[T]om Antongini, segretario di D’Annunzio, sostiene che la Gioconda passò fra le mani del poeta il 14 settembre 1911, quando il Peruggia – autore del celebre furto della Monna Lisa il 21 agosto 1911 – andò ad Arcachon per affidargli il quadro, e che Lafitte, proprietario del quotidiano “L’Excelsior”, voleva accaparrarsi il nuovo romanzo intitolato “L’uomo che rubò la Gioconda”. D’Annunzio poi contribuì alla confusione scrivendo nel “Libro ascetico” una frase sibillina: “…la Gioconda fu da me restituita per sazietà e per fastidio, come tutti sanno e come tanti temono di approfondire”.
Piero Chiara nel libro “Vita di D’Annunzio” non escluderebbe un contatto, nel 1913 a Parigi. Scrive: “Parrebbe che D’Annunzio avesse consigliato il Peruggia a illustrarsi con un gesto sensazionale: la restituzione dell’opera all’Italia”. E più avanti: “Avuto un indirizzo, scrisse a Firenze e combinò il noto appuntamento in seguito al quale venne intrappolato”. E ancora: “Il Peruggia non poteva conoscere dell’esistenza del Geri, il quale invece era un vecchio amico di D’Annunzio che aveva comperato da lui buon numero dei mobili andati all’asta della Capponcina…”. Impietosamente, Piero Chiara conclude: “La ragione della trappola tesa al Peruggia poteva nascondersi nel disegno dannunziano di conseguire attraverso il Geri ed eventualmente spartendola con lui, l’ingente taglia stabilita dal governo francese per il recupero del capolavoro. Taglia che non risulta sia stata mai pagata, o perché del recupero non si poteva far merito che alla dabbenaggine del Peruggia, o per altre ragioni che è arduo indagare a distanza di tanto tempo”.
Passò tra le mani di D’Annunzio la Gioconda?
A cent'anni dalla restituzione del capolavoro leonardesco ecco un' ipotesi suggestiva: D'Annunzio ricevette da Peruggia il dipinto con l'intento di ottenere l’ingente taglia stabilita dal governo francese per il recupero del capolavoro