Ogni legione romana aveva una propria “impronta digitale” metallica. Identificato il luogo della Disfatta di Varo

Sulla base di indicatori diversi, gli studiosi tedeschi sono riusciti a dimostrare, nei giorni scorsi, la presenza della XIX Legione di Varo a Kalkriese, nella Bassa Sassonia e a confermare che la battaglia della foresta di Teutoburgo - 9 d.C. -, chiamata clades Variana ("la disfatta di Varo") dagli storici romani si svolse proprio in quell'area. Nel 9 il capo dei Cherusci, nonché alleato romano, Arminio, organizzò una trappola contro i Romani: informò Varo di un'inesistente rivolta delle tribù occidentali, e gli consigliò di portare l'esercito sul Reno. Varo - che, in seguito alla disfatta, si sarebbe suicidato - si mosse con tre legioni, la XVII, la XVIII e la XIX, ma il tradimento di Arminio fece scattare la trappola: le legioni, bloccate vicino Osnabrück, vennero sconfitte e distrutte, appunto, nella battaglia della foresta di Teutoburgo, avvenuta a Kalkriese

La presenza di impronte metallurgiche diverse, da legione a legione, consentirebbe, attraverso l’indagine sui materiali non ferrosi trovati nell’aree di scontri armati o di permanenza dei soldati romani, di distinguere ogni unità tattica e organica dell’esercito romano stesso. E pertanto di risalire alla sicura presenza di una legione in una data area. Fondamentale per capire soprattutto, alla luce di consistenti resti archeologici, chi fu impegnato negli scontri armati e in quale località le battaglie avvennero.

Reperti da un’imbracatura per cavalli romani | Foto: Christian Grovermann

Sulla base di indicatori diversi, gli studiosi tedeschi sono riusciti a dimostrare, nei giorni scorsi, la presenza della XIX Legione di Varo a Kalkriese, nella Bassa Sassonia e a confermare che la battaglia della foresta di Teutoburgo – 9 d.C. -, chiamata clades Variana (“la disfatta di Varo”) dagli storici romani si svolse proprio in quell’area. Nel 9 il capo dei Cherusci, nonché alleato romano, Arminio, organizzò una trappola contro i Romani: informò Varo di un’inesistente rivolta delle tribù occidentali, e gli consigliò di portare l’esercito sul Reno. Varo – che, in seguito alla disfatta, si sarebbe suicidato – si mosse con tre legioni, la XVII, la XVIII e la XIX, ma il tradimento di Arminio fece scattare la trappola: le legioni, bloccate vicino Osnabrück, vennero sconfitte e distrutte, appunto, nella battaglia della foresta di Teutoburgo, avvenuta a Kalkriese.

Annika Diekmann prende il campione | Foto: Axel Thiele

La scoperta è avvenuta grazie a un progetto di ricerca congiunto, che ha visto la convergenza degli scienziati del Museo minerario tedesco di Bochum, del Museo di ricerca Leibniz per le georisorse e del Museo della battaglia di Varo che, come dicevamo, hanno utilizzato un nuovo metodo per indagare sulla questione se sia possibile fornire alle legioni romane una cosiddetta impronta del cercatore metallurgico.

Annika Diekmann, ricercatrice associata a Bochum, ha utilizzato metodi di analisi chimica per rintracciare le legioni cancellate durante lo scontro ed è stata in grado di identificare la presenza della 19a legione a Kalkriese. “Prove tecnico scientifiche hanno fornito un’altra forte indicazione di Kalkriese come luogo della battaglia di Varus. Con un metodo nuovo e innovativo, abbiamo raggiunto un ottimo risultato”, afferma l’amministratore delegato del museo e del parco Kalkriesedott, Stefano Burmeister. “Questo progetto sottolinea l’importanza del centro di ricerca di Kalkriese per l’archeologia”, afferma l’amministratore distrettuale e presidente del consiglio di sorveglianza Anna Kebschull. “Ma qui non si fa solo ricerca, qui i risultati della scienza sono resi accessibili ai cittadini della regione di Osnabrück e ben oltre in vari modi”, continua Kebschull. Il progetto “ Kalkriese come luogo della battaglia di Varus? – una controversia in corso” è stato finanziato dalla Fondazione Volkswagen.

Il progetto e la domanda

Fibula romana | Foto: Dave Ziegenhagen

L’impronta metallurgica descrive una composizione caratteristica di oligoelementi chimici in metalli non ferrosi romani come bronzo e ottone. I reperti romani possono essere analizzati con lo spettrometro di massa e possono essere rilevate le più piccole tracce in essi contenute.

