Le Symbolisme de la nature (1864) di monsignor De la Bouillerie – arcivescovo di Berga e coadiutore della diocesi di Bordeaux – è un raro dizionario ragionato dei simboli della natura, animata e inanimata, che coglie, attraverso i testi biblici e patristici, la stretta connessione tra la Parola divina e gli elementi naturali, indicando precisi percorsi interpretativi a chi si accinga alla lettura di testi di matrice religiosa. Proseguiamo la pubblicazione di alcuni stralci dei preziosi volumi.
di monsignor De la Bouillerie
[L]e vaste acque del mare, nelle quali vivono i pesci, ci suggeriscono un altro insegnamento. (…) Così come gli uccelli che volano in alto sono l’immagine delle anime sante che aspirano verso le regioni pure della divina saggezza, i pesci rappresentano gli uomini che, tuffati nell’abisso degli interessi carnali, percorrono incessantemente i sentieri oscuri dell’oceano del mondo e si smarriscono a cercare vanamente i beni ingannatori del secolo, dove tutto passa, tutto scorre come l’onda succede all’onda. Ma cosa cercano i pesci percorrendo i fondali? Cercano il nutrimento e, più spesso, per nutrirsi, si divorano gli uni gli altri. Un nuovo simbolo nel quale è facile riconoscere gli uomini che vivono la vita del mondo. I loro interessi e le loro passioni si intrecciano e si combattono; è una lotta incessante nella quale i potenti trionfano e i deboli soccombono. (…)
Abbiamo messo in risalto la voracità del pesce. E’ essa stessa la causa della sua fine, quando si lascia prendere dall’amo. Per attirarlo basta la minima esca: una mosca, un verme; sovente persino il semplice luccichio di un oggetto dai vividi colori. Ma se l’esca del mondo inganna gli uomini e li porta alla perdizione, “la rete che tende loro Gesù Cristo li innalza al di sopra dell’abisso e li salva”.
Gesù Cristo nel Vangelo ha sovente paragonato gli uomini ai pesci, e la pesca è una delle immagini con le quali ha rappresentato l’opera di salvezza degli uomini. I suoi quattro primi Apostoli sono semplici pescatori che egli incontra sulle rive del lago, mentre lanciano le reti o le riparano. Li chiama, e la sua prima parola è questa: “Seguitemi ed io vi farò diventare pescatori di uomini”.
San Giovanni Crisostomo nota che Cristo, avendoli una prima volta chiamati, li vede poi allontanarsi da lui. Cosa fa allora? Non si stanca di aspettarli e li invita a tornare, riportandoli infine a sé, per sempre, pescando egli stesso i suoi pescatori, con una cura e un’arte meravigliose. Li fa pescatori di uomini. E in effetti, aggiunge lo stesso Padre: “Essi getteranno la rete della parola sulla moltitudine degli uomini tuffati in mezzo agli abissi ed ai temporali del mondo, laddove non si cammina come sulla terra ferma, ma dove si è trasportati dalle onde”.
Lo strumento della loro pesca sarà la predicazione con la parola: non una parola vana ed elevata da un’orgogliosa eloquenza, ma un linguaggio semplice e rude come loro: “Perchè – riprende Sant’Agostino – Gesù Cristo non ha voluto degli oratori per farne i suoi discepoli, ma con questi pescatori egli ha convertito alla sua fede persino gli imperatori”.
Il Vangelo ci presenta il racconto di due pesche miracolose, delle quali l’una ha preceduto la Passione del Salvatore, l’altra ha seguito la sua Resurrezione. (…) La prima pesca, di cui riferisce l’evangelista Luca, ebbe luogo poco tempo dopo la vocazione degli Apostoli. Costoro continuavano a gettare le loro reti nel lago. Gesù, essendosi avvicinato alle acque, vide due barche ferme sulla riva, e poiché la folla incalzava per ascoltarlo, salì su una delle due, quella di Simone, e da lì istruì il popolo che si trovava sulla terra. (…) Avendo smesso di parlare, Gesù disse a Simone: “Avanza in alto mare e getta le reti per pescare”. “Maestro – risponde Simone -, abbiamo lavorato tutta la notte senza prendere niente, ma sulla tua parola io getterò la rete”. Il Salvatore doveva, più tardi, far comprendere ai suoi discepoli perchè, la notte, essi non avevano pescato nulla. “Senza di me – dirà loro -, senza la mia luce e senza la mia grazia voi non potete alcunché”. Gli Apostoli obbediscono, e catturano una così grande quantità di pesce che le reti si spezzano. Quelli che occupavano la seconda barca si affrettano ad andare in loro aiuto, e le due barche sono talmente colme che rischiano di affondare. (…) Le due barche rappresentano il popolo ebraico e il popolo dei Gentili; esse si avvicinano tra loro alla voce di Gesù Cristo, perchè è lui la pietra angolare che unisce i due popoli. Ma le barche, troppo cariche, sono sul punto di affondare: “Perchè ci sono molti cristiani che vivono male, il loro peso affatica la Chiesa e sembra farla inclinare verso l’abisso”. L’evangelista nota infine che l’abbondanza della pesca fa rompere le reti: “Ciò che spezza le maglie delle reti della Chiesa – ci dice Sant’Agostino – sono l’eresia e lo scisma”. (…) Abbiamo appena visto che le Sacre Scritture adoperano sovente l’immagine del pesce per rappresentare l’uomo e per fornire utili insegnamenti. Tuttavia i più antichi ed i più illustri monumenti della religione cristiana attribuiscono a Gesù stesso il simbolo del pesce.
