Gli archeologi si calano nel pozzo di una villa gallo-romana, trovata durante gli scavi per un supermercato. Un edificio affrescato

La villa sorgeva a circa 500 metri dal nucleo urbano. Una distanza strategica che consentiva ai proprietari di divenire fornitori di diverse vettovaglie. I prodotti forniti dovevano essere numerosi. Oltre ortaggi, carni e frutta, la proprietà doveva fornire ai costruttori della zona cospicue quantità di calce


I primi scavi, effettuati durante l’urbanizzazione della zona commerciale dell’Oison, hanno sicuramente permesso di comprenderne l’essenziale. Questa seconda fase, affrontata nel secondo semestre 2023 nel luogo in cui presto sarà realizzato un edificio commerciale, ha permesso di andare oltre. Presto, al posto della villa romana sorgerà un supermercato. Ma gli archeologi guidati da Bruno Lepeuple, responsabile dell’operazione di ricerca preventiva per la società archeologica Éveha, hanno rilevato ogni parte dei resti dell’edificio antico. Importante è stata l’operazione relativa all’indagine di un pozzo romano in cui sono stati trovati, soprattutto, resti di intonaci dipint. Caudebec-lès-Elbeuf è un comune francese situato nel dipartimento della Senna Marittima in regione, in Normandia.


Il nucleo antico della città gallo-romana – che si chiamava Uggade – si colloca lungo l’antica strada che collega Rouen a Parigi, e la sua rilevanza emerge da numerose scoperte archeologiche che risalgono a quell’epoca. La stazione gallo-romana di Uggade ha restituito, nel tempo, una serie di reperti, tra cui tombe, tracce di edifici come terme e fanum. Il vocabolo latino “fanum” (al plurale “fana”) nelle antiche fonti solitamente si riferisce a un luogo sacro generico o a un piccolo edificio di culto, quasi equivalente al termine “sacellum”. Cicerone utilizza questa parola per indicare santuari al di fuori della tradizione classica, mentre Svetonio riporta che durante la guerra gallica Cesare aveva distrutto fana e templi, utilizzando entrambi i termini. (scorri verso il fondo per proseguire gratuitamente la lettura)

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Tra le vestigia e gli oggetti portati qui alla luce nei decenni figura una cospicua varietà di oggetti provenienti da tombe o luoghi diversi, tra cui statuette, monete galliche e romane, gioielli, oggetti legati alla vita quotidiana, armi e una “Venere inguainata”, un piccolo manufatto in ceramica rappresenta una figura femminile nuda con un torque al collo, ornata da volute lungo il corpo e le gambe. L’iscrizione in celtico leggibile sulla statuetta recita: “rextugenos sullias avvot”, che gli specialisti interpretano come “Rextugenos figlio di Sullias mi ha fatto”. Questa firma rivela l’identità del vasaio, autore di numerose altre Veneri inguainate.

Attorno al nucleo cittadino gravitavano ville rurali. Una di queste è venuta alla luce durante scavi recenti. La realizzazione di un supermercato nella zona ha portato a verifiche archeologiche preventive, concluse le quali scatterà il permesso di costruzione. La villa sorgeva a circa 500 metri dal nucleo urbano. Una distanza strategica che consentiva ai proprietari di divenire fornitori di diverse vettovaglie. I prodotti forniti dovevano essere numerosi. Oltre ortaggi, carni e frutta, la proprietà doveva fornire ai costruttori della zona cospicue quantità di calce.

Gli archeologi hanno infatti notato la presenza di una dozzina di fornaci da calce. E’ probabile che parte di esse fossero state fondate a servizio degli interventi di realizzazione dell’edificio stesso e delle sue pertinenze produttive, ma un numero così elevato di forni per la cottura delle pietre calcaree lascia intendere che la produzione fosse soprattutto finalizzata alla vendita.

“Degli edifici abbiamo trovato soprattutto delle fondazioni, che ci permettono di avere una pianta della villa. – affermano gli archeologi di Éveha – Qui dovevamo avere un edificio molto possente, data la qualità della costruzione. Si trattava certamente di un’abitazione, che se fosse ancora in piedi costituirebbe un importante monumento della regione”
La villa – oltre ad essere imponente – era affrescata secondo lo stile romano. Frammenti di intonaci dipinti e appartenenti a pareti decorate, sono venuti alla luce dal fondo del pozzo della villa stessa.

“Sul cantiere Caudebec-lès-Elbeuf – dicono gli archeologi – la scoperta di un pozzo all’interno della villa gallo-romana ha richiesto l’intervento della piattaforma Fouille in ambiente ristretto. Lo scavo di questo pozzo, conservato ad una profondità di 5,8 m, è stato affidato a Marc-Antoine Thierry e Julien Chantran per due settimane.
Di forma quadrata e 1,7m diametro, il piano si distorce per diventare ovale quando si apre il pozzo. La prima parte del pozzo era costituita da una struttura in legno, completamente scomparsa. Il riempimento del pozzo durante la spoliazione dell’edificio ha consegnato numerosi reperti: blocchi e marmi del bordo del pozzo, elementi architettonici in calcare e marmo, piastrelle, resti di fauna selvatica, ecc. , ma anche molti frammenti di intonaci dipinti”.

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Maurizio Bernardelli Curuz
Maurizio Bernardelli Curuz