Il misterioso bronzetto etrusco che raffigura un nume che somiglia al nostro Babbo Natale. Chi era?

Si ritiene che possa essere un bronzetto votivo, un offerta di un dono a una divinità. Ma esso rappresenta anche un archetipo: il buon padre o il generoso nonno che torna con la selvaggina e con doni dalla foresta per portarli ai familiari. Forse proprio quel ruolo che appare dolce e magico, ad un tempo

Il Museo Archeologico Nazionale di Adria recupera un’immagine davvero impressionante. Un nume etrusco – detto l’Eracle di Contarina – che fu trovato tra la fine dell’Ottocento e primi del Novecento e che, a prima vista, potrebbe risultare come uno degli antenati iconografici di Babbo Natale. Già, perché probabilmente il nucleo leggendario del buon cacciatore, sorridente – somigliante a un padre o a un nonno che torna con la selvaggina per un pranzo d’inverno ( ed è inverno, nella scena, perché il nume è ben coperto) è un archetipo della storia dell’umanità.

“Oggi parleremo di una statuetta bronzea conservata al Museo Archeologico di Adria che assomiglia proprio a Babbo Natale – dicono gli studiosi del Museo – La figura è tradizionalmente interpretata come un “Hercle”, il leggendario eroe greco. L’eroe era rivestito da una pelle di leone ed era armato di clava”.
“Il nostro Eracle, invece, è coperto da una pelle di un fervide che, legata per due zampe alla spalla sinistra e cinta in vita, ricade con la testa sul ventre e con le altre zampe lungo i fianchi; nella mano sinistra tiene una preda e sotto il braccio stringe una faretra; nella mano destra doveva esserci un arco che purtroppo è andato perso. E’ possibile quindi che la nostra statuettes non raffiguri l’Hercle di tipo greco, ma una divinità cacciatrice più vicina al mondo divino etrusco”.

“Come si chiama il copricapo che indossa, molto simile al cappello di Babbo Natale? – proseguono gli studiosi del Museo archeologico nazionale di Adria – E’ il tipico berretto degli arcieri, di foggia orientale, detto “berretto frigio”, al di sotto del quale intravvediamo una fila di riccioli che incorniciano il volto insieme a una folta barba. Notiamo sicuramente il “sorriso” di questo bronzetto: per gli archeologi è un tratto importantissimo perché ci permette di datarlo al 500 a.C., l’età arcaica caratterizzata da un’espressione simile nelle produzioni dell’arte statuaria. Che cosa era questa statuetta? Probabilmente si trattava di un bronzetto votivo dedicato come offerta preziosa ad una qualche divinità”. Qui sotto, vediamo un filmato girato da Archeoreporter, uno dei migliori portali di archeologia del mondo.

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Maurizio Bernardelli Curuz
Maurizio Bernardelli Curuz