Una scoperta sensazionale, l’ennesima, a Pompei. Un luogo carico di fascino e di storia, che non smette di regalare suggestioni. Stavolta gli studi sugli affreschi e sui dipinti murari ha permesso di portare alla luce una novità assoluta nell’ambito della tavolozza pompeiana e romana. Un team di ricercatori italiani ha identificato un nuovo colore, mai documentato prima, che amplia la già ricca tavolozza degli artisti romani. Il “Grigio Pompeiano“, così battezzato dagli studiosi, rappresenta la prima evidenza dell’utilizzo del solfato di bario nel Mediterraneo antico.

La scoperta rivoluzionaria
La ricerca, pubblicata sul prestigioso Journal of Archaeological Science, è frutto della collaborazione tra il Parco Archeologico di Pompei e le Università del Sannio e Federico II di Napoli. Gli studiosi hanno individuato nelle pitture murali pompeiane una particolare tonalità di grigio ottenuta attraverso una sofisticata miscela di barite e alunite, rivelando una tecnica finora sconosciuta nel mondo antico.
La palette dei maestri antichi
Il professor Celestino Grifa dell’Università del Sannio spiega come gli artisti pompeiani fossero veri maestri nel miscelare i pigmenti. La loro tavolozza includeva colori sia naturali che sintetici, sapientemente combinati per creare un’infinita gamma di sfumature. Particolarmente importante era l’uso del blu egizio, del bianco e del rosso piombo, miscelati in proporzioni precise per ottenere le tonalità desiderate.

Tecnologia al servizio dell’arte antica
Lo studio si è avvalso di tecniche analitiche all’avanguardia e non invasive, combinando microscopia e spettroscopia. Questo approccio innovativo ha permesso di studiare i pigmenti preservando l’integrità delle opere, un aspetto fondamentale considerando la fragilità degli affreschi pompeiani.
Il futuro della ricerca
Il Direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel sottolinea l’importanza di queste scoperte per il restauro e la conservazione del patrimonio artistico pompeiano. “Le analisi proseguono sulla recente megalografia dionisiaca,” afferma, “dimostrando l’eccellenza italiana nel campo della ricerca archeologica e del restauro.”
L’importanza storica
La scoperta del Grigio Pompeiano non è solo un’aggiunta alla tavolozza antica, ma rappresenta una testimonianza tecnologica fondamentale che dimostra come i romani avessero sviluppato tecniche pittoriche molto più sofisticate di quanto si pensasse. La ricerca, che ha analizzato reperti dal III secolo a.C. fino all’eruzione del 79 d.C., offre uno sguardo senza precedenti sulle capacità artistiche e tecniche dell’antica Roma.
La ricerca continua presso la “Casa del Tiaso“, dove nuovi ritrovamenti potrebbero rivelare ulteriori segreti sulla straordinaria arte pittorica degli antichi romani, confermando Pompei come inesauribile fonte di scoperte archeologiche di rilevanza mondiale.
Perché è così unica questa scoperta
Il Grigio Pompeiano rappresenta una straordinaria scoperta nel campo dei pigmenti dell’antichità romana. Questo particolare colore, identificato negli affreschi di Pompei, si distingue per la sua composizione unica che combina barite e alunite, costituendo la prima evidenza documentata dell’utilizzo del solfato di bario nel Mediterraneo antico. La sua presenza, attestata in contesti databili dal III secolo a.C. fino all’eruzione del 79 d.C., rivela una sofisticata conoscenza tecnica dei pittori romani, che lo ottenevano attraverso una sapiente miscelazione di materiali. Il grigio pompeiano si inserisce in una palette che includeva sia pigmenti naturali che sintetici, e veniva spesso utilizzato in combinazione con altri colori fondamentali come il blu egizio, il bianco e il rosso piombo per creare diverse tonalità. La sua scoperta, resa possibile grazie a innovative tecniche di analisi non invasive che combinano microscopia e spettroscopia, ha un’importanza fondamentale non solo per la comprensione delle tecniche pittoriche antiche, ma anche per il restauro e la conservazione degli affreschi pompeiani, come quelli rinvenuti nella “Casa del Tiaso“. Questa tonalità di grigio rappresenta quindi un tassello fondamentale nella comprensione dell’evoluzione tecnologica e artistica del mondo romano.