Nei primi secoli della Chiesa, la persecuzione da una parte e dall’altra la moltitudine degli infedeli obbligavano i cristiani a custodire nel profondo del cuore il segreto del Divino Re, e si comprende perchè abbiano adottato certi segni noti solo a loro per ricordare le sublimi credenze. Il pesce fu uno di questi segni, e sulle più antiche pietre sepolcrali trovate nelle catacombe la sua immagine è uno degli indizi attraverso i quali si riconoscevano le tombe cristiane. Non soltanto il simbolo dipinto, ma anche il sostantivo “pesce” scritto in greco indicava ai fedeli il Dio nascosto che essi adoravano. Le cinque lettere che lo compongono costituiscono infatti l’inizio delle seguenti parole: Gesù Cristo, figlio di Dio, Salvatore. L’uso di questo pietoso enigma risale alle prime tradizioni della Chiesa orientale.
Ma perchè Gesù Cristo è simboleggiato dal pesce? Sant’Agostino lo spiega, dicendo che il Salvatore ha vissuto in purezza e senza peccato nelle profondità dell’umanità colpevole, come il pesce dimora vivo negli abissi del mare. Tuttavia, è ai nostri libri santi che noi dobbiamo in primo luogo domandare la ragione di questo simbolo, come di ciascuno di quelli che noi assumiamo dalla natura. Così, il pesce che si offre al giovane Tobia quando costui sta lavandosi i piedi sulle rive del Tigri, non ci presenta, in modo allegorico, la figura di Gesù? La carne del pesce che nutre; la sua fede e il suo cuore che allontanano il demonio; il suo fiele che restituisce la luce agli occhi, ci ricordano il Salvatore del mondo. Tobia incontra il pesce misterioso, come più tardi i discepoli di Emmaus incontrano il celeste viaggiatore che illuminerà i loro spiriti, che scalderà le loro anime col fuoco divino dell’amore e che diventerà il loro alimento sotto la forma di un pezzo di pane.
Ed ancora, il pesce che inghiotte Giona, nel cui ventre il profeta rimane prigioniero per tre giorni e tre notti, non è un eclatante simbolo del Salvatore e della Resurrezione?
Allo stesso modo, i santi dottori sono concordi nel riconoscere la figura di Cristo sia nei due pesci che, con i cinque pani, sono moltiplicati nel deserto, sia nel pesce arrostito che gli Apostoli presentano al Salvatore, quando, apparendo loro dopo la sua resurrezione, egli dice: “Non avete niente da darmi da mangiare?”.
Gesù Cristo stesso vuole insegnarci che la moltiplicazione dei pani e dei pesci è simbolo in modo mirabile della Santa eucaristia. (…) Ma se il miracolo del deserto ricorda soprattutto l’istituzione eucaristica, il pesce arrostito offerto dagli Apostoli a Gesù resuscitato è soprattutto il simbolo della sua dolorosa passione: “Piscis assus, Christus passus”.
Questa formula, sovente usata dai Padri latini, interpreta le tradizioni cristiane che avevano, fin dall’origine, consacrato un’analogia simbolica tra il pesce sottomesso all’azione del fuoco e il Salvatore consumato dai fuochi ardenti della sua passione. Si comprende allora perchè i primi cristiani amassero scrivere dappertutto la misteriosa immagine del pesce, che faceva loro ricordare, appunto, la Passione e l’Eucaristia.