allegro, ma non troppo con le leggi fondamentali della stupidità umana” edito da Il mulino per loro e purtroppo proficuo non è. La capanna reale del Natale di Piero, mi è stata segnalata da uno dei massimi esperti italiani di apparati murari l’ing. Giovanni Cangi persona di assoluto spessore e per mia somma fortuna carissimo amico. Potrei raccontare la sua storia in mille modi (la storia della capanna non di Giovanni che la sua Giovanni la racconta tutti i giorni da se con il suo proficuo lavoro) e proprio a partire da Hiram.

Potrei farlo per il perverso piacere dei cultori di pratiche misteriose e affascinanti, ma per lo più avrei la sensazione di rivolgermi solo a un branco di scemi (personalissimo parere). Potrei partire dai luoghi deputati, dai maestri muratori, dai sapienti alchemici e finanche dalla immensità dei modernissimi fautori di realtà virtuali. Nessuna voglia tuttavia di insultare i sani di mente e le persone, purtroppo poche, di buona volontà. Tantomeno in prossimità del natale appena trascorso e trattando di esso.

Allora, riguardo la capanna di Piero, quella oggi segnalata (Fot.1), diciamo che potrebbe anche essere, che il luogo sia deputato e anche l’esoterismo necessario a spiegare l’eventualità di un “impossibile” evocato ritrovamento potrebbe funzionare.

Foto 1

Giova premettere tuttavia che io non mi chiamo Indiana Jones e non cerco il Santo Graal. Secondo me c’è solo e soltanto che una muratura A apparecchiata in modo simile ad una muratura B possa reagisce in modo uguale se soggetta a medesime sollecitazioni indipendentemente dal luogo e dal tempo. Insomma che, molto probabilmente, Piero abbia usato, per rappresentare il suo natale, il rudere reale prodotto a partire da una costruzione soggetta ad analoga sollecitazione subita dal rudere che oggi presentiamo e che si è conservato chissà per quale misteriosa e arcana coincidenza che non sono in grado, per ora, di capire e spiegare e forse che, trascorso il mio tempo, spiegherà qualcun”altro.

Credo tuttavia che non ne valga necessariamente la pena. Il rudere risistemato c’è ed è reale (testimoniato dalla foto) e questo, a mio avviso, è quel che basta! Nessun inutile pellegrinaggio per visite insulse, per questo non dico dov’è. Nessun inglese per favore! Un rudere che testimonia in abbondanza l’asserto vasariano: “Fu (Piero) il miglior geometra che fusse alli tempi suoi”. Geometra va inteso con un significato un po’ più ampio di quello che oggi attribuiamo al termine. Diciamo che allora, nel Quattrocento, molto probabilmente, era vicinissimo al “Maitre a penser” che Le Corbusier ha coniato, in modo utopistico, per il moderno Architetto. Certo la conoscenza di Piero era vastissima, testimoniata dalle sue opere teoriche. L’ultima, il suo Archimede, da me ed altri, pubblicata solo nel 2007 e all’appello manca ancora e come minimo il suo Euclide.

Un Piero scienziato vilipeso dall’ultimo restauro di cui tutto il mondo ormai ha parlato che ha reso la muratura destra della sua capanna da reale e ben testimoniata a sorta di paravento e o insulso foglio di carta (Fot.2).

Foto 2

Si sono cancellate le regole della prospettiva, ignorato il sapere che ha visto, a partire della metà del quattrocento, la scoperta che ha permesso il predominio della cultura del mondo occidentale e che ci ha consentito di vedere ‘oltre’. Ancora in altri mondi vedono e rappresentano in bidimensionale e da oggi anche alla National? In possibile ossequio ad una uscita dall’Europa? Re Carlo, che sicuramente so e conosco cultore di Architettura… tiri, per favore le orecchie (Sua maestà mi passi la battuta che vivo di irriverenza -l’ho di mestiere- anche se il ridicolo, se mai, è da ascriversi ai suoi dipendenti) tiri le orecchie a qualcuno perché questa non la perdono e continuerò all’infinito. All’infinito? Hanno solo fortuna che sono vecchio!

La musica non l’hanno vista i suoi “esperti” la precisa architettura qui ben documentata non hanno idea di cosa sia e però operano, puliscono, ritoccano, mettono le mani. Non è solo il rispetto per Piero che non è estemporaneo e o naïve improvvisato, ma colto e raffinato oltre ogni limite. Niente assembramenti per lui. Non ci risulta si sia mai mischiato nel branco di quelli che si pisciano addosso l’un l’altro.