Si scopre così che i metalli non ferrosi delle legioni romane possono essere distinti nella loro composizione. Pablo Fernàndez Reyes (Università di Liverpool) ha potuto trovarne le prime indicazioni in un precedente lavoro sui siti legionari in Gran Bretagna dal I al III secolo. Motivo sufficiente per sviluppare ulteriormente il metodo e applicarlo a Kalkriese in quanto permangono argomentazioni nei circoli scientifici che non riconoscono il fatto che la battaglia di Varo sia avvenuta in questa località. “Ci consideriamo un museo basato sulla ricerca e abbiamo interesse ad affrontare le critiche scientifiche”, afferma il dott. Stefano Burmeister. È indiscusso che un esercito romano sia sceso a Kalkriese. Non era però chiaro se si trattasse della 17a, 18a e 19a legione della battaglia di Varus. Sulla base della tradizione storica e dei reperti qualcuno sostiene che a Kalkriese ci sia stata, sì, una battaglia, ma che essa sia avvenuta sei anni dopo la disfatta di Varo, nell’ambito della campagna romana di vendetta sotto il Germanico”.

Le indagini tradizionali non sono in grado di rilevare una datazione certa nell’ambito della differenza di soli sei anni. Il nuovo metodo legato all’impronta metallurgica consente invece di capire a quale legione appartenessero i resti di utensili o elementi decorativi non ferrosi, presenti sul campo di battaglia. E poichè nell’area di Kalkriese sono stati trovati materiali di uno scontro possente e questi materiali appartenevano – come dimostrano le indagini metallurgiche – alla XIX legione, annientata nel 9 d.C., questo sarebbe il luogo in cui avvenne la cosiddetta Battaglia della Foresta di Teotoburgo.

L’analisi in pratica

Fibbia della cintura | Foto: Dave Ziegenhagen

I ricercatori hanno inizialmente raccolto ed esaminato i materiali non ferrosi presenti in sette sedi certe della XIX legione, lavorati dai fabbri della legione stessa in loco, durante la riparazione di parti di armi e attrezzature come fibule, fibbie per cinture o supporti per cinture. “In un periodo di due anni, abbiamo prelevato circa 550 campioni e li abbiamo analizzati sotto il profilo chimico”, afferma Annika Diekmann del laboratorio di ricerca di Bochum. I metalli usati per le riparazioni nelle fucine del campo contengono oligoelementi in quantità così piccole che passarono inosservati alle fucine romane, né furono manipolati intenzionalmente. Questi elementi sono entrati nei metalli attraverso i minerali originali, i vari additivi durante la lavorazione o anche attraverso adesioni degli utensili. Nel tempo, l’elaborazione in loco ha portato le legioni a sviluppare uno schema caratteristico nella composizione degli oligoelementi. “In questo modo, possiamo assegnare un’impronta metallurgica specifica alle legioni delle quali conosciamo i luoghi in cui erano di stanza”, continua Diekmann. Sulla base di ciò, tutti i metalli non ferrosi romani di Kalkriese sono stati campionati e confrontati con metalli non ferrosi provenienti da numerose località romane dove è noto, da documenti scritti, erano di stanza le legioni. L’attenzione qui è stata posta principalmente sulla 19a legione, quella della battaglia di Varo e sulle legioni delle campagne successive campagne militari di Germanico”. Identificare la differenza tra l’impronta metallurgica della XIX legione di Varo e quella delle legioni di Germanico era fondamentale per capire a quale legione appartenessero i resti trovati a Kalkriese.

Il risultato: la 19a legione a Kalkriese identificabile

Dopo aver completato l’analisi risulterebbe ora chiaro che la 19a Legione in particolare, che cadde con Varo e che anni prima era di stanza a Dangstetten nella Germania meridionale, si distingue dalle altre legioni sotto il profilo dell’impronta metallurgica. “Quando si confrontano i reperti di Kalkriese con i ritrovamenti di altri siti, scopriamo che i reperti di Dangstetten e Kalkriese mostrano significative somiglianze tra loro, mentre quelli di altre legioni – anche successive – sono diversi”. spiegano i ricercatori Diekmann, Prange e Burmeister. “È chiaro a tutti i soggetti coinvolti nello studio – aggiungono – che c’è ancora bisogno di ulteriori ricerche e che i dati ottenuti devono essere ulteriormente valutati”. “Per l’archeologia, l’analisi tramite impronte metallurgiche specifiche della legione è un’enorme opportunità e apre possibilità completamente nuove”, afferma il dott. Stefano Burmeister. “Come museo di ricerca dell’Associazione Leibniz, è un vantaggio per il nostro lavoro poter dimostrare che le analisi scientifiche dei materiali possono offrire un prezioso contributo alla ricerca storica”, aggiunge il Prof. Dr. Michael Prange, responsabile della ricerca presso il Museo minerario tedesco di Bochum.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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