Si moltiplicano le ricerche di fonti archeologiche dirette che accrescano le numerose prove della diffusione dell’antenato dell’aspirina nel mondo antico. Certamente i Romani ne facevano grande uso. Con certezza si sa che l’acido acetilsalicilico, era consigliato dai principali studiosi dell’antichità che si occupavano di Medicina e di Scienze naturali.
L’uso di estratti naturali contenenti composti simili all’aspirina risale a migliaia di anni fa, ben documentato attraverso fonti storiche e reperti archeologici. Le piante contenenti salicilati, come la corteccia del salice (Salix alba) e le foglie del mirto (Myrtus communis), venivano utilizzate nell’antichità per le loro proprietà terapeutiche, anticipando l’uso moderno dell’acido acetilsalicilico, l’ingrediente principale dell’aspirina.
Naturalmente questo articolo non promuove il prodotto in sé, ma ha un carattere esclusivamente culturale, finalizzato a conoscere la persistenza di alcuni “principi attivi” nella storia, sottolineando le grandi doti d’osservazione dei nostri antenati.
Ippocrate e il salice: i classici greci
Le prime fonti scritte sul salice e i suoi benefici medicinali provengono dal corpus di Ippocrate (460-377 a.C.), considerato il padre della medicina. Nei suoi trattati, Ippocrate descrive come le donne masticassero foglie di salice per alleviare i dolori durante il parto. In un passo specifico, Ippocrate menziona il potere della corteccia di salice nel ridurre la febbre, una pratica che verrà ripresa e approfondita nei secoli successivi. Agli stati infiammatori protratti si attribuiva – giustamente – l’insorgenza di molte malattie. Ed è pertanto possibile che gli antichi abbiano pensato anche a dosaggi limitati quotidiani come terapia preventiva.
Le proprietà del salice non erano solo conosciute in Grecia, ma venivano largamente utilizzate anche dalle popolazioni mesopotamiche. Reperti archeologici datati tra il III e il II millennio a.C. rinvenuti a Nippur, un importante sito della Mesopotamia, hanno rivelato tavolette cuneiformi in cui si faceva riferimento a rimedi a base di piante, tra cui il salice, per trattare il dolore e la febbre.
Dioscoride e Plinio: le piante medicinali nell’antica Roma
Nel I secolo d.C., il medico e botanico greco Dioscoride, nella sua celebre opera De materia medica, descrive in dettaglio le proprietà curative della corteccia di salice e delle foglie di mirto. Dioscoride afferma che il decotto di corteccia era efficace per ridurre l’infiammazione e alleviare il dolore articolare, precorrendo l’uso moderno di farmaci antinfiammatori.
Questa conoscenza venne ulteriormente diffusa da Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) nella sua enciclopedica Naturalis Historia, una delle principali fonti di conoscenza botanica e medica nel mondo romano. Plinio menziona ripetutamente il salice, raccomandandolo per la cura delle febbri e dei dolori muscolari. I suoi scritti, considerati fondamentali per comprendere le pratiche mediche romane, sono stati confermati, a livello di tradizione terapeutica molto antica – dai ritrovamenti archeologici di papiri medici e ricettari, come il Papyrus Ebers (datato intorno al 1500 a.C.), in cui venivano elencati preparati a base di corteccia di salice per curare febbre e dolori.
Reperti archeologici: salici e piante medicinali nelle tombe e nei luoghi sacri
Il legame tra i rimedi a base di salicilati e le pratiche mediche antiche è corroborato da ritrovamenti archeologici in diversi contesti funerari e rituali. In Egitto, gli scavi nelle tombe tebane hanno portato alla luce vasetti contenenti tracce di estratti vegetali, tra cui derivati di salice, che probabilmente venivano utilizzati per trattamenti medici o come offerte rituali. In particolare, in alcuni depositi risalenti al Nuovo Regno (1550-1070 a.C.), si sono trovati resti di piante medicinali accanto agli unguenti funebri, suggerendo che le loro proprietà curative potessero essere simbolicamente legate all’idea di guarigione e rinascita nell’aldilà.
Anche nell’antica Grecia, le piante medicinali venivano spesso associate a divinità curative come Asclepio, il dio della medicina. Durante gli scavi nel Santuario di Asclepio a Epidauro, sono stati trovati vasi che contenevano estratti vegetali, tra cui salici, presumibilmente utilizzati nei rituali di guarigione.
Gli estratti si ottenevano prelevando il deposito della cottura di parti di salice. Ciò che rimaneva sul fondo veniva poi assunto come medicinale.
E’ probabile che l’uso di questo medicinale fosse molto diffuso e che fosse utilizzato sia nell’ambito della medicina domestica, che nel campo della medicina militare. L’acido in polvere poteva essere contenuto in cilindretti di vetro, simili agli unguentari, dai quali si attingevano le dosi attraverso cucchiaini lunghi dal colmo minuto che avrebbero consentito la misurazione.
La storia dell’aspirina moderna: dal salice all’acido acetilsalicilico
Il salto dal rimedio naturale alla medicina moderna avvenne nel XIX secolo, quando il chimico tedesco Johann Andreas Buchner riuscì a isolare per la prima volta la salicina dalla corteccia di salice nel 1828. Poco dopo, nel 1838, il chimico italiano Raffaele Piria scomponendo la salicina, ottenne l’acido salicilico, aprendo la strada all’uso scientifico del principio attivo del salice.