Niente gite domenicali fuori porta al seguito di imbonitori che fanno cassa con pentole e o profumi farlocchi. Non è per Piero solamente è anche per l’Architettura. Nella fattispecie si tratta di opera in muratura medioevale dalla tradizione colta romana con paramenti in pietra sbozzata uniti trasversalmente al nucleo da ciottoli di fiume. Muratura tipica dell’epoca e diffusa nel territorio Altotiberino e zone limitrofe. Folli si sono fatti gioco dell’utero di Mnemosine violato da Zeus per impregnarla di muse e di musica. Non conoscono scansioni e risonanza proprie di architettura e suono e periranno certamente sotto il crollo di una qualche struttura. Ma anche senza scomodare gli dei per una gravidanza soprannaturale è di gravità inaudita l’ignoranza di Vitruvio (De Architettura) e di Leon Battista Alberti (De Re Edificatoria), tra l’altro amico e sodale di Piero della Francesca.

A voi è impedito l’attraversamento della stanza dei passi perduti e l’accesso al tempio. Avete sostituito un’architettura con una malandata quinta dei Bibbiena. Dubito che sappiate chi fossero i membri della famiglia casentinese che, fra l’altro, il teatro sapevano eccome tenerlo in piedi, mentre la vostra quinta, ricostruita in National, sbatte e cade ineluttabilmente sulla scena da un momento all’altro in virtù di forza latente a voi ignota per manifesta mancanza di conoscenza che niente sembrate sapere d’architettura.

Basta il confronto tra il prima e il dopo. Ai musicanti, saltimbanchi e giocolieri che dalla città di Piero sembra si apprestino a salire sul pullman per Londra al seguito del predicatore di turno e o a beneficio di pentole e unguenti richiamati da improbabili espertissime sirene senza bibliografia (a me che sono piuttosto attento è sfuggita, ma posso sbagliare che tutto può essere) dico: non è l’Erasmus che sognavo per voi e mi sa più di inconsapevole marchetta che di erudizione. Sicuramente oggi, in questo viaggio prossimo venturo, la follia non è illustrata da Hans Holbein che a quella copia (Fot.3 la follia scende dal pulpito Hans Holbein il giovane) è precluso l’accesso dalla vostra giovinezza, ma andate sereni, mostrate la vostra “arte” che viaggiare apre comunque la mente.

Foto 3

A Londra trovate tuttavia mezz’ora per recuperare una di quelle insulse e tremendamente kitsch torri da mettere sul comodino di casa. Non sperate nella loro piccola luce interna. Nessuna illuminazione! Comprate piuttosto Utopia di Tommaso Moro (Fot.4), va bene anche l’ultima delle edizioni economiche.

Cominciate quindi a riflettere sul fatto che un re inglese (Enrico VIII) fece tagliare la testa del filosofo perché non promuoveva la causa dell’utero di Anna Bolena. Una testa per un utero era l’alba di un tiepido mattino di luglio e la testa mozzata di Tommaso restò esposta al barbaro ludibrio per più di due mesi. “Che (possiate) avere la forza di cambiare le cose che (potete) cambiare, che (possiate) avere la pazienza di accettare le cose che non (potete) cambiare, che (possiate) avere soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere”. Forse la prossima volta prima di salire sulla corriera per Londra eserciterete un minimo di sano spirito critico

Della musica abbiamo detto ed oggi registriamo anche e ci conforta il plauso di Paolo Piccardi (Professore d’onore dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze e curatore dell’archivio di manoscritti musicali della SS. Annunziata di Firenze. Uno che di musica antica sa sicuramente molto.)

https://stilearte.it/var/www/vhosts/stilearte.ithttpdocs/buon-natale-con-la-musica-di-piero-della-francesca-trovata-nel-dipinto-ed-eseguita-per-la-prima-volta-ascoltatela-qui/

Della capanna pure (detto qui sopra), ma ancora non ho neppure cominciato, eppure qualcuno dovrebbe già dimettersi e possibilmente, invece di pontificare, chiedere scusa.

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Maurizio Bernardelli Curuz
Maurizio Bernardelli Curuz