Gentile Bellini e il primo sultano della guerra mediatica

Maometto II si era reso conto che questo scarto rispetto alla tradizione risultava indispensabile. Assumere un linguaggio figurativo significava poter interloquire con l'Occidente, a dimostrazione peraltro della funzione fondamentale dell'arte non soltanto nella politica, ma nella visione del mondo. Maometto II tentava un avvicinamento all'Europa che fosse pure mediatico, oltre che militare, dimostrando una certa elasticità nella comprensione dei linguaggi culturali iconici.



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Gentile Bellini, Ritratto di Maometto II, 1480, olio su tela,69.9 cm × 52.1 cm, Londra, Victoria and Albert Museum
Gentile Bellini, Ritratto di Maometto II, 1480, olio su tela,69.9 cm × 52.1 cm, Londra, Victoria and Albert Museum

 


Di lassù, su su una colonna alata una cinquantina di metri, avrebbe dominato palazzi, cupole, moschee, maestoso come gli imperatori bizantini dei quali si considerava l’erede. Sul cavallo di bronzo, fuso secoli prima per l’imperatore Teodosio, doveva rappresentare la potenza dell’Islam vittorioso. Invece Maometto II, il conquistatore di Costantinopoli, non ebbe una statua nell’Augustaion, davanti alla (ormai ex) chiesa di Santa Sofia.Il gran turco non sostituì Giustiniano sulla colonna, da dove incutere terrore nel mondo cristiano; e tutto ciò per colpa del di un “ineptus artifex” che non seppe corrispondere ai desideri del sovrano. Lo scultore licenziato era Bartolomeo Bellano. In verità un bravo artista padovano che la Serenissima Repubblica di Venezia aveva inviato ad Istanbul al servizio di Maometto II.
La statua doveva essere la massima rappresentazione del sultano, derogando alla tradizione coranica che vietava l’uso delle immagini. Eppure Maometto II si era reso conto che questo scarto rispetto alla tradizione risultava indispensabile. Assumere un linguaggio figurativo significava poter interloquire con l’Occidente, a dimostrazione peraltro della funzione fondamentale dell’arte non soltanto nella politica, ma nella visione del mondo. Maometto II tentava un avvicinamento all’Europa che fosse pure mediatico, oltre cfhe militare, dimostrando una certa elasticità nella comprensione dei linguaggi culturali iconici. La vicenda della satua mancata non è comprovata da documenti certi, ma viene ricostruita plausibilmente da Carlo Bertelli in uno studio sull’iconografia di Maometto II, pubblicata nel linro “Intermezzi veneziani”.
Il Gran Turco fu una personalità centrale del XV secolo. Conquistò Costantinopoli nel 1453, spalancando le porte dell’Europa all’Islam: in una lunga guerra (1463-1479) piegò Venezia, costringendola a cedere l’Albania e numerose isole greche. Divenne il terrore della Cristianità. uno status che, al pari dei grandi monnarchi dell’Occidente – antichi e contemporanei – richiedeva una degna rappresentazione, attraverso i simboli creati dall’Ellenismo, dalla romanità e dal Rinascimento. Non solo per affermare nel popolo l’autorità, ma soprattutto per legittimare all’estero la dignità raggiunta. Ecco, dunque, la necesssità di ricorrere agli artisti per i ritratti ufficiali. La più antica immagine di Maometto II risale al 1460. Nel Quattrocento in Europa, richiamandosi all’uso romano, si era ricominciato a fissare sulle medaglie le effigi dei Signori. Il Sultano feve lo stesso. La medaglia commissionata dal Gran Turco nel 1460 fu realizzata daq Pietro da Milano o da Francesco Laurana sulla base di un disegno, non essendo, questi artisti, mai stati ad Istanbul. Numerosi, durante il regno di Maometto II – che morì nel 141 – furono gli artisti italiani chiamati o inviati alla sua corte. Il più noto fu Gentile Bellini, figlio di Jacopo e fratello del più noto Giovanni – Giambelllino – ritrattista ufficiale della Serenessima, che fu inviato dallo Stato al Sultano, dietro sua diretta richiesta, appena conclusi i trattati di pace. Bellini dipinse il sultano inserendo il suo volto, com’era costume occidentale dell’epoca, sotto un arco a tutto sesto,retto da pilastrini con decorazioni di derivazione romana. Nonostante il turbante,l Maometto ribadiva così di essere divenuto un sovrano europeo, tanto quanto successore degli imperatori romani di Oriente, quanto come principale interlocutore di ogni regno e Stato europeo.


Bellini dipinse questo intenso ritratto e lavorò molto per la sua corte e i notabili. Realizzò anche una medaglia. Un altro artista ospitato sul Bosforo fu Costanzo da Carrara, pure medaglista. C’è poi la vicenda di questo ineptus artifex, che tanto incapace poi non era, visto che lavorava molto per Venezia e per il Capitolo di Sant’Antonio da Padova. Bellano aveva probabilmente partecipato anche al concorso per la realizzazione del monumento. Da qui Carlo Bertelli svolge una serie di suggestive e plausibili congetture per capire come mai l’artista venne così bollato e cacciato dal Sultano. Forse non riuscì a realizzare quella statua (2,5-3 metri) da collocare sul cavallo, che in origine ospitava Teodosio, e fu poi rimosso da Giustiniano. Il cavallo venne infine atterrato da Maometto II e fuso in cannoni dal suo successore. La colonna venne abbatuta tra il 1510 e il 1525

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Redazione
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