Neve e fumi. I treni di Monet. Perché li dipinse? E che significato hanno nell’Impressionismo? L’attimo fuggente

Il presente, rispetto al passato. Ma un presente dedicato alle piccole grandi cose della quotidianità, non verso la cronaca. Non furono i grandi fatti del presente ad interessare gli impressionisti. Al centro dell'azione esercitata soprattutto dalla linea di Monet - esiste una linea, quella di Degas, attenta agli interni e alla figura umana -  furono quadri di paesaggio o vedute, nei quali fossero colti gli elementi cangianti della luce, i mutamenti atmosferici,  che si riverberava nell'anima dello spettatore

 

Claude Monet, Le train dans la neige, 1875, olio su tela,59 cm × 78 cm., Musee Marmottan Monet, Parigi

 

di Redazione
Stile arte è un quotidiano di cultura, arte e archeologia fondato nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz

La svolta significativa dell’Impressionismo, in estrema sintesi, fu quella di rifiutare le tecniche dettagliate della pittura accademica e, soprattutto, di non affrontare i generi tradizionali della pittura di storia – azioni eloquenti di antichi Romani, di Greci, di Eroi, battaglie storiche – della pittura mitologica e religiosa.

Lo sguardo degli impressionisti si orientò verso il presente, verso l’istante quotidiano, privo di ogni retorica celebrativa e di ogni alta eloquenza. Scene di mare, giardini. Gente che passeggiava sui boulevard, nei parchi. Nevicate. Fiumi, fiori. Vento, nuvole. Il mutamento dei colori della luce sulle facciate delle case o delle cattedrali.

Il presente, rispetto al passato. Ma un presente dedicato alle piccole grandi cose della quotidianità, non verso la cronaca. Non furono i grandi fatti del presente ad interessare gli impressionisti. Al centro dell’azione esercitata soprattutto dalla linea di Monet – esiste una linea, quella di Degas, attenta agli interni e alla figura umana –  furono quadri di paesaggio o vedute, nei quali fossero colti gli elementi cangianti della luce, i mutamenti atmosferici,  che si riverberava nell’anima dello spettatore.

Le pennellate divennero rapide e disposte in una sorta di stenografia, secondo la natura vibrante e apparentemente disordinata della natura.

Una gara nei confronti della realtà – cogliere l’istante consentiva al pittore di mostrare il proprio virtuosismo – alla quale non è estraneo l’avvento della fotografia che, in un primo momento, si pensò potesse superare la pittura. Eppure la freddezza dell’occhio meccanico, il bianco e nero e l’incapacità della macchina di rendere la parte emozionale dell’osservazione, lasciò al mezzo fotografico, soprattutto, una funzione di documentazione oggettiva del mondo, creando uno spazio nuovo che valorizzava, per contrapposizione, la libertà interpretativa da parte pittori.

Una riproduzione imperfetta, generalmente – escluse le immagini dei grandi maestri – quella della fotografia, sotto il profilo sensoriale ed emozionale. Poiché l’uomo percepisce in modo diverso, rispetto a un occhio meccanico od elettronico. Osservando una porzione di realtà, noi percepiamo le zone calde e quelle fredde, l’azione del vento, il ruvido e il liscio, il gradevole e lo sgradevole, il profumo e gli odori, fino a cogliere l’atmosfera psicologica dominante del luogo. La pittura impressionista è in grado di rendere ogni parte della visione un’esperienza di rievocazione umana dell’istante e della pienezza sensoriale della percezione. Tutto ciò che viene considerato effimero, sotto il profilo fenomenico, diventa oggetto d’esplorazione da parte del pittore che ferma l’attimo fuggente.

Le nuvole e i fumi
Le nuvole e i fumi erano già stati al centro dell’osservazione dei pittori romantici inglesi, ai quali gli impressionisti devono tanto: Constable e Turner. Nubi temporalesche, strati vaporosi, cumuli ampi, candidi e soffusi, intrisi di più valori tonali.

Pure osservando il fumo di un fuoco, all’aperto, veniamo rapiti dalla sua natura nastriforme, dal suo dipanarsi nell’aria, passando dal bianco al grigio, all’azzurrino. Nuvole e fumi rapiscono il nostro occhio. I treni a vapore offrivano uno spettacolo non solo – e non tanto – per quella modernità che proprio in quegli anni veniva cantata, tra gli altri da Carducci, ma in quanto velocità e vapore, luci e fumi trasformavano quella macchina in un meccanismo di complesse emissioni sensoriali.

Claude Monet, Le train dans la neige, 1875, olio su tela,59 cm × 78 cm., Musee Marmottan Monet, Parigi

Nel quadro in copertina avvertiamo, senza rendercene immediatamente conto, la verità sensoriale della scena. Sentiamo il freddo umido della neve e il calore odoroso di carbone della macchina, rabbrividiamo per la galaverna sugli alberi, ci consoliamo a fronte dei fari gialli del treno, che forano un paesaggio greve di foschia. Fari e fumo che entrano in contrasto, nel nostro orizzonte sensoriale, con l’acciaio freddo, incrostato di ghiaccio, disumano, della locomotiva e del convoglio.

Monet dipinse diverse volte i treni sia nell’atmosfera vagamente turneriana della stazione di Saint Lazare che all’aperto, cogliendo soprattutto vapori e fumi e introducendo il movimento nei paesaggi immoti, alla ricerca di completamento di ogni piano sensoriale. Sempre per Monet, il treno fu oggetto di uno studio dei toni del nero. Il suo non è mai un nero assoluto, come avviene, generalmente, in Manet. Egli era attratto dal tono e pertanto dal nero come colore. Un colore in grado di assorbire buona parte della luce, ma di non restare totalmente estraneo all’atmosfera, incamerando i toni del blu del cielo. Qui sotto potrete guardare un breve filmato su Monet e i treni, mentre in fondo alla pagina troverete un nostro interessante articolo esplicativo su “Monet, la gazza e la neve. Il silenzio. Le luce, le ombre colorate. Svelati i segreti tecnici del maestro impressionista”. Un apporto per comprendere, a fondo, i meccanismi concettuali dell’Impressionismo.

Monet, la gazza e la neve. Il silenzio. Le luce, le ombre colorate. Svelati i segreti tecnici del maestro impressionista

 

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Maurizio Bernardelli Curuz
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