Nonostante l’efficacia dell’acido salicilico nel trattare il dolore e la febbre, esso causava gravi irritazioni gastriche. Nel 1897, il chimico tedesco Felix Hoffmann, lavorando per la Bayer, sintetizzò una versione meno irritante dell’acido, l’acido acetilsalicilico, noto oggi come aspirina. Bayer lanciò l’aspirina nel 1899, commercializzandola inizialmente come polvere, e solo successivamente in compresse.
L’aspirina oggi: usi e ricerche attuali
Oggi, l’aspirina è ampiamente utilizzata per una vasta gamma di applicazioni mediche. Viene impiegata per alleviare dolori leggeri e moderati, ridurre la febbre e trattare infiammazioni. Uno degli usi più comuni è come anticoagulante per prevenire la formazione di coaguli sanguigni, specialmente nei pazienti a rischio di infarti e ictus.
Oltre al suo utilizzo come analgesico, recenti studi hanno dimostrato che l’aspirina potrebbe avere un ruolo nella prevenzione del cancro, in particolare del cancro al colon. Le proprietà antinfiammatorie dell’aspirina, unite alla sua capacità di inibire l’enzima COX-2, un promotore della crescita tumorale, sono oggetto di numerose ricerche.
Altre ricerche stanno indagando il potenziale uso dell’aspirina nella prevenzione delle malattie neurodegenerative, come il morbo di Alzheimer. Si ritiene che l’aspirina, riducendo l’infiammazione nel cervello, possa rallentare il declino cognitivo.
Un ulteriore campo di indagine riguarda l’uso dell’aspirina nella prevenzione della preeclampsia, una condizione pericolosa che può svilupparsi durante la gravidanza. Studi preliminari indicano che piccole dosi di aspirina possano ridurre il rischio di sviluppare questa condizione.
Tuttavia la sostanza attiva più antica usata in medicina che viene ancora utilizzata oggi è probabilmente l’oppio, estratto dal papavero da oppio (Papaver somniferum), contenente alcaloidi come la morfina e la codeina, noti fin dall’antichità per i loro effetti analgesici. Questo principio attivo risale a migliaia di anni fa e fu utilizzato in civiltà come gli Egizi, i Sumeri, i Greci e i Romani per trattare il dolore. Nonostante oggi la morfina sia purificata e utilizzata in forma più controllata, i suoi effetti di sollievo dal dolore sono ancora parte della medicina moderna.
Classifica dell’aspirina arcaica
In una possibile classifica delle sostanze attive antiche ancora usate oggi, l’aspirina occuperebbe una posizione importante, a livello di antichità, ma sarebbe preceduta da altre sostanze come l’oppio e la morfina, che hanno una storia ancora più lunga di utilizzo terapeutico.
Altri principi attivi usati dall’antichità a oggi
Ecco un elenco di principi attivi che erano in uso nell’antichità e che sono ancora utilizzati in medicina moderna:
- Morfina (Papavero da oppio) – usata come analgesico e sedativo in diverse civiltà antiche, come Sumeri, Egizi, Greci e Romani. È oggi un potente farmaco analgesico, utilizzato per trattare il dolore acuto e cronico.
- Salicina (Corteccia di salice) – usata per alleviare febbre e dolore, oggi la sua versione sintetica è l’acido acetilsalicilico (aspirina).
- Codeina (Papavero da oppio) – derivato dell’oppio, utilizzato per alleviare il dolore e come sedativo, oggi è un componente di alcuni farmaci contro il dolore moderato e la tosse.
- Aloe – utilizzata dagli Egizi, dai Greci e dai Romani per trattare ustioni, ferite e disturbi della pelle. Ancora oggi viene impiegata nei prodotti dermatologici per le sue proprietà lenitive e cicatrizzanti.
- Digitale (Digitalis purpurea) – usata in passato per trattare problemi cardiaci, le foglie di questa pianta contengono glicosidi cardiaci, come la digitossina, che vengono ancora utilizzati per trattare alcune forme di insufficienza cardiaca.
- Ippocastano (Aesculus hippocastanum) – gli antichi lo usavano per problemi vascolari. Oggi, l’estratto di ippocastano viene usato per trattare disturbi venosi, come le vene varicose.
- Cannabis (Cannabis sativa) – conosciuta da migliaia di anni per le sue proprietà analgesiche, antiemetiche e antinfiammatorie. Viene oggi usata a scopo terapeutico per trattare dolore cronico, nausea e altri disturbi.
- Pepe (Piper nigrum) – utilizzato in medicina tradizionale per migliorare la digestione. Oggi, la piperina, il suo principale alcaloide, è studiata per le sue proprietà bioattivanti che aumentano l’assorbimento di altri farmaci.
- Colchicina (Colchico d’autunno) – usata nell’antichità per trattare la gotta. Oggi è ancora uno dei principali trattamenti per questa malattia.
- Assenzio (Artemisia absinthium) – noto ai Greci e ai Romani per le sue proprietà digestive e vermifughe. L’assenzio viene ancora usato in fitoterapia e nella produzione di bevande come l’assenzio.