Uno studio, pubblicato in questi giorni da Science advances, ha portato alla luce un fenomeno inquietante nell’Europa neolitica: più di una dozzina di omicidi rituali di donne, sacrificate secondo un rituale apparentemente legato alle pratiche agricole di quel tempo.
L’omicidio delle vittime sacrificali tramite “incaprettamento” costituiva una pratica riscontrata in diverse regioni dell’Europa neolitica. Questo rituale consisteva nel legare il collo delle vittime alle loro gambe piegate dietro la schiena, causandone l’asfissia. Un metodo che portava la vittima ad essere carnefice di se stessa, orribilmente.
L’indagine che ha portato a questa scoperta ha avuto inizio con lo studio di un’antica tomba scoperta a Saint-Paul-Trois-Châteaux, nel sud della Francia, più di 20 anni fa. Le due donne sepolte lì circa 5.500 anni fa sono state ritrovate in una struttura a sezione circolare simile a un silo, suggerendo una connessione simbolica con le pratiche agricole dell’epoca. Secondo gli studiosi, le donne erano state incaprettate, così da causa l’asfissia, suggerendo che almeno una di esse potrebbe essere stata sepolta viva.
Questo studio ha portato alla luce altri casi simili di sepoltura insolita in Europa durante l’età della pietra, con corpi disposti in modo anomalo. Gli archeologi hanno cercato prove supplementari per comprendere se questi omicidi, sebbene violenti, facessero parte di una più ampia tradizione rituale legata all’agricoltura neolitica.
I ricercatori hanno identificato 14 siti in Europa orientale fino alla Catalogna, dove sono stati trovati resoconti di sepolture simili. Inoltre, sono emersi dettagli dalle incisioni rupestri mesolitiche in Sicilia, che raffigurano figure legate in modo simile.
Affrontare la sfida di distinguere il sacrificio rituale da altre forme di violenza ritualizzata è stata una delle principali difficoltà in questo studio, soprattutto considerando l’assenza di testimonianze scritte nell’ambito della preistoria.
Secondo i ricercatori, la pratica dell’omicidio rituale potrebbe essere iniziata come una consuetudine sacrificale prima dell’avvento dell’agricoltura, per poi essere adottata come parte dei rituali sacrificali legati all’agricoltura durante il neolitico.
Le incisioni rupestri mesolitiche dalla Grotta dell’Addaura, vicino a Palermo, mostrano undici esseri umani e un cervo, in una scena che suggerisce la pratica dell’incaprettamento. Alcuni individui sono adornati con maschere a becco di uccello, mentre due figure sono disposte in posizione prona con una corda tesa tra le caviglie e il collo, suggerendo un atto di strangolamento.
È possibile che questi sacrifici fossero praticati come una forma di pena di morte ritualizzata nel passato remoto, forse riservata, pur in un contesto di sacrificio rituale alle divinità, a chi aveva commesso crimini gravi rispetto al gruppo? Le persone sacrificate appartenevano al gruppo che eseguiva il sacrificio o erano persone ad esso estranee? Certamente va sottolineato il fatto che nell’incaprettamento l’omicidio avviene come una forma di terribile, lento autostrangolamento. Colui che compie, in verità, questo atto orribile si chiama, in qualche modo, fuori dall’atto di morte stesso. Questa tecnica è stata più volte usata dalla mafia verso chi ha mancato alle sue leggi di fedeltà o di omertà. E’ possibile pensare che esista una continuità con l’arcaico e che questa forma di delitto colpisse – nel neolitico – donne del clan considerate traditrici e, come tali, offerte alle divinità?
Lo studio: Science Advances